La fine del Parco Nazionale più antico d’Europa

Le vicissitudini del Parco dello Stelvio viste dall’estero.

Riportiamo un articolo dal sito internet di Mountain Wilderness International, potete trovare QUI il testo originale in inglese.

Il 4 dicembre, il Consiglio dei Ministri italiano ha approvato le norme di attuazione per il trasferimento delle competenze in materia di gestione e funzionamento del Parco Nazionale dello Stelvio alle province autonome di Trento e di Bolzano, mentre la Regione Lombardia integrerà il proprio ruolo nel contesto di una legge regionale.
Questa è la fine del più antico parco nazionale europeo, 80 anni dopo la sua istituzione e al termine di cinque anni di agonia causata principalmente dal Ministero dell’Ambiente, che non ha rinnovato gli organi di gestione collettiva e mai approvato il Piano del Parco. Di conseguenza, il Consorzio del Parco introdotto con decreto nel 1993 verrà soppresso e lo smembramento del Parco in due “speciali” parchi provinciali ed un “normale” parco regionale diventerà effettivo.
Nella nuova struttura una gestione unitaria del parco dovrebbe essere garantita da un comitato di coordinamento che svilupperà linee guida generali. Inclusi in questo corpo sono i rappresentanti del Trentino, Alto Adige, Lombardia, il Ministero dell’Ambiente, gruppi ambientalisti ed i comuni il cui territorio amministrativo è parte del Parco.
La futura pianificazione sarà il risultato di un collage di progetti elaborati in modo indipendente dalle due province autonome e dalla Regione Lonbardia, avendo ciascuna diverse regolamentazioni. In pratica è difficile prevedere come il nuovo Comitato di coordinamento – di nomina politica – valuterà la coerenza delle attività nelle tre porzioni di ‘ex’ area protetta nazionale, sotto l’implicito controllo del Ministero dell’Ambiente.
Alla fine il Parco dello Stelvio è una vittima di giochi infami da parte di varie organizzazioni politiche (SVP, Patt e Pd) e soprattutto gli autonomisti del Sud Tirolo, senza molta considerazione per la conservazione della fauna selvatica del territorio.
Il passo ultimo di questo processo è l’approvazione prevista del decreto del Presidente della Repubblica.
Nel momento in cui l’Unione europea sta considerando di mettere in atto una Macro Regione alpina, ma anche quando gli attivisti nazionalisti mostrano i loro denti, i gruppi ambientalisti vogliono continuare a promuovere l’idea di un Parco europeo per le Alpi centrali, auspicando la cooperazione e il coordinamento tra italiani, svizzeri ed austriaci per le aree protette alpine.
Con una superficie di 130.700 ettari, il Parco dello Stelvio è stato “inaugurato” nel 1935 con la legge n.740 del 24 aprile, e si estende su due regioni: Lombardia e Trentino Alto Adige. La sua istituzione è stata finalizzata a salvaguardare la catena montuosa dell’Ortles-Cevedale, una parte delle Alpi Centrali. Con la sua grande varietà di flora e fauna selvatica, è un settore in cui i paesaggi alpini, terreni agricoli e villaggi vivono insieme in armonia. La Direzione del Parco è stata inizialmente affidata all’Agenzia di Stato per le Foreste Demaniali, mentre il Corpo Forestale dello Stato è stato responsabile per il monitoraggio e il controllo. Possiamo leggere sul sito ufficiale del parco: “Già nel 1974 ampi poteri amministrativi sono stati riconosciuti alle due province autonome di Bolzano e Trento, a condizione che un consorzio appositamente istituito avesse garantito una gestione uniforme. Dopo un lungo e complesso processo negoziale non si è riusciti ad ottenere la riorganizzazione del Parco Nazionale”. La gestione è stata poi messa nelle mani del Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio con quattro corpi operativi: tre comitati di gestione, della Regione Lombardia e le province autonome di Trento e Bolzano, e un comitato esecutivo utilizzato come unità di coordinamento normativo tra le diverse amministrazioni.
Per decenni diversi interessi si sono scontrati. Da un lato si è cercato di proteggere e mantenere l’area naturale, mentre altri progetti sono stati presentati per andare di pari passo con il progresso e lo sviluppo di nuove risorse tecnologiche: l’ampliamento della rete stradale, l’uso di energia idroelettrica e lo sfruttamento turistico delle montagne. Indovinate chi ha vinto…

Un po’ di retrospettiva

La vicenda politica è iniziata nel 2010, risultante da un ricatto del partito sud-tirolese alleato di Berlusconi (SVP), 14 dicembre 2010, quando l’allora primo ministro promise un cambiamento di gestione del parco se l’SVP non avesse votato la mozione di sfiducia contro il suo governo, promessa accolta da un coro di indignazione tra le fila del Partito Democratico. In quell’occasione il presidente Napolitano rifiutò di firmare la ratifica dello smembramento. Tre anni dopo, la situazione si è invertita. In data 11 febbraio 2013, il PD accoglie le richieste SVP per lo smembramento provocando indignazione ed una “profonda delusione” dei gruppi ambientalisti. La polemica si intensifica per un accordo firmato l’11 febbraio 2015 tra il Ministero dell’Ambiente, la Regione Lombardia e le province autonome di Trento e Bolzano, che sanciscono lo smembramento del parco in diversi settori di competenza coperti dalla Regione Lombardia e le due province autonome. I gruppi ambientalisti contestano lo smembramento del parco, dove nessun territorio potrà qualificarsi come Parco Nazionale, e paventano gravi conseguenze negative come ad esempio la mancanza di tutela della biodiversità ed un attacco alla legge quadro aree protette (legge del 6 dicembre, 1991, n° 394),

Dove si sta andando?

Così com’è oggi, il futuro del parco rimane molto desolante. Si teme che gli interessi del parco vengano essenzialmente subordinati agli interessi economici locali, mentre il paesaggio, la natura e la fauna diverrebbero prodotti di consumo dell’industria del turismo. Le azioni umane future, l’egoismo e l’avidità andranno a danno del patrimonio naturale che garantisce reddito alle popolazioni locali e che è troppo spesso dato per scontato?
Mountain Wilderness è stata coinvolta nella difesa del Parco Nazionale del Stevio durante l’intera vicenda, e continuerà a farlo. Riteniamo che questa decisione di smembramento sia derivata da modi di pensare antiquati, ed è arretrata in considerazione delle attuali tendenze per la salvaguardia del nostro pianeta.
Nel momento in cui il riscaldamento globale sta colpendo in modo significativo tutte le zone di montagna, i cui spazi liberi stanno diventando sempre più preziosi per tutti, è importante rivedere vecchi modelli di business che hanno forte impatto sul paesaggio e distruggono la biodiversità, optando per nuove alternative e conservando una luce di speranza per le nostre generazioni future.

Bernard Marclay