Il Dio del vento è nudo?

Non ho difficoltà ad ammetterlo: faccio una certa fatica a riprendere le riflessioni sulle FER e soprattutto sulle pale eoliche, dopo l’esposizione  dei programmi del presidente Trump. Eppure proprio dai suoi propositi bisogna partire, tentando di capire quali conclusioni trarre immergendoci in quel vergognoso coacervo di aggressivi, retrogradi, rodomonteschi annunci e provvedimenti, per isolare dal mucchio la drastica dismissione delle energie rinnovabili.

In realtà non gioisco, come qualcuno forse si immagina, quando Trump dichiara che le energie rinnovabili sono una truffa, che l’industria green è un imbroglio dispendioso e contribuisce a deprimere la competitività economica del paese, che i “mulini a vento” rovinano i paesaggi, si degradano in enormi cataste di spazzatura, servono solo a chi guadagna alle spalle dei cittadini, grazie agli incentivi statali. Non abbiamo detto noi le stesse cose, da anni? E allora perché non batto le mani? Non le batto perché queste accuse, per quanto tutt’altro che infondate, sono solo un tassello di una programma di irresponsabile crescita dei consumi  ( drill baby drill) che accelera la corsa della “nave dei folli” mondiale verso il baratro. Rappresentano un pericolosissimo segnale di via libera all’egoismo miope dell’oggi a scapito del domani. E qui vengo colto da un improvviso dubbio: non sarà che, spogliandoli del loro ipocrita mantello messianico, gli interessi sotterranei del green deal non siano poi, più o meno, la stessa cosa?

 Lasciate che mi spieghi. Il progressivo riscaldamento del Pianeta è un fatto incontestabile. La diagnosi che va per la maggiore può essere accettata, seppure con qualche perplessità relativa all’importanza del CO2 nel rendere più rapido un processo “galattico”. Invece le terapie individuate fanno acqua da tutte le parti: sono pannicelli caldi infantilmente ideologici, dietro ai quali si celano gli squali portatori di interessi privati e pubblici di enorme portata, del tutto estranei ai veri interessi nel tempo degli abitanti di questo pianeta e al loro benessere attuale e futuro. La Germania insegna.

Di fronte all’arroganza anti ambientalista di Trump la reazione “ di pancia” di noi europei potrebbe fare il paio con la famosa frase del Pier Capponi “ Voi sonerete le vostre trombe, noi soneremo le nostre campane”. Vale a dire: “ Tu metti al bando le rinnovabili, noi, per sventolarti in faccia impavidi la bandiera della via che abbiamo intrapreso, ne quadruplicheremo l’installazione”.

Campane a stormo! Però… però immagino che ricordiate il dispetto che il marito cornuto fece alla moglie infedele. E qui il paragone, per quanto volgaruccio, calza a pennello.

Ho cercato di dimostrare più volte nei miei scritti l’inutilità della corsa alle rinnovabili caratteristica della politica europea in salsa Von der Leyen, in mancanza di un effettivo e analogo impegno planetario per mitigare l’effetto serra.  Impegno che l’amministrazione di Trump ha avuto paradossalmente il merito di rinnegare esplicitamente, ma da tempo è assente dalle reali agende di troppe nazioni produttrici di gas climalteranti. Quello che abbiamo intrapreso resta, ancora più di ieri, soltanto un percorso di valore simbolico che vuole dare il buon esempio e indicare una via d’uscita teoricamente efficace. Forse questa orgogliosa posizione esemplare sarà resa più nobile dalle odierne dichiarazioni di Trump; più nobile, ma anche più patetica: l’esibizione muscolare di un nano nei confronti di un torvo gigante. La leggenda consolatoria di Davide contro Golia non dovrebbe illuderci. Se c’è una cosa certa  è che l’UE non è un avatar di quel pastorello armato di fionda. Per non parlare dell’Italia.  Ciò non ostante, emotivamente e da incorreggibile don Chisciotte, mi schiererei dalla parte delle scelte europee – per quanto suicide – se non fosse che il costo ( non solo economico ma soprattutto culturale e esistenziale) di questo orgoglioso accanimento mi pare davvero troppo alto. Il vento che fa ruotare le nostre innumerevoli pale eoliche, in spregio ai valori prioritari del paesaggio, non contrasterà minimamente il vento che gonfia con forza sempre maggiore le vele della nave dei folli spingendola verso esiti drammatici.  Se il destino del Bel Paese sarà quello di trasformarsi in un deserto soffocante, preferirei che le sue dune non fossero punteggiate dagli scheletri obsoleti di migliaia di pale eoliche. Sinistre testimonianze di un gigantesco e non innocente equivoco pseudo religioso.

I lettori pretendono che dopo ogni denuncia venga additata una via d’uscita. Questa risposta confesso di non averla sotto mano. Bisogna cercarla tutti insieme, liberandosi da falsi miti, fantasie autoassolutorie e scorciatoie fallaci. Ma occorre comunque una cosa: il coraggio di guardare in faccia la realtà. Riconosciamo a Trump almeno un merito: ci sta costringendo a farlo.

 Carlo Alberto Pinelli