Madonna di Campiglio, la montagna svenduta tra ipocrisie e marketing.

Dopo l’estate dei proclami sul sovraffollamento alpino, la misura del numero chiuso a Madonna di Campiglio si rivela solo uno slogan di facciata. Mentre si grida alla sostenibilità, avanzano nuovi locali, discoteche e piste: il paesaggio diventa palcoscenico da consumare, più che da custodire. Nelle foto i cantieri sulle piste per la sostituzione della seggiovia Nube d’Argento e l’ampliamento della Poza Vecia con nuovo impianto di innevamento programmato.

Sui media abbiamo subito un’estate travolgente che denunciava l’eccesso di turismo in montagna. Un confronto che abbiamo da subito definito ipocrita. Quanto si sta realizzando a Madonna di Campiglio conferma la nostra riflessione. La discussione è stata un raggiro di quanti in buona fede sperano ancora in un cambio di rotta dei processi di sviluppo sulle alte quote.
La società di impianti di Campiglio ha deciso di applicare nel periodo natalizio e di carnevale il numero chiuso degli accessi alle piste, 14 mila passaggio (si era arrivati a superare i 23 mila). Una proposta intelligente, ma che viene trasformata un un’ulteriore operazione di marketing; si vende fumo con lo slogan -‘a numero chiuso’-. Con onestà il direttore della società sciistica chiarisce che tale scelta non riguarda la sostenibilità dell’attività, ma è stata decisa per motivi per semplici di si-curezza e di soddisfazione dei clienti. Ancora marketing.

Nonostante i limiti della misura rispondono seccati gli impiantisti di Paganella Ski, di Fassa e il presidente di Anef Luca Guadagnini: – “Non abbiamo bisogno di risolvere un problema, … per evitare disservizi non serve introdurre un limite ….” – e arriva la perla – “Noi riteniamo che ci sia ancora margine di sviluppo del turismo invernale del Trentino realizzando qualche nuovo impianto, costruendo o ampliando qualche pista in più (oggi in Trentino ci sono 495 piste che coprono una lunghezza di 512 chilometri su un’estensione territoriale superiore ai 1600 ettari, escluse le perti-nenze che raddoppiano il dato di consumo di suolo).
Queste sono state le risposte a Campiglio da parte del mondo degli impiantisti, un’industria che dimostra di non essere mai sazia, né di spazi naturali e men che meno di contributi pubblici.
Anche Campiglio risponde con l’incoerenza. Nello scorso inverno sono esplose le polemiche ri-guardo il Super G Après Ski del Gruppo Lunelli in val Nambino (quota 1767). Una discoteca a cie-lo aperto che con musica sparata, capace di far tremare gli alberi, caccia la fauna selvatica nel rag-gio di chilometri, allontana il turista che ricerca serenità e paesaggio.

A questo incubo si sta aggiungendo una nuova mortificazione della montagna. Si interviene nella “Zangola” (quota 1550, una storica malga, 1920, da anni trasformata in ristorante), per crescere il valore dei territori affermano i proponenti. Si tratta di ancora di Andrea Baccuini e Giacomo Son-zini fondatori di “5 Club” (Courmayeur, Cervinia, Campiglio e a seguire Cortina). A loro dire l’impresa aggiunge un volano economico portato su luoghi definiti di eccellenza, come Campiglio. Aprirà il ristorante “Meraviglioso” sempre nell’Arena di Campiglio. Pienamente convinto della bontà dell’iniziativa è il presidente dell’Azienda di soggiorno che in modo a dire poco stupefacen-te arriva a definire l’iniziativa capace di – “rimanere coerente con la storia, le tradizioni e l’identità del territorio” -.
Il presidente dell’Asuc Fisto, Massimo Ferrazza, in acrobazia, si lancia perfino nel percorso storico della comunità partendo dal 1228. Un’ASUC che a suo dire si è sempre distinta nella capacità di conciliare la vita rurale della gente di montagna con l’ospitalità e l’innovazione ricordando la sto-ria della malga Zangola: si rispetta il passato adattandolo a un pubblico contemporaneo, viene af-fermato. Come sarà la nuova Zangola? Uno spazio serale polivalente dedicato all’after dinnner, un dj set con performance anche dal vivo, bar con spiaggia. Quindi un’area riservata alla solita inva-dente, assordate musica sparata, assieme a un’invadente illuminazione, fino nel cuore dei boschi.
Così si affronta con fiducia la sfida della montagna sostiene il direttore delle Funivie Madonna di Campiglio. Non poteva mancare il sostegno dell’amministrazione locale che provoca nel dire che così operando si riporta la Zangola alle sue origini, ristorante e piano bar. L’ipocrisia trasformata in inganno, in mistificazione quando si sostiene che – “oggi è un grande valore fermarsi, recuperare quella ‘Montanità’ e quello spirito autentico che il ritmo frenetico del nostro tempo rischia di can-cellare… si tratta di una reinterpretazione di quanto ha reso grande Campiglio, riscoprire in chia-ve contemporanea la nostra personale “dolce vita”-.

Questa sarà la Campiglio del futuro. Una reinterpretazione degli antichi valo-ri dicono i sostenitori di questi processi. Si usa in modo propagandistico e spregiudicato il progetto di limitazione degli accessi alle piste mentre si pro-pongono nuove strutture, è il caso di dirlo, assordanti strutture. Capaci di accogliere nuove presenze, capaci di cancellare ogni traccia di una monta-gna gestita a sostegno della naturalità e del dovere della conservazione dei beni pubblici. Ci troviamo banalmente all’interno di un territorio che, ancora con ipocrisia, senza vergogna, viene definito parco naturale.
Si rimane sbigottiti dalla incredibile capacità di questi soggetti nel contraddirsi. Per un verso si ammette che i limiti del territorio sono stati superati (la limitazione degli accessi alle piste), dall’altra si investe in imprese che riusciranno ad attirare ulteriori presenze, sicuramente una pla-tea più giovane. E consolidando il distacco sempre più marcato della cultura storica della monta-gna (interpretato un tempo dalle ASUC e dalle comunità collettive) dalla visione di un turismo sempre più aggressivo. Capace di cancellare da un territorio ogni valore: la foresta, la gestione del-le acque, i diritti della fauna selvatica e i diritti di quanti ancora vengono in montagna per fuggire dalla banalità delle aree urbane per trovare tracce di delicatezza, di riflessione, di immersione in silenzi.

Luigi Casanova