Le Aree protette e i Parchi del Lazio. Qual è lo stato dell’arte?

Mountain Wilderness mantiene una forte attenzione verso le aree protette. Oggi, grazie all’impegno di Ines Millesimi e al Direttore della Direzione Capitale Naturale, Parchi e Aree protette della Regione Lazio, dott. Vito Consoli, illustriamo la situazione della gestione delle aree protette nel Lazio. Siamo certi che il loro impegno, unito a quello della associazione e degli amici degli Appennini, sosterrà la politica nel difficile cammino teso a dare alle aree protette nuovi valori, nuove prospettive e sviluppo. Mountain Wilderness ha sempre seguito i problemi del Terminillo, degli attacchi che subisce, delle Montagne della Duchessa, dei Monti Reatini. E’ pur vero che è dagli anni ’90 che si lotta perchè questi territori diventino parchi regionali. Come avviene in altre località alpine. Mantenendo alta l’attenzione dei cittadini e degli amanti della montagna libera riusciremo anche in questo intento.

Di Ines Millesimi, PhD student Ecologia e gestione sostenibile delle risorse ambientali, socia del CAI di Amatrice e di Italia Nostra

Non c’è dubbio che negli ultimi anni, grazie ad una maggiore sensibilità ambientale delle nuove generazioni sempre più interessate a frequentare la dimensione naturale di sentieri, boschi, montagne e valli, ma anche a causa delle restrizioni dovute alla pandemia che ha rimesso al centro della nostra vita salute e svago all’aria aperta, si assiste ad una maggiore considerazione delle aree naturali protette e dei parchi, non più considerati “carrozzoni” di gestione politica dei territori o “riserve indiane” dove ricadono divieti e regolamenti. L’apparato di norme genera spesso insofferenza nelle comunità che ci abitano e nei frequentatori che interpretano questi spazi come di assoluta libertà.

Oggi le aree naturali e i parchi sono considerati davvero un capitale da proteggere e trasmettere al futuro. Questa condivisa convinzione è rinvigorita dalla percezione, più diffusa di quello che siamo soliti pensare, che la natura va protetta per evitare nuove catastrofi. Due forze, provenienti dall’alto e dal basso, aiutano al rafforzamento di questa convinzione: dall’alto, le raccomandazioni di COP 21 e delle grandi potenze della terra sulla crisi climatica e dal basso, la protesta civile di milioni di giovani attivisti del mondo che seguono la loro leader svedese Greta Thunberg, appena diciottenne. Alto e basso coincidono nelle finalità ultime, ma evidenziano approcci e soluzioni differenti nella pratica e sui tempi di riconversione ecologica dei singoli Stati. A molti è chiaro che senza giustizia sociale non ci può essere un autentico e risolutivo cambiamento green, e che i nostri stili di vita e di abitare il mondo nell’ottica della “crescita accelerata” devono essere rivisti. In molti casi l’affannosa ricerca dello sviluppo economico senza limiti, di politiche tese alla creazione massiccia di posti lavoro e di promesse di ricchezza a breve periodo, approda a conseguenze che poi necessitano di ulteriori, nuovi interventi di investimento per correggere errori o disastri sull’ecosistema. La parola magica “sostenibile” in molti casi è usata e abusata per infiocchettare progetti definiti strategici che spesso rispecchiano lo stesso modello “sviluppista” (con un comodo “copia e incolla”), senza tener conto delle peculiarità e bellezza dei luoghi fisici e della loro storia. La modernizzazione dei luoghi in nome dello sviluppo, invocata per contrastare lo spopolamento delle aree interne – fenomeno evidente in Appennino e in parte sulle Alpi, laddove le aree sono meno investite dal turismo – è un tema dibattuto, complesso e globale che impegna una visione convergente sul futuro. Proposte teoriche tante e molto suggestive[1], pratiche politiche, coerenti e risolutive, poche.

