Le tesi di Biella

Manifesto Programmatico

Le Tesi di Biella sono il Manifesto programmatico di Mountain Wilderness, elaborato nel 1987 durante il convegno internazionale da cui nacque l’Associazione.
Le Tesi fanno parte integrante degli statuti di tutte le diramazioni nazionali di Mountain Wilderness: Francia, Catalogna, Castiglia, Svizzera, Belgio, Olanda, Germania, Austria,Pakistan.
Sono un documento di straordinaria profondità, anche profetica, ancora attualissimo.

Interno teatro di Biella – foto A. Gogna/K3

Le Tesi di Biella

1. Il concetto di Wilderness

1.1 – Il concetto di Wilderness, traducibile come natura selvaggia, non trasformata da attività antropiche, include necessariamente valutazioni psicologiche ed etiche. Ciò è particolarmente vero per l’alpinismo.

1.2 – Per wilderness montana intendiamo quegli ambienti incontaminati di quota dove chiunque ne senta veramente il bisogno interiore può ancora sperimentare un incontro diretto con i grandi spazi e viverne in libertà la solitudine, i silenzi, i ritmi, le dimensioni, le leggi naturali, i pericoli. Il valore della wilderness risiede dunque soprattutto nella sua potenziale capacità di stimolare un rapporto creativo tra l’uomo civilizzato e gli ambienti naturali. E’ il grado di autenticità di questo rapporto a dare un senso non effimero all’avventura.

1.3 – Poiché richiede un coinvolgimento totale, l’esperienza della wilderness assume una particolare importanza nelle società complesse e parcellizzate in cui vive la maggioranza degli alpinisti. Essa infatti può stimolare una reazione vitale contro i limiti di un sistema che tende ad appiattire sempre di più gli esseri umani, a circoscriverne le responsabilità, a rendere prevedibili e pilotabili comportamenti e bisogni, a limitarne l’autonomia decisionale ed emotiva.

1.4 – Di conseguenza è dì importanza fondamentale maturare in piena consapevolezza delle innumerevoli connessioni che uniscono i valori ecologico-ambientali ai valori etici, estetici e comportamentali. Proprio in tali connessioni infatti si situa il senso dell’alpinismo come espressione di cultura.

2. Degradazione della Wilderness. Responsabilità 

2.1 – La comunità degli alpinisti e le associazioni in cui essi si riconoscono, hanno storicamente precise responsabilità nella degradazione della wilderness montana, sulle Alpi come nel resto del mondo. Una responsabilità che, pur essendo il più delle volte soltanto indiretta o involontaria, non risulta meno condannabile. Indifferenza, ignoranza, insensibilità nonsono mai giustificabili.

2.2 – Il desiderio – teoricamente comprensibile – di convertire il maggior numero possibile di persone alla pratica della montagna, facilitandone l’avvicinamento, ha innescato spesso processi di deleteria antropizzazione. Per fronteggiare la crescente domanda che ne è derivata si è ricorso all’apertura di nuovi rifugi, all’ampliamento di quelli esistenti, alla messa in opera di vie ferrate e di altri incentivi al consumo. Ma questa politica contiene gravi errori di valutazione. Essa infatti trascura i valori di wilderness – e della solitudine che la caratterizza – come cardini irrinunciabili della qualità dell’alpinismo. Noi crediamo che la progettazione e la capienza dei rifugi non debbano inseguire la richiesta dei potenziali frequentatori, ma vadano misurate sulla quantità di presenze che gli ambienti naturali, resi più facilmente fruibili grazie a tali ricoveri, possono sopportare senza perdere di significato. Rifugi e bivacchi fissi non debbono in nessun caso essere posti lungo itinerari di salita, o in prossimità di vette, o comunque in posizioni che possono recare pregiudizio alla grandiosità selvaggia dell’ambiente e ai suoi significati.

2.3 – La wilderness è anche gravemente compromessa dalla penetrazione dei mezzi di trasporto meccanici. La comunità degli alpinisti ribadisce con forza la propria opposizione alla proliferazione incontrollata dello sci da pista, con le sue pesanti infrastrutture speculative e la povertà culturale della sua offerta. Una regolamentazione severa degli sport invernali, su base nazionale e sovranazionale, è da considerarsi una necessità urgente. Inoltre vanno vietati sia l’uso di mezzi aerei per depositare turisti e sciatori in alta quota, sia la costruzione di nuovi impianti a fune che raggiungono vette, forcelle, ghiacciai per collegare vallate, o possono comunque degradare il fascino ambientale e l’impegno alpinistico delle zone da essi toccate.

