Il piano paesaggistico della Toscana non tutela le Alpi Apuane
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
L’azione legale per la difesa delle Alpi Apuane
Patrocinato dal prof. avv. Daniele Granara (Foro di Chiavari), è stato depositato un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso le parti del Piano di indirizzo territoriale (P.I.T.) con valenza di piano paesaggistico della Toscana, lesive dei valori ambientali e paesaggistici delle Alpi Apuane, rientranti in gran parte nel Parco naturale regionale delle Alpi Apuane.
Hanno sottoscritto l’impugnazione le associazioni ambientaliste Mountain Wilderness Italia, Società Italiana di Geologia Ambientale (S.I.G.E.A.), Amici della Terra, Verdi Ambiente e Società (V.A.S.), Lega Italiana Protezione degli Uccelli (L.I.P.U.), Club Alpino Italiano-Toscana, il Centro “Guido Cervati” di Seravezza e il Centro culturale “La Pietra Vivente” di Massa.
Il P.I.T. con valenza di piano paesaggistico, le Alpi Apuane, le cave
Il P.I.T. con valenza di piano paesaggistico, pur essendo in linea generale un buon piano paesaggistico e uno dei tre piani elaborati correttamente ai sensi del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), insieme a quello della Puglia e della Sardegna costiera, tuttavia presenta oggettive carenze nella disciplina di salvaguardia delle Alpi Apuane in relazione alle attività di cava.
I motivi del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
Il proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica sviluppa censure in ordine al Piano di indirizzo territoriale (PIT) con valenza di piano paesaggistico della Regione Toscana, recentemente integrato con Deliberazione consiliare 27 marzo 2015, n. 37.
In particolare, il ricorso deduce l’illegittimità del PIT, nella parte in cui consente l’ampliamento di attività estrattive preesistenti, l’apertura di nuove attività di cava nonché la riattivazione di cave dismesse, in un’area, quale quella del Parco naturale delle Alpi Apuane, in cui sussistono rigorosi vincoli paesaggistici, volti al mantenimento delle caratteristiche territoriali di pregio nonché alla salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati, con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat.
Difatti, da un lato, l’Amministrazione, nel consentire le predette attività estrattive nelle cosiddette “Aree Contigue di Cava”, immediatamente adiacenti al territorio del Parco, non ha tenuto conto del vincolo paesistico generico, che ivi sussiste, previsto dall’art. 142 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio a tutela delle zone situate in montagne ad oltre 1.200 metri sul livello del mare, in aree in cui sono situati laghi, fiumi e torrenti, corsi d’acqua, circhi glaciali, parchi, boschi e zone gravate da usi civici e di interesse archeologico, nonché dei vincoli paesistici puntuali, stabiliti da Decreti Ministeriali per il notevole interesse pubblico di alcune zone delle Alpi Apuane situate nei Comuni di Pescaglia, Camaiore, Stazzema, Careggine, Vergemoli, Molazzana, Minucciano, Vagli Sotto e Carrara.
Inoltre, l’area in questione è interessata dalla presenza di siti facenti parte della Rete Natura 2000, in particolare da una Zona di Protezione Speciale (ZPS) e da 10 Siti di Importanza Comunitaria (SIC), entro i cui confini l’apertura di nuove cave e l’ampliamento di quelle esistenti è vietata in assenza di specifica previsione negli strumenti di pianificazione generali e di settore e di una positiva valutazione d’incidenza dei singoli progetti ovvero degli strumenti di pianificazione medesimi, esito positivo peraltro neanche astrattamente configurabile nel territorio delle Alpi Apuane, in cui tale valutazione, con riferimento all’ampliamento di attività estrattive (cioè nuove attività di cava e, quindi, nuove cave) avrà sempre un esito negativo, ossia incompatibile con i valori sottesi all’istituzione di SIC e ZPS.
In proposito, i ricorrenti hanno anche richiesto proposto questione di legittimità costituzionale in relazione alla disciplina statale e regionale delle attività estrattive nelle aree contigue dei parchi, laddove si interpreti nel senso di consentire nelle stesse l’ampliamento delle attività estrattive e/o l’attivazione di nuove cave, e formulato istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in relazione alla incompatibilità di tali attività con le zone SIC e ZPS, quali tutelate dal diritto europeo.
A quanto sopra si aggiunga l’inquinamento delle acque, con conseguente pregiudizio per la salute delle persone che le utilizzano, causato dalla cd. “marmettola”, proveniente dalle attività estrattive.
Tutti i predetti valori sono stati palesemente violati dall’Amministrazione, la quale avrebbe invece dovuto prevedere la progressiva chiusura delle cave esistenti, al fine di tutelare e conservare la salute umana e l’elevato valore ambientale, naturalistico e paesaggistico del Parco.
