L’uccisione dell’orsa amarena, le reazioni a caldo e il rischio di eludere i problemi.

Di Carlo Alberto Graziani

Carlo Alberto Graziani

Alle 23.00 circa del 31 agosto alla periferia di San Benedetto dei Marsi (AQ), nella piana del Fucino, fuori dal Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (Pnalm) e dalla sua fascia di protezione esterna, un’orsa è stata uccisa a fucilate dal proprietario del terreno dove si era introdotta con i suoi due cuccioli. Amarena – così l’orsa veniva chiamata – era molto importante dal punto di vista faunistico essendo giovane e particolarmente fertile, ma era anche diventata famosa perché era stata vista più volte mentre passeggiava tranquillamente nei paesi (solo pochi giorni prima era stata ripresa con i due orsetti nel piccolo centro di San Sebastiano dei Marsi situato nel Parco) e perché era stata la madre del più famoso Juan Carrito, morto nel gennaio scorso investito da un’auto nei pressi di Castel di Sangro. Sia la madre che il figlio erano diventati il simbolo non solo del Parco, ma di tutto l’Abruzzo.

Tante le espressioni di dolore espresse sui social; tanti i giornali e le televisioni nazionali e locali che ne hanno parlato; molte associazioni hanno manifestato il loro sgomento; non sono mancati gli interventi delle istituzioni: dal Ministro dell’Ambiente che ha sottolineato il dovere di fare chiarezza, al Presidente della Regione Abruzzo che si è detto pronto a costituirsi parte civile, al Presidente del Parco che ha manifestato tutto il suo impegno per ritrovare i due orsetti. Unanime la richiesta di punizioni severe ed esemplari per l’uccisore.

Dobbiamo però chiederci se il problema di fondo consista, come oggi sembra apparire, nella punizione di un fatto che comunque è gravissimo e che deve essere punito, ma sul quale dovranno essere i giudici a pronunciarsi sia sul piano penale sia su quello del risarcimento dei danni: se le pene non sono adeguate occorre esigere norme più severe; se le norme non vengono applicate occorre intervenire su chi non le applica. Ma fare a gara per costituirsi parte civile, come stanno facendo istituzioni e associazioni, non ha senso e anche se generalmente, ma non sempre, è espressione di genuina partecipazione e di generosità  finisce per essere solo propaganda: oramai nella nostra società, e non solo in quella abruzzese, vi è un generale consenso – a parte, purtroppo, il caso trentino – sulla necessità di tutelare gli orsi, come dimostra proprio la coralità crescente di sdegno e di dolore che circonda la loro uccisione, e non c’è dubbio che tale sensibilità sia uno degli effetti importanti della gestione dei parchi e in particolare del Pnalm. Il rischio, però, è che i veri problemi della conservazione dell’orso marsicano restino al margine della preoccupazione generale, come purtroppo sta avvenendo.  

A  mio avviso i veri problemi hanno alla base, tra l’altro, tre interrogativi. Come mai l’uccisione è avvenuta in pieno Fucino, cioè in un luogo che è, o dovrebbe essere, completamente estraneo all’habitat dell’orso marsicano? E poi: il fenomeno degli animali cosiddetti confidenti, come Amarena, Juan Carrito e altri orsi e come anche i cervi a Villetta Barrea, ci dà il vero senso del rapporto con la natura o ce ne allontana? E infine: di fronte alle uccisioni provocate volontariamente o involontariamente dall’uomo, che per gli orsi ridotti a una sessantina di esemplari mettono in serio rischio la sopravvivenza della specie, quale deve essere o quali devono essere le strategie efficaci per la sua conservazione?

