A Bormio la Coppa del Mondo di sci, tra requiem e farsa.
Manca totalmente la neve naturale e per giorni le temperature sono state ampiamente sopra lo zero, rendendo impossibile produrre neve artificiale. Siamo all’accanimento terapeutico senza ritegno. L’arrivo di una pista da sci trasfigurato in un cantiere edile con ruspe, camion e cemento che sovrastano di gran lunga quel poco di bianco (artificiale) di un paesaggio desolante.
A Bormio, il 28 e 29 dicembre, sono previste le gare di discesa e super g di Coppa del Mondo. Non essendoci neve naturale e non essendoci nemmeno le temperature per produrre quella artificiale, si è pensato bene di sparare la neve in Valfurva, dove le temperature lo permettono, e trasportarla con i camion a Bormio. La zona di arrivo delle gare, lo ski stadium di Bormio, totalmente privo di neve a metà dicembre, è il luogo dove i camion scaricano la neve nelle foto di seguito pubblicate.
La produzione di neve artificiale richiede grandi quantità di acqua ed energia ed è già di per sé una pratica insostenibile. Il successivo trasporto della neve aggrava ulteriormente l’impatto ambientale, con l’uso di mezzi pesanti che emettono gas serra contribuendo all’inquinamento atmosferico.
Questo modello operativo non solo è insostenibile, ma è anche emblematico di un’industria che si rifiuta di trovare una via di uscita di fronte ai cambiamenti climatici. Le stazioni sciistiche di tutto il mondo stanno già affrontando stagioni più brevi e innevamenti sempre più scarsi, ma invece di adattarsi, si cerca di mantenere artificialmente uno status quo ormai insostenibile.
Siamo all’accanimento terapeutico senza ritegno. L’arrivo di una pista da sci trasfigurato in un cantiere edile con ruspe, camion e cemento che sovrastano di gran lunga quel poco di bianco (artificiale) di un paesaggio desolante.
La realtà è che la pratica dello sci, così come è concepita oggi, non è più compatibile con la tutela dell’ambiente. Il turismo invernale basato esclusivamente sullo sci rischia di danneggiare irrimediabilmente ecosistemi già fragili, compromettendo risorse vitali come acqua e suolo.
Il danno al paesaggio diventa ogni anno che passa più irrimediabile.
Nicola Pech