I parchi e la doppiezza del “più grande partito ambientalista d’Italia”
Carlo Alberto Graziani interviene dalle colonne de il Manifesto sul dibattito Veltroni – Renzi in merito all’anima ambientalista del PD.
Da il Manifesto del 4/10/2017
A Valter Veltroni che lamentava la lontananza del PD dalle tematiche dell’ambiente Matteo Renzi dalle colonne di Repubblica ha risposto alcuni giorni fa affermando testualmente che il suo partito è “oggettivamente il più grande partito ambientalista d’Italia”. Beati monoculi in terra caecorum! verrebbe da dire guardando al panorama dei partiti italiani per larga parte assolutamente insensibili verso la questione ecologica. Ma, al di là delle rivendicazioni del suo segretario, c’è da chiedersi se il PD merita anche solo questo mezzo riconoscimento.
Una verifica significativa la possiamo fare a proposito della legge sulle aree protette giunta al Senato per la terza lettura. Le aree protette non sono piccola cosa, come potrebbero sembrare nel confronto con altre tematiche ambientali che colpiscono l’opinione pubblica (dal cambiamento climatico agli inquinamenti, agli incendi): non lo sono né dal punto di vista quantitativo (si tratta di oltre il 10% del territorio italiano) né dal punto di vista qualitativo, perché soprattutto i parchi costituiscono un modello particolarmente importante di gestione del territorio in grado di offrire preziose indicazioni anche per affrontare quelle tematiche.
Ebbene su questa legge una pressione insensata ed esagitata viene portata avanti, nel disinteresse generale, da alcuni parlamentari del PD, con l’avallo di Federparchi, sempre più costola di quel partito e sempre meno rappresentante delle aree protette, perché sia approvato al più presto un testo che modifica la vigente legge quadro, considerata unanimemente una delle migliori leggi ambientali, violandone alcuni principi fondamentali; viene respinta pregiudizialmente ogni proposta di miglioramento avanzata dalle opposizione; vengono imposte scadenze – il 17 e il 18 di questo mese è stata calendarizzata in Aula la discussione – per concludere una lunga vicenda nata male e condotta peggio.
Dispiace che alfiere del testo si sia fatto il Presidente della Commissione ambiente a cui si deve quella straordinaria legge sui piccoli comuni – appunto la legge Realacci – approvata in questi giorni in via definitiva dal Senato che contiene anche importanti profili ambientali.
In sintesi quelle modifiche capovolgono il significato e il ruolo dei parchi: non più luoghi nei quali l’obiettivo fondamentale è la conservazione della natura e del paesaggio e nei quali, poiché in Italia i parchi sono quasi sempre aree antropizzate, lo sviluppo socio-economico sostenibile diventa uno strumento necessario, ma luoghi in cui l’obiettivo fondamentale diventa lo sviluppo e invece la conservazione semplicemente uno strumento.
Di questo capovolgimento sono indici evidenti: a) la soppressione della Carta della natura e con essa la centralità stessa della natura; b) la sostituzione del piano per le aree naturali protette con un piano per la green economy, ripreso in sostanza proprio dalla legge sui piccoli comuni, che certo non coglie la specificità di quelle aree; c) la sostituzione nei consigli direttivi dei parchi nazionali della componente autenticamente scientifica con una rappresentanza degli interessi corporativi (agricoltori o pescatori) e il conseguente venir meno di quell’approccio scientifico sempre più necessario nella gestione del territorio; d) l’introduzione del sistema delle royalties per le attività impattanti, cioè della logica aberrante “se paghi puoi inquinare”; e) la dequalificazione dei presidenti e dei direttori dei parchi nazionali che di fatto rischia di rendere gli enti gestori simili a delle grandi pro-loco.
In questa situazione – la cui gravità viene accentuata dal sostanziale disinteresse nei confronti delle aree marine protette, che sono tra i più grandi tesori del nostro paese – acquista un preciso significato la scandalosa inerzia del Ministro dell’ambiente per le nomine nei parchi nazionali: 10 Presidenti scaduti (alcuni da anni) su 23, 12 Direttori su 23!
Poiché le nuove norme attribuiscono la massima libertà sia al Ministro di nominare il Presidente sia al Presidente di nominare il Direttore è preciso interesse del partito di maggioranza attendere le nuove norme per poi fare l’en plein.
E’ questa dunque la logica del “più grande partito ambientalista d’Italia” ed è – non si può qualificare altrimenti – la logica della doppiezza.