Alberi di natale: perché non rinunciarvi?

Da alcuni giorni anche la nostra associazione è sollecitata dai media a esprimere un parere riguardo gli alberi di Natale. Naturali o in plastica: cosa è più ecologico? E gli alberi nelle piazze delle grandi città?
Di seguito una riflessione di Luigi Casanova.

Gli alberi nelle città.

Partiamo dall’ultima domanda. L’enfasi posta da alcune decine di migliaia di firme raccolte contro gli abeti nelle città andrebbe portata su temi ben più urgenti: uno su tutti, bloccare il consumo di suoli liberi, in montagna come nelle pianure. Più che l’albero in Vaticano o a Milano scandalizzano i costi dei trasporti, lo sperpero di risorse pubbliche, oltre 50.000 euro è pesato sul bilancio pubblico l’albero della valle di Ledro in Vaticano, un viaggio lungo 600 chilometri. Poco meno è costato quello di piazza Duomo a Milano e un viaggio lungo oltre 200 chilometri. Quello di Milano si è  trasformato in un messaggio di marketing e commerciale a sostegno delle Olimpiadi, quindi, grazie alle prossime olimpiadi invernali e loro strumentalizzazione mercantile ha perso ogni valore religioso

Gli alberi nelle abitazioni

Torniamo all’albero nelle abitazioni. Si tratta di una lunga tradizione, ma non propriamente cristiana. Fortemente pagana. Gli egizi dedicavano l’abete al dio Biblo, i greci alla dea Artemide, protettrice della caccia, delle foreste, della fertilità nella procreazione. Per arrivare alle culture pagane del centro e nord Europa, l’abete era l’albero sacro a Odino, re, personificazione del “totalmente alto”, il dio su tutto. Accanto vi era un paganesimo che dedicava gli alberi a situazioni cosmiche: il sole, la luna, i pianeti e le stelle. E infine durante il Medioevo si impone la cultura cristiana attenta a cancellare ogni traccia di paganesimo, quindi anche deforestando. O privandoci di alberi secolari. Piano piano l’albero entra nelle abitazioni fino a esplodere come fenomeno a fine XIX secolo. Ora è diventato uno dei simboli della cristianità e della nascita di Gesù, accanto al presepio.
Per rimanere leggeri solo da queste poche righe si coglie come si sia in presenza di una “tradizione forzata” e massificata.
Nel concreto rispondo a alcune sollecitazioni dei giornalisti. Una famiglia ricca di coscienza ecologica non porta certo in casa un albero di plastica: siamo invasi da questo prodotto, dobbiamo liberarcene. Nel produrre l’alberello si produce e si diffonde CO2 in atmosfera. Poca o tanta? Comunque si contribuisce a aggravare la presenza di elementi climalteranti.


Albero naturale? Un tempo buona parte degli alberelli provenivano o da pascoli in quota o da linee di elettrodotti, da sfollamenti. Danni minimi quindi. Ma oggi è troppo costoso un simile lavoro: meglio abbandonare i pascoli al loro destino si pensa erroneamente. E poi gli alberelli raccolti in bosco sarebbero alquanto “sfigati” nella forma. Quindi si sono diffuse le monoculture: grandi spazi destinati alla produzione annuale di alberi di 10 – 12 anni, quasi perfetti, cresciuti anche su terreni dove non si fa parsimonia dell’uso di pesticidi e fertilizzanti. Arrivata l’Epifania si gettano, anche quelli cresciuti in vaso in quanto deperiti.

Valutate queste minimali osservazioni non si ritiene che la “tradizione” dell’albero possa venire abbandonata, nelle piazze cittadine come nelle abitazioni?

Luigi Casanova