La spedizione femminile del CAI al K2, più ombre che luci.

Carlo Alberto Pinelli, (co)fondatore di Mountain Wilderness, nel 1990 guidò con Fausto De Stefani la spedizione Free k2 con lo scopo di restituire alla seconda più alta vetta del pianeta la sua originaria integrità e il suo significato alpinistico. L’impresa riscosse uno straordinario successo: con un mese di lavoro vennero rimossi più di 2500 kg di rifiuti solidi e oltre dieci km di vecchie corde fisse abbandonati dai precedenti visitatori, salendo oltre il camino Bill fino a 7000 metri di quota.
Dopo oltre trenta anni le corde fisse, messe dagli sherpa a inizio stagione e mai rimosse, continuano a costituire un grande problema etico ed ecologico. In questo contesto si inquadra la critica di Pinelli alla spedizione femminile organizzata dal CAI
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Con gli abituali squilli di tromba, è partita per il Pakistan quella che la presidenza del CAI ha battezzato come “la prima spedizione interamente femminile diretta al K2”. In realtà, come è già stato chiarito in altra sede, si tratta della seconda spedizione di questo genere che tenta la salita della seconda più alta vetta himalayana, raggiunta per la prima volta nel 1954 dalla famosa e discussa spedizione italiana guidata da Ardito Desio. Già molti anni fa una forte squadra di alpiniste polacche, guidate da Wanda Rutkiewicz (allora testimonial e garante di Mountain Wilderness), aveva tentato l’impresa, rinunciando a 7000 metri di quota a causa della morte per embolia di una componente del gruppo. Diciamo subito che questa abusiva primogenitura in fondo non ha molta importanza. Ridimensiona gli squilli di tromba ma non ci vieta di augurare alle amiche italiane e pakistane (alcune formate da Mountain Wilderness) un buon successo.
Le nostre perplessità si collocano su un piano diverso. Molto onestamente, annunciando il progetto, Agostino Da Polenza (ideatore ed organizzatore della spedizione) aveva ammesso che la salita sarebbe stata compiuta utilizzando le corde fisse poste dalla base alla vetta dagli sherpa delle spedizioni commerciali (badate bene: contrattando con costoro il costo dell’affitto), e generalmente mai smantellate a fine stagione. Vale la pena ricordare che tale malcostume era stato messo in discussione già nel 1990 dalla nostra spedizione ecologica FREE K2. Spedizione che riportò a valle, oltre a quasi tre tonnellate di rifiuti solidi, anche dieci chilometri di corde fisse, abbandonate dalle precedenti spedizioni.

Free k2 è la prima vera avventura in difesa delle grandi montagne del mondo, la missione che ha aperto le porte dell’ambientalismo in Himalaya. Una missione di MW!

La speranza era quella che l’esempio venisse compreso, metabolizzato e fatto proprio da chi in seguito avesse programmato quell’ascensione. Così è stato, per qualche anno, grazie alle severe disposizioni del governo pakistano. Poi il cinismo e la potenza di fuoco delle grandi spedizioni commerciali hanno avuto il sopravvento, appannando il messaggio insito nel nostro sforzo. Ormai la salita al K2 rischia di diventare una fotocopia della salita all’Everest, un triste esempio della mistificazione pseudo-alpinistica dilagante.
Ultimamente Da Polenza ha aggiunto che le nuove corde fisse verrebbero sovrapposte a quelle esistenti dalle nostre ragazze e dai portatori pakistani, ingaggiati dal CAI, qualora la squadra riuscisse a “fare tana” al campo base prima degli altri concorrenti. Altrimenti si dovrà ricorrere alla contrattazione.