Con differente grado di sensibilità, delle volte a corrente alternata, fruitori, gestori, decisori nelle amministrazioni locali e regionali guardano ai parchi e alle aree protette – ambienti molto speciali – con un occhio oggi certamente più consapevole. Le riserve naturali statali italiane sono attualmente  146. Le oltre mille aree protette regionali coprono una superficie di ben più di 1 milione di ettari. In totale la superficie formalmente protetta in Italia è poco più di 3 milioni di ettari, pari a oltre il 10% della superficie territoriale nazionale, “raggiungendo così finalmente l’obiettivo (“la sfida del 10%”) che era stato lanciato nel 1980 a Camerino dai migliori ecologi e conservazionisti dell’epoca”.[2]

Quale è lo stato dell’arte del Lazio? Ci sono 3 Parchi nazionali, 13 Parchi regionali, 14 Aree protette del Comune di Roma, 20 Riserve regionali 13 Monumenti naturali, 2 Riserve statali marine, 10 Riserve Statali terrestri del Lazio[3]. Insomma, un bel capitale naturale: più di un Comune su tre vanta un’area protetta. In altri termini si parla di quasi 206.000 ettari di natura, pari al 12% dell’ intera superficie regionale, una percentuale superiore alla media nazionale.

Intervista a Vito Consoli, Direttore della Direzione Capitale Naturale, Parchi e Aree Protette della Regione Lazio.

Per questo ne parliamo con il Direttore della Direzione Capitale Naturale, Parchi e Aree Protette della Regione Lazio, Vito Consoli: –“La fruizione è aumentata moltissimo. I motivi? Me ne vengono in mente tre. Primo:  “il bisogno di natura” sta aumentando a livello culturale in tutto il mondo occidentale e quindi anche da noi, come frutto di una nuova consapevolezza, di un disagio profondo di chi vive in città non più a misura d’uomo. Secondo: il Covid e le conseguenti misure restrittive hanno accresciuto  questa tendenza in modo esponenziale, creando in alcune aree naturali persino un eccessivo affollamento, una pressione inimmaginabile prima. Terzo: il sistema dei parchi regionali del Lazio è stato capace di aumentare moltissimo, per quantità e qualità, le proprie offerte al pubblico, in termini di eventi educativi, sportivi, divulgativi e culturali. Basti pensare che la scorsa estate sono stati organizzati oltre mille eventi”.

Quindi un bilancio positivo. Ma quale futuro? “Nel Lazio, tra parchi, riserve e monumenti naturali siamo ormai oltre il centinaio e altre aree si aggiungeranno già nelle prossime settimane. Non direi che complessivamente le aree protette siano in crisi. La vita e l’attività di ogni ente di gestione di aree protette è difficile e fatta di alti e bassi, ma è stato sempre così; per questo non bisogna mai abbassare la guardia. Il Parco del Circeo ha avuto un momento particolarmente complicato per difficoltà istituzionali: è stato da poco nominato il nuovo presidente e deve ancora essere rinominato un direttore effettivo. Per il resto, anche nel caso del Parco del Circeo le difficoltà, i problemi, gli attacchi all’integrità del territorio, vanno e vengono da sempre e non sono un problema specifico di oggi. Si tratta di un parco che insiste su territori in cui il contesto è complicato e talvolta risente della vicinanza con territori ad alto tasso di criminalità organizzata e con la possibilità di infiltrazioni nel tessuto socioeconomico. D’altra parte non dimentichiamo che negli ultimi anni è stato adottato il Piano del parco e che presumibilmente con la prossima nomina del direttore si potrà velocemente completare quelle operazioni che porteranno il Piano in Regione per la sua definitiva approvazione”.

Veniamo alla Rete Natura 2000, rete di siti di interesse comunitario creata dall’Unione europea. Come sta la Rete? “Non è complessivamente sotto attacco, ma non mancano i casi in cui bisogna intervenire con decisione. Stiamo, in ogni caso, lavorando moltissimo, sia per adeguare le pur recenti misure di conservazione, sia per migliorare le misure e le previsioni di sostegno economico alle azioni di tutela: è in via di approvazione definitiva il cosiddetto PAF, cioè il quadro di azioni prioritarie, un importantissimo strumento di programmazione che stima tutti i fabbisogni della Rete Natura 2000 e definisce con quali fondi possano essere soddisfatti. Inoltre abbiamo recentemente dato vita a una intensa attività di comunicazione ed educazione (anche grazie ai Social) sulla Rete Natura 2000 che, purtroppo, ancora oggi è largamente sconosciuta e di cui comunque sono in pochi a comprendere l’importanza”.

