Il Parco degli orrori
Ovvero: come ti distruggo una montagna in nome dei soldi del PNRR
Nel cuore dei Sibillini, tra ferite antiche e nuove devastazioni, una voce si leva contro lo scempio autorizzato in nome dello “sviluppo”. Maria Cristina Garofalo racconta l’orrore di un cantiere che trasforma sentieri e silenzi in strade e cemento, e l’amarezza di chi ha dedicato la vita a difendere la montagna.

Un bel sabato d’ottobre dalla luce forte. Ancor più forte e chiara per l’immensa prova di solidarietà delle manifestazioni di ieri per Gaza; ancor più intensa per l’umanità riscattata dal coraggio, determinazione, compassione della Flotilla.
Bisogno di espandere la mente e la coscienza nella natura incontaminata dei Sibillini, a Roma ci sono con il cuore, i posti in pullman sold out!
Scelgo un percorso abituale, se così si può dire in quel mare di bellezza che cambia ad ogni stagione, ad ogni incontro: Frontignano – Monte Bove Sud, poi a scendere o creste del Bicco o Passo Cattivo e il panoramico sentiero che perde quota gradualmente. Spero di incontrare i camosci che tanto orgogliosamente ho difeso pure dai climber come me quando reintrodussero le prime due coppie. Litigai con mezzo mondo alpinistico perché nessuno voleva credere che fossero così fragili da dover essere protetti anche dai camminatori delle creste. Alla luce dei fatti odierni dovrei chiedere scusa a molti!
Avessi saputo quello che il Parco, il Comune di Ussita e la Regione Marche hanno permesso adesso, mi sarei risparmiata tante inimicizie!

Mentre mi avvio a testa bassa (senza quindi vedere il cartello del cantiere), rispettando il divieto di accesso alla strada bianca perché dichiarata “strada dissestata e possibile incontro con biker” (più o meno il cartello stradale sotto il divieto d’accesso recitava così). Noto che lo stradone dopo la sbarra aperta è stranamente liscio e compatto, e un’auto dei carabinieri la imbocca tranquillamente. Penso al solito controllo stradale e tiro dritto seguendo i piloni della funivia per andar su “dritto per dritto”. È a questo punto che mi assalgono i primi dubbi, lo scenario si fa sempre più inquietante stazione dopo stazione. SUV, monconi di piloni e strutture di sostegno sparpagliate sui prati, rumore di ruspe. Non alzo gli occhi verso le cime per non scoraggiarmi ché manca ancora un bel pezzo, e cerco di convincermi e tranquillizzarmi che siano solo lavori di “ordinaria manutenzione”.
All’arrivo alle Saliere e poi all’imbocco del (ex) sentiero per Passo Cattivo, si svela tutto. Crollo a sedere sulla soglia della casetta d’arrivo della funivia: sbancamenti ovunque e di dimensioni enormi considerando che li vedo benissimo anche da lontano. Incrocio un camion rosso con un tizio e molto ferrame nel cassone dietro, poco prima della deviazione per Monte Bove Sud che arriva chissà perché dalla parte di Passo Cattivo. Nessuno lo può negare perché le tracce di svolta a sx e poi lungo il percorso sono visibilissime (e opportunamente fotografate) causa neve e fango.

Scomparso totalmente il bordo dove si camminava per lasciar posto ai biker, in suo luogo ammassi di pietrame dello sbancamento effettuato senza alcun garbo. Salendo, l’orrore della devastazione prende alla gola. Non esiste più il sentiero CAI, ora c’è una super strada che ha mangiato terra, erba, piante lasciando solo roccia viva. Enormi plinti di cemento costellano qua e là le pendici fin sotto Monte Bicco e la cima sud del Bove. Meno di 100 metri dalla vetta di quest’ultimo. Uno stradone taglia il bosco dal Felicita a venir su (e vi assicuro che prima non era così; l’ho percorso mille volte in ogni stagione e con ogni tempo), un altro si lancia nel bosco e proprio in quel momento pure se è sabato le ruspe sono in azione fra gli alberi, per farsi e fare strada.
Se questo è il PNRR tenetevelo! Se pensate che così favorirete la ripresa dell’economia locale, siete scemi perché non nevica più!
Se siete speculatori o loro complici, allora si spiega tutto! Voglio vedere quando ci sarà il ripristino ambientale del luogo a fine lavori! Qualcuno poi dovrebbe spiegarmi perché per togliere le vecchie funivie e farne una sola nuova, si debba ampliare la corsa fin quasi in cima ad uno dei più suggestivi e unici panorami dei Sibillini.
Siccome sono ormai pensionata, farò quello che fanno tutti i pensionati e passerò le mie giornate a
osservare il cantiere, lo terrò d’occhio.

Qualcuno dovrebbe anche spiegarmi dove stavano tutti i “grandi” ambientalisti da tastiera che si fregiano di “difendere i Sibillini” quando il progetto è stato presentato, durante le fasi di concertazione e partecipazione nel momento in cui dovevano e potevano esser fatte osservazioni.
Non avevamo nominato anche una rappresentante delle Associazioni Ambientaliste all’interno del Parco? Che fine ha fatto? Perché non ha dato l’allarme? Non era difficile farlo, non c’era bisogno di essere avvocati…
Possibile che sono dovuta arrivare io da Terni (1h 30’ circa dal luogo del misfatto), per puro caso, la solita rompiballe integralista, per accorgersi di questo ulteriore attacco alla montagna?
E il Parco? Se si può ancora definire tale…
Quello che non ha osato neppure il terremoto lo hanno autorizzato i faccendieri dello “sviluppo” e della speculazione a qualsiasi costo.
Maria Cristina Garofalo