Breve storia dei Parchi Nazionali

Yellowstone, 1872

La prima area naturale protetta che ha fatto discutere la collettività internazionale risale al 1872: si tratta dello Yellowstone Park negli Stati Uniti, istituito negli stessi anni della nascita dell’ambientalismo moderno, un parco nazionale diventato nel corso dei decenni un riferimento fondamentale ma con un esordio incerto e faticoso. Un’area grande come l’isola di Creta, priva di insediamenti stabili, frequentata da cacciatori indiani e da bracconaggio cronico con sorveglianza affidata all’esercito fino al 1918; questa zona remota, molto lontana dalle città poste a centinaia di chilometri, fu poi rapidamente raggiunta da grandi compagnie ferroviarie per sfruttarne la fama. Il parco venne imposto dall’alto, dal Congresso statunitense, per la conservazione di valori naturali di pregio; le popolazioni indiane furono cacciate dai territori, mostrando quelle contraddizioni tra le politiche di conservazione e la spinta alla valorizzazione turistica che si trovano ancora presenti nei parchi al giorno d’oggi.

Sull’esempio seguirono altri parchi in Canada e in Australia, tutti paesi con una caratteristica comune: grandi territori di proprietà pubblica, dislocati in zone poco accessibili.

I Parchi in Europa

Quando i parchi sbarcano in Europa, dove le condizioni sono estremamente diverse, la realizzazione diventa molto più difficile. I parchi europei nascono con due tipologie opposte: i parchi svedesi (1909) possono replicare il modello USA, ma nel cuore del continente europeo densamente popolato nel 1914 il parco nazionale svizzero è di pochi ettari e a tutela molto rigorosa, senza insediamenti e con vincoli molto forti. In Italia nel 1922/23 si istituiscono le prime aree protette italiane dopo 15 anni di animato dibattito dietro lo stimolo di USA e Svizzera, per sottrarre alla distruzione specie rare o paesaggi naturali ma anche con motivazioni di ordine turistico. I due parchi nazionali al Gran Paradiso e in Abruzzo furono i primi al mondo ad avere al proprio interno un gran numero di centri abitati, e poco distanti da grandi centri urbani; a 50 chilometri dal PNGP si trovava Torino, Roma e Napoli distavano poche decine di chilometri dal PNA. Essi prevedevano enti di gestione partecipativi, nei quali erano presenti diversi soggetti centrali, locali, scientifici.

In discesa dalla Punte Basei, Gran Paradiso. Foto: Toni Farina

Il fascismo in seguito rallentò la creazione e lo sviluppo dei parchi, altri due parchi -Stelvio e Circeo- nacquero una dozzina di anni dopo non per ambientalismo ma con altri obiettivi: lo Stelvio nel 1935 fu creato come memoria storica, in tal senso lo smembramento attuale è un frutto legato alle sue origini e imposto dall’Alto Adige. Riguardo i parchi nei seguenti 40 anni di apparente silenzio, tra il 1935 e il 1975, si sviluppa un dibattito vivace anche se inizialmente ristretto, che man mano si allarga alle prime associazioni ambientali per arrivare alle amministrazioni e ai partiti politici.
La stagione più fertile arrivò in seguito, fino alla legge quadro 394 del 1991 che fece una sintesi di tutto questo. Oggi nel mondo ne esistono 200.000, il 70% create tra il 1980 e il 2010; in Italia sono 25, e coprono il 5,3% del territorio nazionale tra le difficoltà di un movimento ambientalista affievolito e le grandi associazioni troppo coinvolte nella gestione, la totale assenza del Ministero e di una politica sistemica dei parchi, forze politiche all’arrembaggio di poltrone e consenso popolare, pochi fondi e un numero sempre crescente di riduzioni di confini e di tentativi di dismissione.

Fabio Valentini