2.4 – Anche interventi che da un punto di vista strettamente ecologico-paesaggistico causano un impatto ambientale di scarso rilievo, possono rivelarsi deleteri perché alterano, o limitano, o inibiscono la ricchezza delle esperienze possibili. Basta una sequenza di corde fisse abbandonate, per privare una parete di gran parte del suo “senso”. Inoltre stanno prendendo piede approcci alla montagna che, pur non arrecando direttamente pregiudizio all’integrità dell’ambiente, di fatto per il loro predominante carattere consumistico-spettacolare, diffondono messaggi ambigui e favoriscono l’affermarsi di una mentalità incline a considerare la montagna come un semplice supporto per attività sportivo-ricreative.

2.5 – Bisognerebbe anche cominciare ad interrogarsi sugli attentati al significato originario della wilderness causati da descrizioni tecniche eccessivamente circostanziate, le quali spesso riducono considerevolmente la possibilità della scoperta e le soddisfazioni insostituibili che essa procura.

2.6 – L’inquinamento delle coscienze è meno visibile dell’inquinamento da rifiuti, ma non per questo meno dannoso. Ne deriva che sugli alpinisti, soprattutto quelli che per le loro imprese hanno acquistato tra il pubblico degli appassionati un particolare prestigio, ricade una pesante responsabilità. I loro comportamenti verranno presi a modello, i loro esempi verranno seguiti. Inutile dunque predicare il valore formativo dell’avventura in montagna, o sottoscrivere manifesti in difesa della wilderness, se poi si rinuncia ad agire con assoluta coerenza quando entrano in gioco l’affermazione personale, l’agonismo o altri interessi sportivi ed economici. Nessun alpinista può arrogarsi il diritto di giudicare dall’esterno le motivazioni interiori di altri alpinisti, né criticare le loro scelte sulla base di libere regole del gioco, contrabbandate come confini morali. Tuttavia è fin troppo ovvio che la credibilità nel campo della difesa della qualità dell’ambiente montano dipende totalmente dalla coerenza di ciascuno.

2.7 – Purtroppo tale coerenza è stata fino ad oggi smentita dal comportamento di moltissime spedizioni nell’Himalaya o nelle Ande. La responsabilità per l’attuale degradazione della wilderness di quei luoghi eccezionali ricade interamente sugli alpinisti. Anzi, sui migliori di loro. Spetta dunque alla comunità alpinistica il compito di formulare un severo codice di comportamento e di fare in modo che esso venga effettivamente rispettato.

2.8 – In tale contesto è da considerarsi colpa grave l’abbandono dei campi di quota e delle corde fisse, così come l’abbandono o il semplice seppellimento dei rifiuti solidi. Anche quando a ciò si venga costretti da situazioni d’emergenza, ogni sforzo dovrà essere fatto in seguito per cancellare qualunque traccia del proprio passaggio.

2.9 – Nelle regioni montuose a clima arido, e in ogni caso al di là degli ultimi insediamenti umani, le spedizioni debbono evitare assolutamente l’utilizzazione di legna da ardere raccolta sul posto. Il ripetuto passaggio di carovane numerose causa la desertificazione delle alte valli e l’impoverimento di un mantello vegetale prezioso, cresciuto con incredibile lentezza. Una sola cena può provocare la scomparsa di decine di arbusti alti pochi palmi ma spesso centenari.

Manifesto MW a Biella – foto A. Gogna/K3

3. Wilderness e popolazioni montane 

3.1 – Il ripetuto passaggio delle spedizioni, seguito dallo stillicidio dei gruppi di trekkisti, sta provocando profonde trasformazioni delle popolazioni locali, nei loro livelli di benessere materiale, nella loro mentalità, nell’organizzazione del tessuto sociale, nella loro cultura tradizionale. Arduo valutare quanto di positivo e quanto di negativo celino tali trasformazioni, essendo al riguardo discordi i pareri degli esperti. Sembra comunque ragionevole ritenere che quegli improvvisi flussi di liquidità e di beni materiali, ai quali accedono più facilmente i giovani che gli anziani, possano produrre degli effetti destabilizzanti, introducendo parametri di valutazione tipicamente “occidentali” all’interno di gruppi umani del tutto impreparati ad interpretarli correttamente; inoltre, l’eventuale e sempre possibile dirottamento di tali flussi verso altri obiettivi, espone a gravi disagi le popolazioni locali, ormai disabituate a sopravvivere utilizzando solo le professioni tradizionali. A ciò si aggiunge la scarsa preparazione storico-antropologica della maggioranza degli alpinisti e la loro conseguente difficoltà ad uscire da categorie di giudizio europo-centriche per accettare la diversità, rispettandola anche quando essa può apparire incomprensibile. E altamente auspicabile che il dibattito su tali tematiche si allarghi, acquistando profondità. Nessuno deve restare indifferente di fronte al dubbio che il suo comportamento possa aver causato la degradazione etico-sociale-culturale di altri uomini, o di aver messo a repentaglio con leggerezza le loro vite.

3.2 – Troppo complesso sarebbe, in questa sede, trattare in modo credibile ed esauriente il problema del rapporto tra l’alpinismo e le popolazioni delle montagne. Tale problema tuttavia esiste; la comunità degli alpinisti deve impegnarsi ad affrontarlo.

