Le troppe contraddizioni del mondo venatorio
Luigi Casanova risponde al Presidente del Parco Provinciale Adamello – Brenta Walter Ferrazza – in merito al ruolo dei cacciatori e del mondo venatorio in generale.
Il Presidente del Parco provinciale Adamello – Brenta Walter Ferrazza, con un articolato intervento su L’Adige, ripropone il ruolo dei cacciatori come riferimento ambientalista. Un intervento che consolida una diffusa campagna nazionale delle associazioni venatorie alla ricerca di una immagine sempre più debole. Succede in Appennino, come del resto vicino a noi si è appena tenuto in Cadore un convegno dal titolo “Il ruolo strategico del cacciatore”.

Intendo rispondere solo al Presidente. Alcuni suoi passaggi possono essere parzialmente condivisi se valutiamo la diffusione dei stravolgimenti naturali che continuiamo a imporre agli spazi liberi, sulle montagne come negli ambiti collinari. L’intervento dell’uomo nella gestione della fauna selvatica può essere un correttivo temporaneo nell’affrontare decenni di errori di pianificazione dell’uso delle risorse naturali; su ogni tema abbiamo superato i limiti di una decente convivenza con la biodiversità naturale e sociale.
Partiamo dalla caccia nei parchi, sia nazionali che regionali – provinciali. Almeno in questi territori la caccia andrebbe vietata, in modo assoluto. Certo, in Trentino è pratica legale, questo non significa sia attività giusta. Alla maggioranza dei cittadini e ospiti non cacciatori, nel rispetto di minoranze e in questo caso larga maggioranza, è lecito o meno chiedere spazi ampi dove l’attività venatoria sia vietata? Io penso sia doveroso.
Si afferma poi che l’attività venatoria è severamente controllata. Non risulta proprio: il parco si è privato dei suoi guardaparco proprio perché infastidivano la lobby venatoria. La vigilanza ambientale sul territorio (corpo forestale e custodi) in questi anni è stata notevolmente ridotta. Nel 2025 ancora si affida alla vigilanza privata, gestita dai cacciatori, il controllo sull’attività venatoria, controllori pagati dall’ente pubblico.
Ferrazza afferma che l’obiettivo dell’attività di caccia è teso alla tutela della biodiversità. Una lettura realistica? Ci chiediamo come sia possibile nel 2025 autorizzare la caccia ai tetraonidi e addirittura inserire nel calendario venatorio capi di pernice e coturnice o fagiano di monte. Come sia possibile in Alto Adige cacciare stambecchi e perfino le innocue marmotte (1500 l’anno), come siano possibili tutte le deroghe alle normative europee, in Veneto, Lombardia, Umbria, Toscana nella caccia all’avifauna pregiata.

Sul tema della biodiversità non ha senso giustificare la follia della campagna contro i grandi predatori che in Trentino e in Alto Adige trova sostegno attivo nel mondo venatorio. Un conto è gestire questa fauna (nel rispetto delle leggi europee), un conto è fare della paura verso i grandi predatori il tema centrale di misere, irrazionali, demagogiche campagne elettorali tipiche del mondo della destra.
Ancora ci si chiede perché (vedasi recente dibattito in Veneto) concedere ai cacciatori il libero accesso a tutte le strade forestali, del resto come avviene da tempo grazie a mille astuzie in Trentino, Alto Adige, Lombardia, Toscana. Un conto è addentrarsi nei boschi per il recupero dei capi abbattuti e un conto scorrazzare, vedasi anche casi recenti, sulle strade a tutte le ore.
Condivido alcuni passaggi del Presidente. Le mostre dei trofei sono necessarie quando gestite solo da personale alle dipendenze dell’ente pubblico. Come condivido il fatto che oggi, purtroppo, solo le categorie dei cacciatori, dei boscaioli e qualche bella anima delle valli conosca il territorio e siano portatori, questi soggetti, di saperi fondamentali che stiamo perdendo.
Quando potrebbe ritornare credibile la figura del cacciatore come gestore di un bene pubblico? Quando i temi che ho esposto trovano risposta istituzionale, ovviamente facendo sempre riferimento alle conoscenze scientifiche e abbandonando da parte del mondo venatorio questa illusione del loro ruolo strategico nel gestire i territori. Un minimo di umiltà e di condivisione con altre sensibilità non nuoce.
Luigi Casanova