Non amputate le dita al Parco della Lessinia
Il Parco Naturale Regionale della Lessinia si estende sul territorio di 15 comuni, tredici in provincia di Verona e due in quella di Vicenza, comprendendo tutti i monti veronesi ad esclusione del Monte Baldo. Istituito il 30 gennaio 1990, proprio in questi giorni si celebrano i suoi trent’anni. Ma i festeggiamenti restano in sospeso.
Lo scorso luglio alcuni consiglieri regionali hanno presentato una proposta di modifica dei confini, che prevede di tagliare circa 1700 ettari degli attuali 10.000; si tratterebbe del primo caso in Italia ed in Europa del tentativo di riduzione di un parco naturale. I proponenti si appellano all’osservazione che le aree individuate verrebbero solo declassate come “aree contigue”, perdendo però di fatto le forme di tutela dell’area protetta vera e propria.
Mentre la parte nord del Parco è costituita per lo più da montagne, la parte meridionale si abbassa di quota verso la pianura andando a formare i cosiddetti vaj, ripidi canaloni incuneati tra i monti; el vajo el xe na via bastansa comoda par andar su e rivar in quota. Osservando la cartografia, tre di questi vaj scendono verso sud come a formare delle vere e proprie “dita” protese verso la lontana pianura padana; è proprio lì che vuole colpire la scure della proposta di legge 451, tagliando aree che rappresentano l’ultima testimonianza rimasta dell’antica vitalità dei boschi che nei secoli passati ricoprivano l’intero altopiano, prima che l’uomo iniziasse l’attività di disboscamento espandendo le aree di pascolo. La maggior parte dei comuni della Lessinia e il presidente stesso del Parco hanno espresso parere favorevole a questa riduzione. Viene da chiedersi il perché, ma leggendo l’introduzione al Progetto di Legge qualcosa traspare. Si trova scritto infatti:
“La nuova perimetrazione e la nuova zonizzazione proposte si rendono, altresì, necessarie anche in relazione alla necessità di supportare le imprese agricole, ma anche in generale la popolazione, sempre più interessate da dinamiche faunistiche in presenza di un’accresciuta consistenza di alcune specie di animali selvatici, perlopiù cinghiali, e dell’impatto dei danni da questi causati, danni rilevanti sia per i processi produttivi che per l’ambiente.”
Nei boschi dei vaj trovano rifugio svariate specie di animali selvatici. Il branco di lupi della Lessinia è il primo che si è formato nella parte orientale delle Alpi, originato nel 2012 dall’incontro di un esemplare proveniente dalla Slovenia con una femmina italiana; la decisione presa dalla Regione Veneto nel luglio 2017 di uscire dal progetto LIFE WOLFALPS rinunciando ai finanziamenti europei e all’assistenza tecnica e faunistica prevista dal progetto ha di fatto decretato la fine del tentativo, a dire il vero mai molto convinto, di affrontare in termini reali i problemi creati dalla presenza dei lupi nel territorio della Lessinia. Ma l’animale che forse desta più preoccupazione per l’agricoltura locale è il cinghiale, in continua espansione numerica.
Scriveva Alberto Ballestriero già nel 2017: “Le motivazioni, secondo i proponenti, sono che i cinghiali, che sono diventati una calamità, si rifugiano nei Vaj dove non è possibile esercitare la caccia perché fanno parte del Parco della Lessinia. Parco, secondo i Comuni, sempre visto dalla popolazione “come una cosa calata dall’alto”. Ma è utile ricordare che anche i cinghiali, sono stati “calati dall’alto” in quanto ibridi centro-europei introdotti artificialmente proprio dai cacciatori negli anni 70-80 per avere prede da cacciare. Appare bizzarro che ora i cacciatori siano chiamati a risolvere un problema da essi stessi causato ed è da escludere che riescano a risolverlo, o anche contenerlo, autorizzando la caccia nei Vaj”.
Rincara la dose un consigliere regionale, Cristina Guarda: “Io vivo in una zona, quella Berica, che al contrario dei Lessini non è protetta; in queste aree viene applicato il Piano di Eradicazione del Cinghiale ma nonostante ciò la situazione non è migliorata, e specialmente noi agricoltori continuiamo a vedere i nostri campi devastati”. Va evidenziato che l’Associazione Cacciatori Veneti rappresenta una lobby piuttosto influente; a titolo di esempio, nel 2018 ha deciso di supportare con un finanziamento di 70mila euro l’allora presidente dell’associazione che si era candidata alle elezioni politiche. Dobbiamo ricordare che in primavera 2020 si terranno in Veneto le elezioni regionali?
Altre due questioni sono poi saltate agli occhi degli oppositori del Progetto di Legge. In primo luogo, il venir meno della tutela del Parco alle zone dei vaj apre la strada alla possibilità di cementificazione e di proliferazione di strade; con l’approvazione della proposta di legge in oggetto si potranno tracciare nuove opere di viabilità per facilitare l’accesso ai territori privati, con il rischio di perdere la funzione di zona rifugio per la fauna selvatica e permettendo il passaggio di fuoristrada, motocross, quad e altri mezzi a motore, con rilevanti danni all’ecosistema naturale.
Il secondo grido d’allarme proviene dal mondo della speleologia: la nuova cartografia allegata alla proposta di legge presenta un inspiegabile “buco” sul Corno d’Aquilio nell’area della Spluga della Preta, geosito registrato della Regione Veneto (D.G.R. nr. 221 del 28/02/2017) e una delle più importanti grotte d’Italia, simbolo del paesaggio sotterraneo dei Monti Lessini a livello mondiale che però non ricade in una zona Rete Natura 2000 e quindi ha nelle norme di protezione del Piano Ambientale del Parco della Lessinia l’unica forma di tutela. I proponenti assicurano che si tratta di un errore e che l’ingresso della grotta resterà compreso all’interno del Parco, tuttavia si deve ricordare che circa altre quaranta grotte che si trovano nei vaj e sulle aree di dorsale rimarrebbero al di fuori del Parco e non godrebbero più di tale protezione.
Con tutte queste premesse, ci si poteva aspettare il consueto conflitto tra ambientalisti ed amministratori sulla gestione del territorio naturale, consumato a colpi di articoli di giornale e di post sui social. Ha invece spiazzato tutti la manifestazione organizzata lo scorso 26 gennaio, per l’imponente partecipazione popolare: diecimila persone hanno intrapreso una “marcia gentile” dalla Conca dei Pàrpari a San Giorgio, nel territorio di Bosco Chiesanuova, per sostenere le ragioni già evidenziate in una lettera indirizzata in dicembre 2019 al presidente regionale Zaia e a vari assessori ed amministratori locali e nazionali, una lettera che ad oggi conta l’adesione di ben 138 associazioni (ma la sottoscrizione alla lettera resta tutt’ora aperta) chiedendo a gran voce il ritiro della proposta di legge o in alternativa la sua mancata approvazione. Contestualmente, le associazioni chiedono l’apertura di un tavolo di confronto per discutere del futuro del Parco.
Diecimila persone sullo sfondo della neve e delle nebbie della Lessinia. Vuoi vedere che gli ambientalisti hanno perso la strada dei loro salotti? Cose d’altri tempi, si potrebbe dire. Ma forse gli “altri” tempi sono ora.
Fabio Valentini