L’incerto futuro dei Parchi. La nostra voce contro silenzi e tradimenti.

Di Carlo Alberto Graziani, pubblicato sul Notiziario di Mountain WIlderness – Autunno 2021 –

E’ necessario riflettere sulla natura e sul ruolo dei parchi che, per la loro complessità, consentono di affrontare l’intera gamma dei problemi relativi alla conservazione della natura, di individuare i limiti dell’iniziativa politica e istituzionale, di comprendere il disorientamento di operatori e osservatori impegnati nei e per i parchi, di avvertire la gravità dei silenzi e dei tradimenti e di trovare il percorso per reagire.
In questa riflessione i parchi montani assumono particolare importanza perché essi sono sempre stati al centro del dibattito sul ruolo delle aree protette e la loro esperienza ha influenzato molto le scelte del legislatore, perché la storia italiana dei parchi ha origine in montagna e gran parte di essi è situato in aree montane.

Levanne dal Piano del Nivolé, Parco Gran Paradiso. Foto: Toni Farina


La legge quadro sulle aree protette del 1991 e, fino ad alcuni anni fa, gli stessi parchi con la loro azione avevano indicato il cammino: porre alla base dell’azione dei parchi per conservare le risorse naturali e paesaggistiche il rapporto delle persone con la natura e con i suoi valori profondi; affidare i parchi a una gestione speciale, ma sempre fondata sulla partecipazione; realizzare un modello di gestione territoriale effettivamente sostenibile sia per l’ambiente sia per gli abitanti.
Negli ultimi anni, però, la bussola si è rotta: è venuta meno la consapevolezza dell’importanza di una gestione del territorio scientificamente orientata, come dimostra l’eliminazione della componente scientifica nei consigli direttivi dei parchi nazionali; è emersa, anche con il consenso di una parte del mondo ambientalista, un’immagine dei parchi funzionale alla promozione del turismo, con la conseguenza di una impostazione superficiale e banale che tradisce i veri valori; si tende a trasformare i parchi in una sorta di agenzie per lo sviluppo e il tradimento diventa drammatico quando si invocano le royalties come prezzo per la svendita della natura; si apre la stagione dei silenzi: il silenzio dei parchi e sui parchi nei Sibillini e nella Laga dove il sisma del 2016 ha fatto più distruzione. Il silenzio sulla biodiversità che sta accompagnando la grande pianificazione finanziata dall’Unione Europea per la tragedia del Covid 19.

Parco Alpi Marittime. Foto: Toni Farina


Occorre reagire. Dobbiamo farlo con tutti coloro che hanno a cuore il destino dei parchi nella consapevolezza del ruolo strategico che essi hanno per il futuro del pianeta. Abbiamo cominciato con la Carta di Fontecchio che resta, per la sua attualità, documento fondamentale che indica ai parchi la strada per il futuro. Dobbiamo continuare: anche da soli, se necessario, perché MW ha come obiettivo la conservazione dell’integrità dei territori montani e la montagna ospita le risorse naturali e paesaggistiche più preziose.
Occorre però rendersi conto che questo non è il tempo delle riforme: basta con il dibattito sulle proposte “sfasciaparchi” che nella precedente legislatura si era avvitato su se stesso. Questo è il tempo della convinzione e a convincersi sono le persone, non le istituzioni.
Certo, la legislazione vigente attribuisce agli enti locali e soprattutto alle regioni un ruolo che si sta rivelando sempre più determinante, ma quel ruolo viene svolto per rendere incerto o addirittura per impedire il cammino dei parchi e non invece per portarlo avanti. E’ necessario allora capire le ragioni di questo comportamento, ma per capire dobbiamo essere chiari, soprattutto con noi stessi.
A me pare evidente che la ragione sia solo questa: i rappresentanti delle istituzioni non condividono la vera idea di parco perché non la sentono come propria. Sentire come propria un’idea significa accollarsene la responsabilità; ma per accollarsi tale responsabilità occorre conoscerla fino in fondo, proprio perché si tratta di rappresentanti istituzionali, poterla governare con pienezza e non limitarsi a un esercizio ostativo o dilatorio.
Per questo oggi è assolutamente necessaria l’opera di convinzione delle persone sui tre binari della conoscenza, della condivisione e della responsabilità: è nostro compito. Se quest’opera si rivelerà feconda, se cioè crescerà la consapevolezza civica del grande valore dell’idea di Parco, cesseranno silenzi e tradimenti e noi avremo contribuito a dare nuovo alimento all’azione in favore dei parchi, della natura e della montagna.

Carlo Alberto Graziani