4. Strategia 

4.1 – Sarebbe inesatto sostenere che nulla è stato fatto dagli alpinisti e dalle associazioni alpinistiche per difendere la wilderness montana. Però tal iniziative hanno avuto effetti pratici assai limitati.

4.2 – E’ giunto il momento di compiere un deciso passo avanti. Gli alpinisti di tutto il mondo, riuniti al Convegno Mountain Wilderness di Biella, intendono dare vita a un movimento organizzato di tipo nuovo, capace di elaborare strategie coraggiose, anticonformiste ed efficaci, per difendere e recuperare gli ultimi spazi incontaminati del pianeta. Queste strategie devono prevedere il ricorso sistematico ad azioni concrete, anche attraverso l’uso della provocazione utopistica, per stimolare la crescita dei livelli di consapevolezza ambientale di strati sempre più ampi di frequentatori della montagna.

4.3 – Il movimento che nasce a Biella prende il nome di “MOUNTAIN WILDERNESS” e ha carattere internazionale. La sua sede centrale viene stabilita in Italia per il biennio ’88-’89. Il Convegno ha eletto ventun garanti ai quali spetterà il compito di costituire legalmente il movimento elaborandone lo statuto, di nominare i responsabili del suo funzionamento pratico, e di operare affinché gli obiettivi individuati vengano perseguiti e raggiunti. I ventun garanti durano in carica due anni.

5. Obiettivi a breve e medio termine del movimento “M.W.” 

5.1 – Il movimento dovrà agire sulle associazioni che si interessano di alpinismo e di protezione della natura nei vari paesi, allo scopo di: a) promuovere una riforma della cultura alpinistica nello spirito della wilderness (contro la commercializzazione, contro il proselitismo indiscriminato, per la sensibilizzazione dei giovani attraverso le scuole, per la formazione di una coscienza ambientalista nelle guide, negli istruttori di alpinismo, negli organizzatori di trekking); b) rendere più intensa ed efficace l’azione a protezione dell’ambiente di tali associazioni, intervenendo quando esse appaiono disposte a progettare o ad accettare iniziative non consone allo spirito della wilderness.

5.2 – La parte più importante dell’attività del movimento dovrà essere quella di proposta e di stimolo come: a) elaborare il concetto, studiare la fattibilità e proporre l’istituzione di parchi e/o zone protette per quelle regioni di montagna in cui è ancora possibile tutelare o recuperare la Wilderness (Parco Internazionale del Monte Bianco, Parco Nazionale degli Alti Tauri, varie zone ancora intatte o recuperabili delle Dolomiti); b) incoraggiare lo sviluppo dell’alpinismo extra europeo in stile alpino (spedizioni leggere e ultra leggere), e raccomandare ai Governi locali l’adozione di misure severe contro un comportamento scorretto delle spedizioni e dei trekking, con particolare riferimento all’obbligo di riportare i rifiuti in un luogo prescritto.

5.3 – Il movimento dovrà inserire nel quadro delle sue azioni permanenti iniziative a carattere emblematico, come: a) rimuovere o prevenire installazioni fisse incompatibili con la wilderness, come l’impianto a telecabine della Vallée Bianche, il circuito sciistico del Pelmo, gli impianti del Glacier de Chaviére (Vanoise), il complesso turistico del Saléve, vie ferrate, ecc. b) incoraggiare l’organizzazione di una spedizione che includa nei suoi obiettivi il recupero di una situazione deteriorata (Colle Sud dell’Everest, Sperone Abruzzi del K2, … )

5.4 – il movimento dovrà adoperarsi perché i Governi e le organizzazioni Internazionali siano informati delle sue iniziative ai livelli appropriati per ottenere gli interventi necessari. In particolare ai Governi ed alle Amministrazioni Regionali dovrà essere richiesta l’emanazione di leggi per la severe regolamentazione del traffico con mezzi meccanici in montagna (aerei ed elicotteri, fuoristrada e motocross, motoslitte, volo ultraleggero) con adeguate sanzioni e modi di controllo.

 

6. Conclusione 

6.1 – La difesa degli spazi selvaggi è oggi più urgente che mai. Per tale motivo il Convegno di Biella si è posto degli obiettivi concreti immediati. Ma questo incontro ha provocato anche una nuova presa di coscienza: la difesa della montagna non è che uno degli aspetti della protezione della wilderness a livello mondiale. E’ dunque necessario unire gli sforzi con tutti i movimenti che sul nostro pianeta hanno per scopo la difesa dei deserti, dei mari, delle foreste primarie, dei luoghi montani e delle calotte glaciali; difesa che deve prevedere il bando di esercitazioni militari distruttive, degli esperimenti nucleari e dello stoccaggio di scorie radioattive. Le montagne fanno ancora parte dei luoghi selvaggi della Terra, e a questo titolo appartengono al patrimonio culturale di tutti gli uomini.