Ma gli italiani faticano a capire l’importanza di piani, regolamenti e programmazione economico-sociale; in nome dello sviluppo sostenibile, chiedono deroghe e nullaosta che si scontrano con la protezione della natura . “I nulla osta hanno un margine di discrezionalità limitato (e comunque opportuno). Il sistema di regole c’è, ma va meglio articolato, soprattutto grazie all’approvazione e all’aggiornamento dei piani e dei regolamenti. Scontiamo purtroppo una quindicina di anni di ritardi; ma negli ultimi anni la tendenza è stata invertita: nell’attuale legislatura, dal 2018 ad oggi, abbiamo approvato molti più piani che nei dieci anni precedenti. E questo fa ben sperare.  A titolo esemplificativo, poche settimane fa è stato approvato il piano della Riserva Naturale delle Montagne della Duchessa, una delle aree appenniniche di maggiore importanza naturalistica del Lazio”.

Parliamo di presente e futuro del riassetto delle Aree protette del Lazio, tante e non tutte governate in modo esemplare. – “Il presente è una proposta di legge della Giunta regionale (già presentata al Consiglio regionale) che finalmente, secondo le previsioni della legge 29 del 1997, accorperà la gestione di alcune aree protette, ancora gestite da comuni o consorzi di comuni, con quella di aree già gestite da enti parco regionali, gli stessi enti che gestiscono anche aree della Rete Natura 2000. I vantaggi, a mio parere saranno diversi: razionalizzazione di risorse economiche e personale, maggiore coordinamento gestionale e nelle attività di tutela, ecc. Le aree riorganizzate dalla legge sono il Parco della Valle del Treja e le riserve di Tor Caldara, Macchiatonda e dei Laghi lungo e Ripa Sottile. Quest’ultima sarà, secondo la proposta di legge, gestita da un unico ente insieme alla Riserva del Monte Navegna – Cervia e a parecchi siti della Rete Natura 2000 [4].  In definitiva si tratterrà di un importantissimo presidio territoriale di tutela e valorizzazione dell’Appennino e dei Laghi del Reatino. Il futuro, o meglio il sogno nel cassetto, è una riforma complessiva della legge regionale sulle aree protette, che veda l’intero territorio regionale diviso in “tessere di un puzzle”, a ognuna delle quali far corrispondere un ente di gestione che si occupi di tutte le aree tutelate comprese nei suoi confini: parchi, riserve, monumenti naturali, geositi, ZPS e ZSC; e che, anche fuori dai confini di queste aree tutelate in modo specifico, si occupi di rete ecologica, infrastrutture verdi ed educazione ambientale, dialogando con i comuni e in generale con le comunità locali per favorire la sostenibilità economica e ambientale”.

Nel frattempo si attende la risposta della Regione Lazio in merito al progetto del grande ampliamento degli impianti sciistici sul Monte Terminillo[5], considerato la Montagna di Roma, su cui è in corso da anni una lunga battaglia ambientalista diventata un caso nazionale per la presenza di aree ricadenti nella Rete Natura 2000, tanto che il Ministero della Transizione ecologica ha espresso le sue criticità.

Far diventare il Terminillo e i Monti Reatini un parco era un sogno degli anni Novanta del secolo scorso. Per ora resta il sogno nel cassetto.


[1] Half—earth day 2021 “Facciamo a metà? Dividere il pianeta tra umanità e natura”, Tavola rotonda Parco Nazionale del Pollino, 22 ottobre 2021.

[2] Bruno Petriccione, La protezione dei valori ecologici in Italia, Camerino Università degli Studi – Museo delle Aree protette, 2019 , p.43

[3] www.parchilazio.it

[4] www.regioni.it/dalleregioni/2021/07/27/lazio-ambiente-lombardi-r-lazio-ok-a-riordino-aree-narurali-protette

[5] Ines Millesimi, Nuovi impianti sciistici: scempio in vista per la faggeta vetusta del Terminillo?, in “Simbiosi”, vol.4, 2021, pp. 52 – 57. Nella rivista, cfe. altri saggi sull’ambiente del Monte Terminillo.