I Parchi Italiani – per ora – sono salvi

La fine della Legislatura, sancita il 28 dicembre dal Presidente della Repubblica,  significa che la pseudo-riforma, almeno così come era concepita, può andare a riposare (non sappiamo quanto serenamente) nei cassetti del Parlamento.

Un testo che dal 2009, avviato con le migliori intenzioni (l’aggiornamento della Legge 394/91 sul tema, troppo poco considerato, delle Aree Marine Protette), ha subito anno dopo anno, Governo dopo Governo assalti ai principi fondanti e furbesche introduzioni. Il risultato era un disastro: letteralmente la demolizione programmata della filosofia con la quale i Parchi Italiani erano stati pensati, voluti e costruiti.

Vi proponiamo una articolo di Carlo Alberto Graziani, precedente alla fine della legislatura, che bene illustra i pericoli di riforme frettolose come quella che si stava delineando.

Bosco delle Navette, Parco del Marguareis

Il disegno di legge è disorganico, a volte sfiora l’illegittimità costituzionale e soprattutto lede molti dei principi fondamentali della legge del 1991.

Non sappiamo se in questo convulso fine legislatura verrà approvato il disegno di legge che modifica profondamente la legge quadro sulle aree protette e che è tornato in Senato per la terza lettura. Lo vogliono alcuni parlamentari del PD; lo vuole Federparchi, sempre più costola del partito di maggioranza e sempre meno rappresentante delle aree protette; lo vuole Legambiente, disorientata dopo la presa di posizione del suo Presidente onorario, in contrasto con il “tavolo interassociativo” che compatto aveva criticato quelle modifiche, e a essa si sono aggiunti all’ultimo momento il CAI e il FAI in precedenza silenti; non lo vuole la maggioranza delle associazioni ambientaliste, dal WWF a Mountain Wilderness, dalla LIPU a Italia Nostra; non lo vuole l’informale “Gruppo dei Trenta” sorto un anno fa proprio per contrastare quelle modifiche e sostenere la legge quadro, che ha svolto un’eccezionale opera di coordinamento e d’impulso.

Il disegno di legge è disorganico, a volte sfiora l’illegittimità costituzionale e soprattutto lede molti dei principi fondamentali della legge del 1991 che è considerata unanimemente una delle migliori leggi sui parchi al mondo e che ha permesso di superare il traguardo, considerato utopistico, del 10% del territorio italiano protetto. Gli aspetti positivi del testo, pur numerosi, vengono completamente annullati da quelli negativi. D’altra parte l’atteggiamento ostile dei sostenitori delle modifiche nei confronti delle numerosissime richieste di confronto ha impedito di giungere, come sarebbe stato possibile, a un testo condiviso.

Tale atteggiamento cela una precisa idea di area protetta e in particolare di parco. In sintesi viene capovolto il significato e il ruolo dei parchi: non più luoghi nei quali l’obiettivo fondamentale è la conservazione della natura e del paesaggio e nei quali (in Italia i parchi sono fondamentalmente aree antropizzate), lo sviluppo socio-economico sostenibile diventa strumento necessario d’azione, ma luoghi in cui l’obiettivo strategico si arena nello sviluppo e la conservazione si apparta a semplice strumento.

Di questo capovolgimento, con le sue inevitabili e pericolose conseguenze, sono indici evidenti:

  1. a) la soppressione della Carta della natura e con essa la centralità stessa della natura;
  2. b) la sostituzione del piano per le aree naturali protette con un generico piano per la green economy;
  3. c) la sostituzione nei consigli direttivi dei parchi nazionali della componente scientifica con una rappresentanza degli interessi corporativi (agricoltori o pescatori) e la conseguente scomparsa di quell’approccio tecnico sempre più necessario nella gestione del territorio;
  4. d) l’introduzione del sistema delle royalties per le attività impattanti, cioè della logica aberrante “se paghi puoi inquinare”;
  5. e) la dequalificazione dei presidenti e dei direttori dei parchi nazionali che di fatto rischia di rendere gli enti gestori simili a delle estese Pro loco.
Parco Nazionale della Valgrande, VB. Foto: Luigi Ranzani

In questa situazione, la cui gravità viene accentuata dal sostanziale disinteresse del disegno di legge nei confronti delle aree marine protette, che sono tra i più grandi tesori del nostro paese e per le quali le associazioni avevano richiesto la pari dignità con i parchi nazionali, l’inerzia del Ministro dell’ambiente per le nomine nei parchi nazionali -sono scaduti (alcuni da anni) ben 10 Presidenti su 23 e ben 12 Direttori su 23- acquista un preciso significato: poiché le nuove norme attribuiscono la massima libertà al Ministro di nominare il Presidente e al Presidente di nominare il Direttore, è preciso interesse del partito di maggioranza attendere l’approvazione delle modifiche per poter poi controllare le scelte; un controllo che sarà reso ancor più agevole con presidenti e direttori senza qualità.

Qualunque sia l’esito di questa brutta vicenda, MW dovrà contribuire fin dai prossimi mesi ad aprire una nuova pagina per il futuro delle aree protette nella consapevolezza di avere precise responsabilità: in quanto associazione promotrice della Carta di Fontecchio che delinea il ruolo che oggi devono avere le aree protette (laboratori e modelli di una gestione del territorio in effettiva armonia con la natura e con il paesaggio); in quanto, soprattutto, unica associazione oramai che ha come obiettivo specifico la strenua difesa dell’ambiente naturale montano.

Calo Alberto Graziani