Parco Nazionale dello Stelvio: l’ambientalismo italiano chiede il rilancio dell’area in un parco dell’Unione Europea

La conservazione della natura immiserita da una politica priva di etica, progettualità e ridotta a mercato.

E’ deprimente vedere la politica italiana ridursi a fare mercato elettorale utilizzando anche i parchi nazionali.

La visione nazionalista della SVP (Volkspartei) da anni sta cercando di imporre allo Stato italiano lo smembramento del parco nazionale dello Stelvio. Aveva già provato negli anni ’70, ma allora la reazione delle associazioni ambientalistiche e del CAI bloccò i diversi tentativi; ha provato ancora nel dicembre 2010, barattando con il governo Berlusconi i suoi voti al Senato, iniziativa fallita anche questa volta per la mobilitazione degli ambientalisti uniti e del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che rifiutò di firmare un decreto illegittimo che contrastava con i principi costituzionali e con il dettato della legge nazionale sui parchi, la 394/1991.

Ora si è giunti all’ultima fase del lungo mercimonio politico. In occasione delle elezioni nazionali del febbraio 2013 il PD, sostenuto da SEL e dai Verdi altoatesini, aveva concordato con la SVP la cancellazione del Parco nazionale prevedendone lo smembramento in tre realtà provinciali e regionali. Per evitare attenzione e rumore la norma è stata inserita e votata in un complesso articolato della legge di stabilità appena approvata, al comma 339.

Meraviglia il silenzio dei partiti del governo, partiti che hanno da tempo abdicato al loro ruolo di formatori culturali, ad ogni etica, a prospettive di sviluppo legate alla cultura, alla ricerca, alla conservazione del territorio. Invece di ragionare recependo gli indirizzi della Convenzione delle Alpi in tema di conservazione e gestione delle aree protette, hanno scelto di frammentare le politiche tese alla difesa della biodiversità, del paesaggio, della identità culturale delle aree di montagna.

La Convenzione delle Alpi invita a fare rete, a individuare corridoi ecologici di respiro europeo, quindi transnazionali, a investire in progettualità ampie. Il nostro Parlamento ha fatto esattamente l’opposto. Da oltre vent’anni l’ambientalismo italiano propone non di “spaccare” il parco, ma di investire in termini politici e attuativi per portarlo a divenire il parco di riferimento delle Alpi, dando voce al progetto PEACE (Parco europeo delle Alpi centrali) e unendolo ad altre importanti realtà strategiche in termini di politiche conservative, offrendo così nuove opportunità di lavoro per la montagna italiana: il parco delle Orobie, dell’Adamello Brenta, dell’Engadina, degli Alti Tauri, un’area protetta vasta oltre 250 mila ettari, un polmone di natura che acquisirebbe un ruolo fondamentale nella vita delle popolazioni locali e nella difesa dell’ambiente.

Invece di progettare e ragionare su simili sistemi abbiamo appreso in questi giorni che il mondo politico altoatesino, così come quello trentino (assessore all’ambiente Mauro Gilmozzi e senatore Franco Panizza), raccontano favole affermando che un parco diviso in tre realtà risulterebbe più efficiente e più gestibile. Questi politici non ci dicono come da decenni la politica nazionale del Ministero dell’Ambiente, quella delle due province autonome e specialmente della Regione Lombardia abbiano fatto il possibile per screditare la credibilità del Parco Nazionale: creando confusioni amministrative nella gestione dei dipendenti, evitando di approvare i piani faunistici e i piani parco che da nove anni giacciono nei cassetti ministeriali, mantenendo una ingessatura burocratica tesa solo a penalizzare chi nel parco vi vive,ed evitando di avviare progetti credibili di conservazione attiva (cioè di lavoro) nella gestione del paesaggio, della fauna selvatica, della forestazione e del turismo, evitare di eleggere i rappresentanti nei Consigli di amministrazione sia locali e che nazionali scaduti ormai da anni.

E’ l’assenza colpevole dello Stato che indebolisce l’azione del parco e che porta negli amministratori locali sfiducia e stanchezza. A questo dato si sommano le tante piccole e grandi speculazioni che riguardano l’industria dello sci e la caccia che la Provincia di Bolzano sosterrà e avvierà non appena lo smembramento sarà effettivo.

Mountain Wilderness, affiancando l’azione già intrapresa da altre associazioni nazionali, sostiene l’inversione di questa tendenza alla frammentazione, restituendo ai parchi nazionali piena dignità operativa anche attraverso l’aumento degli stanziamenti economici statali che in tre anni sono stati invece più che dimezzati; ritiene necessario investire in tempi brevi in un progetto di maggiore respiro per fare del Parco dello Stelvio il primo e più importante parco transnazionale dell’Europa unita.

L’associazione chiede al ministro competente -e quindi al governo- di bloccare l’attuazione della norma, ancora priva di ampio confronto sociale e del parere della Commissione dei 12 (passaggio costituzionale obbligatorio), ed intraprenderà ogni passo possibile presso le istituzioni statali e locali per evitare che essa diventi effettiva e porti allo smembramento di fatto di uno dei parchi storici del nostro paese. Passaggio che, qualora confermato, porterebbe altre realtà ad imitarne i percorsi e a fare ricadere l’Italia nel limbo delle politiche tese alla conservazione dell’ambiente e della natura.

Il Consiglio Direttivo di Mountain Wilderness Italia onlus
Il portavoce Luigi Casanova

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