Dolomiti Unesco, i perchè di un fallimento
Cari lettori e soci di Mountain Wilderness,
nella lettura di questo notiziario avete avuto modo di apprezzare la complessità e la tenacia del lavoro che Mountain Wilderness ha sostenuto nella promozione di Dolomiti Monumento del Mondo in quasi tre decenni di impegno, dalla ideazione presentata a Cortina d’Ampezzo dal 7 al 9 agosto del 1993, al severo lavoro che le delegazioni venete e trentine dell’associazione hanno condiviso con la Regione Veneto e le Province autonome di Trento e Bolzano, fino al 1998. Quel primo progetto abbracciava l’intero nostro disegno: le Dolomiti sarebbero state riconosciute Monumento culturale, l’estensione del patrimonio tutelato andava dal Cansiglio fino alle aree protette del parco dell’Alto Garda, dai Lessini (le Piccole Dolomiti) fino ai gruppi del Brenta e di Sesto – San Candido. A cose fatte, sembrava decise, è arrivato a luglio il secco NO della provincia di Bolzano “-Parigi non comanderà mai a casa nostra-”.
Non ci siamo arresi, abbiamo ripreso subito il percorso a Laggio di Cadore in un seminario al quale avevano partecipato tutte le associazioni ambientaliste, i gruppi locali attivi sul territorio delle Dolomiti: da quel momento si è investito nelle aree protette. E’ triste verificare, come a oltre 20 anni di distanza, le indicazioni elaborate dall’ambientalismo dolomitico siano rimaste sulla carta. Significa che la politica del Nord – Est non ha risposto alle esigenze di tutala dei territori interessati e nemmeno a quelle dello sviluppo realmente sostenibile.
Abbiamo proseguito, cercando ancora di collaborare con le istituzioni. Non è stato facile come nel primo procedimento, le porte si erano chiuse. Riuscivamo ugualmente ad infilarci in tanti uffici, arrivando a scoprire che nelle Dolomiti venivano inseriti i Monti Berici o i Colli Euganei, il parco del Monte Corno (BZ), che non si trovavano tracce né delle Dolomiti di Brenta, né dei gruppi del Latemar, del Sassolungo e Sella. Non tutto quanto abbiamo riproposto è stato inserito, si è comunque raddirizzato il tiro. Chi vi lavorava non aveva minime conoscenze del patrimonio dolomitico reale. Abbiamo proseguito nel nostro impegno, sostenuti solo da CIPRA Italia e dai gruppi ambientalisti del Cadore, partecipando anche alla costruzione di alcune parti del programma di candidatura, 2004 – 2009, sostenuti e animati da professionisti liberi, ricchi di passione, fino al successo di Siviglia. Li vogliamo ringraziare questi professionisti, anche alcuni politici che ci hanno dovuto lasciare, non ultimo Sergio Reolon.
In questo lungo percorso Mountain Wilderness non ha mai letto le Dolomiti chiuse in confini. Sono montagne aperte, che osservano, offrono a attingono dalle città, verso Sud e verso Nord. Abbiamo sostenuto gemellaggi con Roma e con Venezia, anche attraverso convegni che enfatizzavano questi legami fra patrimoni culturali e storici, tipicamente urbani, con quelli naturali legati alle montagne più spettacolari del mondo. Non è stato poi casuale aver organizzato la staffetta della Marcialonga di Fiemme e Fassa a sostegno della candidatura Dolomiti UNESCO, cercando alleanze anche nello sport.
Ora siamo costretti a prendere atto del fatto che la Fondazione ha usato la nostra buonafede e il nostro impegno. A tre mesi dalla pubblicazione del dossier non c’è stato un solo tentativo di contattarci, di cercare di comprendere le ragioni alte della nostra protesta. Da anni nelle assemblee del Collegio dei soci sostenitori chiedevamo coerenza con gli impegni presi con UNESCO. Venivamo sopportati, anche in modo esplicito. Forti delle nostre posizioni, del nostro impegno, delle sensibilità che dovevamo e dobbiamo ancora oggi sostenere (quelle della conservazione dei beni comuni, dei paesaggi, dei valori delle montagne), siamo stati costretti a uscire dal collegio dei soci sostenitori. Qualora la Fondazione ritenga ancora utile il nostro apporto, noi ci siamo. Certo, al tavolo andremo per chiedere certezze, per sostenere coerenza nell’impegno della tutela delle Dolomiti: basta rumori, traffico e eliturismo sulle vette, basta consumo di suolo con ampliamenti dei demani sciistici e costruzione di nuovi bacini per l’innevamento artificiale, basta deroghe vergognose, inaccettabili agli ampliamenti dei rifugi, alberghi in quota (fino al 100% dei volumi presenti).
Vogliamo qualità nell’architettura, rispetto delle tradizioni, innovazione tecnologica e sinergie economiche forti e convinte fra i settori del turismo, della selvicoltura, dell’agricoltura di montagna, dei servizi. Senza trascurare in tutto questo la difesa dei diritti della fauna selvatica: le norme di attuazione che permettono gli abbattimenti nelle province di Trento e Bolzano delle marmotte, degli stambecchi, di alcuni tetraonidi e altra fauna pregiata a rischio di estinzione, perfino dei grandi predatori carnivori, vanno superate. I cambiamenti climatici in atto, il segnale rovinoso che la tempesta Vaia ha portato nelle foreste dolomitiche, le alluvioni sempre più frequenti, dimostrano come Mountain Wilderness avesse compreso l’urgenza di un cambiamento radicale dell’uso della montagna. Ad oggi non siamo stati compresi: Fondazione Dolomiti UNESCO e mondo politico, con quanto stanno proponendo riguardo i Mondiali di sci alpino a Cortina (2021) e con le Olimpiadi del 2026 Milano – Cortina, stanno scavando un abisso sempre più profondo fra le reali esigenze del vivere in montagna e le forzature che ormai giornalmente vengono imposte alle montagne da interessi solamente speculativi.
Luigi Casanova