Sul primo interrogativo è evidente che gli sconfinamenti impropri – cioè quelli che non riguardano territori in cui la natura è sufficientemente conservata e che costituiscono corridoi di collegamento fondamentali per ampliare l’areale di alcune specie faunistiche e in particolare degli orsi – dipendono, in parte, dalla scarsità di fonti alimentari all’interno dei parchi dovuta soprattutto al venir meno delle attività tradizionali (agricoltura e allevamento ovino) che costringe i plantigradi a cercare altrove le risorse per sopravvivere e, in parte, alla facilità con cui essi riescono ad alimentarsi nelle periferie dei paesi (orti, stalle, pollai) o addirittura nei centri abitati (cassonetti e immondezzai vari): una facilità che aumenta nei comuni esterni al loro habitat dove mancano o sono molto minori le forme di protezione (ad esempio le recinzioni) e la specifica vigilanza degli addetti. Si aggiunga che le azioni di contenimento del fenomeno degli orsi confidenti messe in atto dal Parco, nonostante l’impegno e le risorse profuse, non sembra siano state efficaci. Di qui oggi l’assoluta necessità di porre al centro della politica di conservazione dell’orso marsicano le colture a perdere: coltivare terreni all’interno delle aree protette in luoghi adeguati e ampi, finalizzati esclusivamente all’alimentazione ursina (dagli alberi da frutta agli ortaggi, al grano turco). E’ una necessità che continuamente viene sottolineata da più parti, anche in sede scientifica, ma mai negli ultimi anni è stata presa in seria considerazione.

Sul secondo interrogativo dobbiamo guardare la realtà. Stiamo assistendo a uno stravolgimento dei parchi, a partire forse proprio, dal Pnalm. Al parco si va per “vedere” la fauna, non per immergersi nella natura: ci si rivolge a quelle guide che sono in grado di assicurare l’obiettivo; ci si accalca per ammirare gli animali quando passeggiano nei centri abitati, come è accaduto per Juan Carrito, per Amarena e per altri orsi confidenti, come accade continuamente per i cervi; li si fotografano per postarli sui social; si cerca la notte di illuminarli con i fari e addirittura di inseguirli. Si tratta in sostanza di un approccio al parco esclusivamente turistico, ma è purtroppo l’unico conosciuto dagli apparati di potere, incapaci di comprendere il significato profondo del rapporto con la natura, e da essi praticato soprattutto perché procacciatore di consensi. Occorre perciò riflettere attentamente sulla funzione dei parchi che non possono essere ridotti al ruolo di grandi ed eccezionali giardini zoologici né considerati come territori dove si pratica turismo banale secondo una logica meramente economicistica: i parchi, come le altre aree protette, sono luoghi in cui in tutte le stagioni si può godere del rapporto con la natura; i visitatori, come pure gli abitanti, non sono voyeurs da accontentare, ma persone che a tutte le età e in tutte le condizioni possono essere formati al rapporto profondo con la natura e di conseguenza possono raggiungere la piena consapevolezza della necessità di contribuire personalmente e concretamente alla conservazione di essa.

Cervi a Villetta Barrea

Sul terzo interrogativo sono state date, in particolare dal Pnalm, alcune risposte in parte valide, ma nessuna decisiva, come del resto la realtà sta dimostrando: da anni infatti i risultati delle stime della consistenza della specie indicano gli stessi numeri e questi confermano che l’orso marsicano rischia sempre l’estinzione. Vi è invece una risposta che potrebbe essere considerata estrema, ma che proprio per questo dovrebbe, almeno a mio avviso, essere collocata al primo posto ed essa riguarda l’istituzione della banca genetica del seme. Inspiegabilmente però questa istituzione non viene presa in alcuna considerazione dal Parco, eppure permetterebbe la sopravvivenza dell’orso marsicano. La va predicando da tanti anni, quasi in solitudine, ma sulla base di autorevoli ricerche scientifiche oltre che della semplice logica, la Società Italiana per la Storia della Fauna “Giuseppe Altobello”; il suo Presidente, Corradino Guacci, l’ha riproposta in un’accorata lettera al Ministro dell’Ambiente non appena è stata resa pubblica la notizia dell’uccisione di Amarena. La speranza è che quest’ultimo gravissimo episodio apra gli occhi a chi finora li ha tenuti pervicacemente chiusi.

Mi sono permesso, da profano, queste brevi considerazioni su tematiche alle quali da decenni studiosi e appassionati in generale e in particolare tecnici e operatori del Pnalm e dei parchi limitrofi stanno dedicando le loro riflessioni e, alcuni, la loro vita, nella speranza di stimolare ulteriori e più approfonditi interventi e soprattutto di contribuire alla conservazione della natura che è l’obiettivo fondamentale di MW e di tanti visitatori di questo sito.