Le altre azioni legali per la tutela delle Alpi Apuane
Vi sono altre azioni legali in corso per la salvaguardia dei valori ambientali, naturalistici e paesaggistici delle Alpi Apuane avviate recentemente dall’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus. In particolare, è stata inoltrata (10 settembre 2015) una specifica istanza al Commissario per gli usi civici per il Lazio, la Toscana e l’Umbria perché valuti l’opportunità di avviare un procedimento giurisdizionale presso il suo Ufficio relativamente alla mancata adeguata tutela dei diritti di uso civico e dei demani collettivi civici da parte del P.I.T. Inoltre, è stata effettuata un’altra recente azione legale (20 agosto 2015) avverso il gravissimo inquinamento dei corsi d’acqua delle Apuane determinato dalla marmettola, residuo delle attività di cava, che ha provocato un rapido intervento del Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare nei confronti della Regione Toscana e degli Enti locali.
Le Alpi Apuane e le cave di marmo
Purtroppo, nel corso degli ultimi vent’anni si è cavato dalle Apuane più che nei 2000 anni precedenti, ogni anno 4 milioni di tonnellate di montagna, un milione e mezzo di metri cubi: nel P.I.T. ci si sarebbe attesi una scelta di pianificazione ben diversa. L’industria del marmo è decisamente molto redditizia, ma quasi esclusivamente per i pochi soggetti titolari delle attività estrattive. Fra questi c’è anche la famiglia Bin Laden che con la sua Cpc Marble & Granite Ltd ha acquistato nel 2014 il 50% della Marmi Carrara pagando a quattro famiglie proprietarie 45 milioni di euro.
I ricavi dei Comuni non sono paragonabili neanche lontanamente a quelli dei concessionari: attualmente il Comune di Carrara incassa 15 milioni di euro annui a titolo di canone, una parte minima rispetto a quanto rende l’estrazione marmifera. Per esempio, nel 2012, a fronte del canone di 15 milioni di euro in favore del Comune di Carrara, le imprese operanti nel settore del marmo hanno ricavato ben 168 milioni di euro. Al Comune è dunque andato solo l’8,8% del ricavo complessivo.
Anche i dati sull’occupazione confermano che il marmo non ha portato posti di lavoro: nella media 2009-2012 il tasso di disoccupazione complessivo nazionale è stato dell’8,8% e quello giovanile del 21,1%, mentre a Massa Carrara le percentuali hanno fatto registrare, rispettivamente, un 11,6% e un 30,5%.
Di sensibile impatto, come già detto, è l’inquinamento dei corsi d’acqua delle Apuane determinato dalla marmettola.
Nonostante gli aspetti negativi e la necessità di rapidi interventi di salvaguardia, l’area delle Alpi Apuane, rientrante in gran parte nel Parco naturale regionale delle Alpi Apuane, è ampiamente destinata ad attività di cava attualmente in corso o potenzialmente riattivabile o, addirittura, attivabile ex novo anche nel P.I.T., così come emerge dalla disciplina dell’Allegato 5 – Schede bacini estrattivi Alpi Apuane + 21 schede di bacino [1]. Il censimento delle attività estrattive sulle Alpi Apuane condotto dall’Università degli Studi di Siena – Centro di Geotecnologie avrebbe portato a individuare ben 165 cave attive e 510 cave inattive [2].
L’appello al Presidente della Repubblica
In proposito è stato inviato al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella uno specifico appello per la difesa delle Alpi Apuane da parte del Gruppo d’Intervento Giuridico onlus, di seguito riportato.
Le associazioni ambientaliste Mountain Wilderness Italia, Società Italiana di Geologia Ambientale (S.I.G.E.A.), Amici della Terra, Verdi Ambiente e Società (V.A.S.), Lega Italiana Protezione degli Uccelli (L.I.P.U.), Club Alpino Italiano-Toscana, il Centro “Guido Cervati” di Seravezza e il Centro culturale “La Pietra Vivente” di Massa, nonché il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus auspicano un rapido esame del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e il conseguente accoglimento dei fondati motivi, consentendo di avere finalmente una efficace disciplina di salvaguardia paesaggistica e ambientale per il prezioso territorio delle Alpi Apuane.
p. le Associazioni e Comitati ricorrenti
Stefano Deliperi
Appello al Presidente della Repubblica per la salvaguardia delle Alpi Apuane
Il Piano di indirizzo territoriale (P.I.T.) con valenza di piano paesaggistico della Regione Toscana, co-pianificato con il Ministero per i Beni e Attività Culturali e il Turismo, è legge. Una buona legge, che cerca di tutelare quel paesaggio toscano che da sempre costituisce l’orgoglio della nostra terra e la caratterizza nel contesto europeo e non solo.
Nel caso del Parco naturale regionale delle Alpi Apuane però la normativa del Piano viola l’articolo 142 del Codice dei Beni Culturali in tutti i suoi commi, viola le leggi di tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei siti Rete Natura 2000; viola il principio di precauzione.
