Guasti sulle funivie. Da subito una moratoria nazionale al potenziamento delle aree sciabili.
Luigi Casanova interviene sull’incidente che ha scatenato il panico sulla funivia delle Tofane. La Freccia nel Cielo delle Tofane si è bloccata nel vuoto per un guasto, a bordo trenta passeggeri.

Non è il caso di speculare sul ripetersi di incidenti che coinvolgono impianti di risalita. Fortunatamente il più delle volte non contiamo vittime: certo, provocano disagi non banali. Mountain Wilderness non si presta a simili operazioni.
Ma rimanendo in quel di Cortina, prendendo spunto dalle mancate revisioni dell’impianto di risalita di Faloria (inizio stagione) e sommando quanto accaduto domenica, un certo allarme lo si deve pur evidenziare. Siamo proprio sicuri che imprenditori e specialmente gli organi di controllo della Regione siano interessati alla piena efficienza e sicurezza di tali impianti di trasporto pubblico? E’ molto probabile che la Regione Veneto debba rivedere a fondo la qualità degli interventi ispettivi: per garantire sicurezza, evitare danni alle persone e negative ricadute di immagine, come sta avvenendo.
Detto questo va affrontato un altro tema. Da tempo l’associazione nazionale degli imprenditori degli impianti a fune cerca di sminuire gli effetti negativi che tale attività diffonde sulle alte quote: effetti sociali, effetti ambientali, costi di gestione. E’ necessario che gli enti pubblici, tutti, locali e nazionali, affrontino questi temi: in modo scientifico, non con brand e messaggi di marketing per lo più superficiali come fa ANEF.

Stiamo assistendo non solo a un proliferare di nuovi collegamenti sciistici, specie nelle Dolomiti. Collegamenti che frammentano territori, ambiti naturali di alto pregio, paesaggi. Si assiste, ovunque, al potenziamento degli impianti, siano questi seggiovie o cabinovie. E’ ormai prassi aumentare i passaggi/ora: da 1800 passaggi l’obiettivo supera i 3000.
Tali potenziamenti non sono indolori per l’ambiente, non si tratta di riqualificazioni. Si tratta di nuove strutture, veloci e capaci di incrementare gli accessi. Quando gli enti pubblici offrono queste possibilità, sempre, non ci si sofferma sulle conseguenze a breve termine:
-sarà necessario potenziare l’accoglienza delle piste di sci;
-sarà necessario potenziare le strutture ricettive, a valle come a monte;
-sarà necessario potenziare la rete idrica, non solo per l’innevamento con nuovi bacini, ma anche per i servizi;
– sarà necessario potenziare la viabilità d’accesso, i parcheggi, la rete degli scarichi di reflui, completare le aree sciabili con nuovi parchi tematici e nuove offerte.
Tutto questo avverrà senza più affrontare alcuna valutazione di impatto ambientale e sociale che i nuovi manufatti impongono alle alte quote.
Nel concreto, la mercificazione delle montagne in quota porta a un’urbanizzazione diffusa, a inquinamento luminoso e rumore, a un disturbo della fauna selvatica, a interrompere paesaggi e meditazioni.
In conclusione viene da chiedersi se debba proprio essere questo il deleterio destino delle nostre montagne: venire trasformate in protesi delle città? O invece, questa ormai lunga sequenza di incidenti, non dovrebbe portare gli enti pubblici a una lunga moratoria di autorizzazioni che permetta riflessione, approfondimento sulla qualità del turismo montano e nel contempo permettere agli operatori funiviari di riqualificare, senza potenziare, la rete impiantistica esiste?
Luigi Casanova