Le montagne franano. Nonostante l’evidenza si continua a costruire in aree a elevato rischio idrogeologico, soprattutto per le Olimpiadi Milano-Cortina.

Le montagne sono vive, ma stanno gridando. Negli ultimi mesi, frane e colate di fango si sono abbattute con una violenza crescente sulle Alpi, mettendo a nudo la fragilità di territori troppo spesso dati per scontati. Livigno, Cadore, Valtellina, la Svizzera: non sono più casi isolati, ma segnali di un sistema che vacilla sotto il peso dei cambiamenti climatici e di scelte umane dissennate.

Eppure, proprio mentre il terreno trema, mentre le faglie si spalancano e i ghiacciai si disfano, le istituzioni – invece di fermarsi a riflettere – sembrano premere sull’acceleratore. Con la scusa delle Olimpiadi Invernali 2026, si costruisce e si cementifica in zone ad altissimo rischio idrogeologico, ignorando allarmi e studi scientifici, calpestando la sicurezza delle comunità e l’integrità delle montagne.

In questo quadro drammatico, l’articolo di Luigi Casanova è una denuncia limpida e urgente: montagne che franano, decisioni che ignorano la realtà, un futuro che rischia di essere segnato da disastri annunciati. Per Mountain Wilderness, è il momento di tornare a dare voce a chi si oppone, a chi ama e protegge questi luoghi, a chi vuole fare della montagna un patrimonio da custodire e non da sacrificare.

Livigno, fine settembre 2024. Una colata di fango investe parte dell’abitato. Il sindaco fa evacuare alcune abitazioni. La causa: in quota il permaforst sotterraneo scivola a valle, il fango impone la chiusura dell’acquedotto. La montagna andrà monitorata giornalmente.

Blatten, Svizzera, 28 maggio 2025, crolla una parte del ghiacciaio del Brich. Una frazione intera è travolta dal fango, si forma un lago, danni per centinaia di milioni di euro e zona inabitabile.

Cadore, Cima Marcora, 13 giugno 2025. Un pezzo di montagna crolla a valle, la frana arriva in prossimità della statale 51 fra Cortina d’Ampezzo e San Vito di Cadore.

Cancia, frazione di Borca di Cadore, ore 23.30 del 15 giugno 2025. Un violento temporale provoca un imponente movimento franoso che coinvolge diverse abitazioni e arriva sulla statale 51 dell’Alemagna, verso Cortina d’Ampezzo, località olimpica. Danni per decine di milioni di euro. La zona era monitorata ma non è scattato alcun allarme. Una fortuna non dover piangere vittime.

Pochi esempi dimostrano quanto fragili siano le montagne, e nel caso nostro le Alpi. Ovunque, in Svizzera come in Italia, i geologi hanno documentato queste situazioni di elevato rischio geologico: sono da tempo ben illustrate nella pianificazione, della regione Veneto, a Livigno, in Valtellina, in Trentino e in Alto Adige. Climatologi, glaciologi, geologi ci dicono che causa i cambiamenti le aree di crisi aumenteranno, saranno sempre più diffuse, sempre più frequenti e interesseranno versanti oggi ritenuti relativamente sicuri.

Nonostante l’evidenza Simico, ANAS, Regioni, Province autonome, Ministero dell’ambiente, ritengono di continuare, in vista delle Olimpiadi, a imporre con procedure semplificate e a suon di forzature e di commissariamenti, opere su aree a elevato rischio.

A Livigno il collegamento fra due aree sciabili, Mottolino e Carosello 3000 con relativi parcheggi sorgerà a valle di una frana.

In Lombardia alcune circonvallazioni stradali, Tirano, Vercurago, si impongono ai piedi di documentate frane e in zone ad alto rischio idraulico.

In Cadore la situazione è drammatica. La frana di Borca è documentata da decenni, si sono spesi milioni di euro per parziali opere di sicurezza. Il sistema di allarme non ha funzionato.

A San Vito di Cadore la circonvallazione è realizzata su un’area ad alto rischio idraulico e di frana (vedasi Cima Marcora).

Blatten, CH. Foto: EPA/Jean-Christophe Bott.

A Cortina l’impianto della cabinovia di Socrepes è imposto su una storica e documentata frana in movimento (loc. Mortisa). L’inutile villaggio olimpico a Fiames lo si costruisce ai piedi di un versante ad alto rischio geologico e su una piana alluvionale.

Lo spaccato che illustriamo è molto parziale. Molte altre opere olimpiche le si stanno costruendo in aree a elevato rischio idrogeologico. La documentazione, gli allarmi delle associazioni ambientaliste non sono state nemmeno prese in considerazione. Nel nome di uno sport aggressivo, per come gestito dalla Fondazione Milano Cortina 2026 e Simico l’attività sportiva diventa complice della distruzione dell’ambiente, le opere le si impongono ugualmente. Per volere politico dei governanti delle Regioni e dei ministeri (Ambiente e Infrastrutture), per superficialità e addomesticamento dei dirigenti dei servizi pubblici delle nostre istituzioni. Servizi che hanno come compito prioritario quello di tutelare noi cittadini e le infrastrutture.

A noi cittadini e associazioni è stato tolto perfino il diritto di documentare e ricordare queste diffuse fragilità. Al momento ci rimane solo la possibilità della denuncia. Nel vicino futuro nessuna istituzione potrà sostenere che non sapeva, che il danno, speriamo non si tramuti in disastro, non era previsto. Quanto abbiamo ripetutamente denunciato lo abbiamo scritto riprendendo studi scientifici ovunque ci è stato consentito di farlo. E ancora oggi siamo attivi nella dovuta denuncia civica

Luigi Casanova