In un Parco, Geoparco Unesco, si potrà continuare una attività estrattiva che modificherà le vette e i crinali secondari, trasformando il paesaggio, peggiorando la qualità delle Acque superficiali e sotterrane con l’inquinamento da marmettola. Non a caso il Codice dell’Ambiente prevedeva di conseguire solo nel 2021 il “buono stato dei corpi idrici”, per Versilia, Frigido (la sorgente più importante della Toscana per portata) e Carrione, inquinati dalla polvere prodotta dalla segagione del marmo (marmettola) e dagli sversamenti di olii esausti.
La possibilità prevista dal P.I.T. di riattivare cave dismesse e ampliare quelle esistenti nei territori di protezione esterna del Parco delle Alpi Apuane per il marmo di cattiva qualità (ma impiegato oggi per farne carbonato di calcio) segnerà la fine di un ambiente di grande pregio per la biodiversità, dove sono presenti ben 20 endemismi botanici e 18 relitti glaciali. Qui una settantina di cave attive interrompono, già ora, la rete dei siti Natura 2000, senza alcuna cintura di protezione: una vasta zona di protezione speciale – ZPS (estesa per l’88% della superficie del Parco) che è anche I.B.A. (Important birds area) e coincidente con ben 10 siti di importanza comunitaria – S.I.C.
Si potrà continuare a scavare nei circhi glaciali, a fianco degli abissi più profondi d’Italia, delle doline e si potrà ampliare l’attività estrattiva esistente, anche al di fuori del perimetro autorizzato, in deroga all’art. 10 della Disciplina dei beni paesaggistici, purchè con specifiche modalità di coltivazione che riducano al minimo gli impatti sugli elementi della morfologia glaciale al di sopra dell’Antro del Corchia, il complesso carsico più lungo d’Italia (70 km esplorati ad oggi), uno dei caposaldi del Geoparco, al quale l’ISPRA ha dedicato il volume The Corchia cave (Alpi Apuane).
Poiché il rispetto delle leggi, in primis del Codice, è un diritto dei cittadini, affinchè non siano violati gli articoli della nostra Costituzione, a partire dagli articoli 9 e 41, il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus sostiene il ricorso straordinario al Capo dello Stato fatto dalle Associazioni ambientaliste e chiede al Presidente della Repubblica che il P.I.T. nel Parco delle Alpi Apuane sia conforme alle leggi dello Stato.
Stefano Deliperi
presidente del Gruppo di Intervento Giuridico onlus
presidio Grig Apuane (Nino Angeli, Alberto Bargagna, Ettore Gino Beccari, Riccarda Bezzi, Marcello Cantoni, Vincenzo Canè, Nicola Cavazzuti, Mauro Chessa, Marisa Civardi, Luciano Di Gino, Giovanni Gabriele, Bruno Giampaoli, Carla Gianfranchi, Franco Giangrandi, Patrizia Giusti, Alberto Grossi, Chiarella Lagomarsini, Gianni Ledda, Franca Leverotti, Almarosa Medici, Enrica Medici, Giulio Milani, Fabrizio Molignoni, Florida Nicolai, Giuseppe Orofino, Giuliano Pacifico, Elia Pegollo, Giorgio Pizziolo, Andrea Ribolini, Ernesto Rossi, B. Stagi, Carla Susini, Luca Tommasi, Fabio Valentini, Domenico Verducci)
[1] “La perimetrazione dei Bacini estrattivi rappresentati nelle Schede da 1 a 14 e da 16 a 21 coincide con le Aree Contigue di Cava (ACC) individuate dalla L.R. 65/1997 del Parco delle Alpi Apuane e modificate con L.R. 73/2009. La Scheda n. 15 individua i bacini estrattivi di Carrara e di Massa esterni al perimetro dell’area di Parco. La scheda n.15 è articolata in tre sottobacini (Torano, Miseglia e Colonnata)” (P.I.T., Allegato 5).
[2] I piani esecutivi per l’attività di cava sono così disciplinati: “il procedimento per l’approvazione dei Piani attuativi dei bacini estrattivi delle Alpi Apuane è disciplinato dagli art. 113 e 114 della legge regionale Toscana n. 65 del 2014. Il piano attuativo, riferito a bacini estrattivi che interessano i beni paesaggistici di cui all’artt. 134 del Codice è trasmesso alla Regione entro 10 giorni dalla pubblicazione sul BURT del relativo avviso di adozione. La Regione, entro trenta giorni dall’avvenuta trasmissione del Piano, provvede ad indire una Conferenza di servizi con la partecipazione di tutti gli altri Enti territoriali interessati, invitando a partecipare anche i competenti uffici del Ministero per i beni e le attività culturali, allo scopo di verificare, in via preliminare, il rispetto della disciplina paesaggistica. Il procedimento si conclude entro trenta giorni dallo svolgimento della prima riunione della conferenza dei servizi” (art. 8 delle Norme comuni per i Bacini estrattivi delle Alpi Apuane”, Allegato 5 del P.I.T.).