Le Alpi Apuane destinate a scomparire?
Di Fabio Valentini
Ugo di Vallepiana, pioniere dell’alpinismo apuano, in un breve articolo dal titolo “La montagna irripetibile” apparso sulla rivista mensile del Club Alpino Italiano, rievocava una sua singolare esperienza. Prima della Grande Guerra, in una fase di alpinismo ancora esplorativo, aveva compiuto sulle Apuane un’interessante ascensione di un torrione roccioso imprecisato. Terminato il conflitto era tornato per ripetere l’ascensione in compagnia di un amico, ma aveva dovuto constatare con stupore che la cima da lui scalata non esisteva più, erosa dall’avanzare di una cava. La montagna, sia pur modesta, era dunque “irripetibile”: egli sarebbe rimasto il primo ed unico salitore di un qualcosa dissolto nel nulla…
Forse è per questa consapevolezza che anche lo spettacolo degli scenari più belli è legato sulle Apuane ad un senso di precarietà che spinge ad imprimere nella memoria ogni scorcio, come se potesse domani scomparire.
(dalla prefazione del libro “Le montagne irripetibili”, di G. Perna e F. Girolami, Pezzini Editore, 1993).
Il marmo viene scavato dalle Apuane da oltre 2000 anni e con il bianco statuario di Carrara sono state realizzate alcune tra le più grandi sculture ed opere che l’umanità annovera: il David e la Pietà di Michelangelo, le statue di Canova e di Bernini, l’arco di Costantino e il Foro Italico di Roma, la Grande Arche di Parigi. Ma il progresso tecnologico ha fortemente incrementato l’estrazione dalle cave: con l’introduzione del diamante sintetico negli utensili da taglio, quello che prima si faceva in un giorno oggi richiede meno di un’ora. Durante le operazioni di estrazione il marmo in blocchi rappresenta meno del 25% del totale, il resto sono scarti di lavorazione che alimentano i ‘ravaneti’, cioè le discariche minerarie delle Apuane. Negli ultimi decenni si è affermata una categoria merceologica trasversale: il detrito di marmo viene polverizzato in carbonato di calcio e così impiegato per la produzione di plastiche, gomme, pneumatici, isolanti, vernici, colle, carta, prodotti chimici, farmaceutici, cosmetici e nell’edilizia. Solo per l’abbattimento degli ossidi di zolfo nelle emissioni di una centrale elettrica a carbone da 1.000 Megawatt ne servono 50.000 metri cubi all’anno; 1.500 tonnellate all’anno per il dentifricio venduto in Italia; poi una quantità indefinita nei mangimi e negli alimenti.
Dunque le Apuane stanno scomparendo? Se questi sono i dati, prepariamoci. Il Passo della Focolaccia, lungo la cresta del Monte Tambura, è stato abbassato di 50 metri. Le falde acquifere sono inquinate dagli olii esausti delle macchine impiegate per l’estrazione. Il Parco delle Alpi Apuane, creato nel 1985, appare incapace di tutelare l’ambiente o di favorire lo sviluppo di un’economia alternativa che riporti vita e ricchezza nei borghi montani. Dal 2011 le Apuane hanno assunto anche il titolo di Geoparco UNESCO, un riconoscimento che ogni quattro anni viene rivalutato e che è stato riconfermato anche quest’anno.
Andate a visitare finché ne resta traccia.