Free K2, 1990 , bonifica, ancoraggi con più corde rifiuto


Saremmo stati lieti se il Club Alpino Italiano, per festeggiare il settantesimo anniversario della prima ascensione, avesse seguito una strada radicalmente diversa. Invece di inserire le nostre alpiniste in un meccanismo commerciale intriso di aspetti negativi, con ciò implicitamente accettando di esserne complice, avrebbe fatto molto meglio se avesse aderito, con il prestigio della sua storia, alla proposta (già avanzata da Mountain Wilderness) di chiedere al governo del Pakistan una moratoria di cinque anni: un divieto di scalata necessario per poter studiare con calma quali provvedimenti adottare per restituire definitivamente al K2 il suo significato alpinistico e il suo valore simbolico.
Ci permettiamo di diffondere in lingua originale il documento che già più di un anno fa abbiamo inviato alle competenti autorità del paese, su esplicito suggerimento dell’ambasciatore del Pakistan in Italia.

Carlo Alberto Pinelli

k2 protection strategies

In 1990, with the support and applause of the government of the Islamic Republic of Pakistan, the Mountain Wilderness Association – mountaineers of the world united in defence of the mountain – designed and completed what was called the “Free K2” project. Its goal was to clean up K2, the mighty symbol of Pakistan itself as well as the second highest summit on the planet. Thanks to more than one month of hard work, two and a half tons of solid waste and ten kilometres of fixed ropes abandoned by earlier expeditions were collected and carried away, thereby restoring the original significance and challenge of summit of K2.

For several years after that operation, which had major international reverberations, the Pakistani government enacted stricter regulations aimed at placing effective controls on foreign expeditions seeking to attempt, the country’s 8,000-metre peaks, as well as to foster the training of military and civilian liaison officers capable of collaborating with and checking the ecological behaviour of foreign mountaineers. It was also coupled with rules for mountaineering as well as trekking in Pakistan. As time passed, however, those wise provisions gradually fell into disuse. Now, due especially to a growing number of commercial expeditions, the situation at the K2 has backslid into more or less what it was thirty years ago.

Free K2, rifiuti – foto Archivio MW Italia

From base camp upwards no one really ever bothers to clear the camps of discarded waste or abandoned tents. Knots of old treacherous and new fixed ropes dangle along the ascent route even as far up as the summit, seriously marring the very significance of the climb itself. Such misbehaviour is owed mainly to the employment of high-altitude porters from Nepal who have no interest in respecting and maintaining the symbolic majesty of the K2.

Once again, the Mountain Wilderness association – which has an active Pakistani chapter – is offering its willingness to collaborate with the Pakistani authorities at both national and regional levels, on the design of new and adequate solutions to this disgraceful situation; careful however not to impact negatively on the financial returns that this inflow of expeditions produces for the local populations.

In our view, such provisions should hinge on the following actions:

  1. The official declaration of the K2 as the symbol of Pakistani pride and identity, thereby protecting it from short-sighted commercial exploitation. The K2 is not for sale!
  2. The establishment of a special guild of professional civilian rangers charged with closely surveying the behaviour of expeditions aiming to summit K2 in addition to the traditional and scarcely effective liaison officers. Specific courses for the selection and adequate professional training of those rangers must be planned. The cost of their salaries would be borne by the foreign expeditions.

c ) Establish severe penalties for the abandonment of all waste at both base camp as well as along the ascent route.

d)     Make a rule against leaving fixed ropes behind at the end of the climbing season. This would mean that, every year, upon its arrival the first expedition would have to fix only those ropes strictly necessary (in any case, not above 8,000 meters) and be duty-bound to leave them in place and transfer upon fair payment to the expeditions that follow throughout the season. The last expedition will then have the responsibility of removing all the fixed ropes and delivering them to Skardu. The Pakistani government would compensate the first and final expeditions in the form of reduced royalty fees.

Corde fisse portate a valle dalla spedizione Free k2 del 1990.
  • Find a legal means for barring the entry into Pakistan of Nepalese Sherpa porters also if disguised as paying members of expeditions.
  • Organise annual training courses for aspiring high-altitude Pakistani porters to be employed in place of illegal Nepalese immigrants.
  • To plan carefully such a complex program most probably a five years of moratorium is needed.

Mountain Wilderness, both internationally and in Pakistan, is willing and available to take part in efforts to implement the above-described program. In particular, Mountain Wilderness offers free of cost the skills of a group of highly experienced mountaineers as instructors for the organisation of the necessary training courses.