Parchi traditi: il documento del comitato etico-scientifico sulla riforma delle legge 394

Il Comitato etico-scientifico di Mountain Wilderness Italia si unisce al dolore di tutta la società civile per la scomparsa del prof. Stefano Rodotà, attivo esponente di questo stesso comitato, oltre che grande sostenitore dei diritti comuni come espressione di un’ autentica democrazia. Le modifiche alla legge quadro sui parchi nazionali che molto probabilmente diverranno norme di legge a breve, erano viste da Rodotà come una negazione di fatto del significato culturale dei beni comuni. Una regressione a forme di localismo mercantilistico che avrebbe soffocato entro le maglie di interessi particolari il diritto universale al godimento della natura. Nel ricordo di Stefano Rodotà e illuminati dal suo esempio, noi, componenti del Comitato etico-scientifico di Mountain Wilderness, sottoscriviamo il seguente documento.

Il documento del comitato etico-scientifico

La Camera dei Deputati, in accordo con il Governo ha licenziato le modifiche della legge 394 del 1991 (la legge quadro sulle aree naturali protette) nel testo pervenuto dal Senato che lo aveva approvato nel novembre 2016. Si tratta nella sostanza in una vera riforma che trasforma le aree protette in strumenti della politica locale e marginalizza ulteriormente quelle che dovrebbero essere le priorità dei Parchi Nazionali. Nell’indifferenza generale è stato consumato un autentico tradimento dei principi su cui poggiava la legislazione ambientale italiana: grigio riflesso di una generale abdicazione del mondo politico dai valori di base della cultura scientifica e umanistica.

I distinguo sono leciti ma anche superflui: la verità è che ci troviamo di fronte a una radicale modifica, al ribasso, di una legge che aveva dato risultati straordinari; l’articolato licenziato non solo appare in più punti caotico e contraddittorio, ma incide pesantemente su alcuni dei principi fondamentali che avevano decretato il successo della 394/91; omette di intervenire su problemi importanti evidenziati dalla esperienza concreta di questi cinque lustri, inserisce quasi di soppiatto norme del tutto estranee alla ratio della legge quadro.

Per quanto riguarda la lesione dei principi:

a) Viene meno il principio della centralità della natura. Ne sono evidente dimostrazione:

– la soppressione della Carta della natura, la quale, anche se ancora, per inadempienza del Ministero dell’ambiente, non è operativa, resta comunque lo strumento in grado di offrire le basi fondamentali di una vera politica delle aree protette;

– il “piano di sistema” che, nelle intenzioni dei proponenti, dovrebbe sostituire il soppresso (nel 1998) programma triennale per le aree naturali che era fondato sui “valori naturali e ambientali” e sui “profili di vulnerabilità del territorio” (art. 3 della legge quadro, che il testo licenziato non recepisce) non riguarda specificatamente la conservazione della natura, ma la lotta ai cambiamenti climatici e lo sviluppo dell’economia verde, obiettivi certamente importanti e strategici che però coinvolgono tutte le istituzioni territoriali e perciò non sono tali da caratterizzare un piano per le aree naturali protette. Sul piano di sistema è stato ottenuto l’unico finanziamento di una certa consistenza (10 milioni annuali per un triennio) che pertanto andrà a sostenere progetti in gran parte estranei alla specificità delle aree protette;

l’introduzione generalizzata nei parchi del principio “chi inquina paga” che dà la possibilità di continuare a svolgere attività che impattano sulle risorse naturali con il versamento di un “corrispettivo” finanziario (royalty) una tantum dal quale – guarda caso! – sono esenti gli impianti turistici di risalita meccanica. Trattandosi di attività impattanti, la gravità di questo baratto non viene meno anche se il corrispettivo è destinato a prendere la forma di remunerazione di servizi ecosistemici;

– la possibilità di continuare a svolgere nei parchi “le attività estrattive in corso e quelle ad esse strettamente conseguenti” (quali, inevitabilmente, proroghe e ampliamenti) che sono le più aggressive nei confronti della natura;

– il mancato divieto dell’uso dei fuoristrada motorizzati nei parchi malgrado siano palesi i danni che essi arrecano al suolo e alla fauna;

l’arcaico meccanismo di controllo della fauna selvatica in eccesso, che non risolverà alcun problema di sovrannumero e anzi aggraverà i casi, aprendo i parchi alla caccia.

b) Viene leso il principio della scientificità della gestione che caratterizza le aree protette di tutto il mondo: in particolare viene abolita la componente scientifica nei consigli direttivi dei parchi nazionali. E’ vero che la riforma prevede il possibile inserimento di un rappresentante delle “associazioni scientifiche” (non meglio identificate), ma è anche vero che tale rappresentante è previsto in alternativa a quello dell’ISPRA. Va specificato che l’ISPRA non è istituto scientifico e soprattutto esso non è scelto sulla base di una designazione del mondo scientifico (Università, Accademia dei Lincei, CNR), come era previsto originariamente dalla legge quadro, ma direttamente dal Ministro dell’ambiente, in evidente dispregio del principio dell’autonomia che deve caratterizzare ogni approccio autenticamente scientifico.

c)Viene snaturato il principio dell’alta qualificazione degli organi di governo dei parchi nazionali: per il Presidente è sufficiente che sia un soggetto di generica “comprovata esperienza nelle istituzioni o nelle professioni” e perciò può essere privo di competenze ambientali e di laurea; per il Consiglio direttivo, fino a oggi composto da rappresentanti degli interessi generali, si stabilisce l’ingresso delle organizzazioni professionali degli agricoltori e dei pescatori , cioè degli interessi corporativi che così prendono il posto degli interessi scientifici; per il Direttore, unico dirigente del parco, non viene risolto il problema del suo profilo (esperto in amministratore, biologo oppure, come sarebbe necessario, assommante entrambi i profili) e la sua individuazione viene effettuata in base a una semplice selezione finalizzata alla scelta di tre nominativi – perciò non in base a un vero e proprio concorso per titoli ed esami con un vincitore e una graduatoria, come avviene per la nomina dei dirigenti pubblici, e neppure in base a un concorso per titoli per accedere a un elenco di idonei, come è previsto attualmente – con l’aggravante che due dei tre componenti della commissione giudicatrice sono nominati dall’Ente parco e che la scelta fra i tre nominativi viene lasciata alla mera discrezionalità del Presidente: dunque, se passa la riforma, si avranno direttori fabbricati in casa sulla base non di rigorosi criteri oggettivi, ma di motivazioni soggettive, legate a esigenze inevitabilmente contingenti.

Per quanto riguarda le omissioni:

a) Non viene accolto il principio della pari dignità tra aree protette di terra e aree protette di mare: queste ultime continuano a essere neglette dalle istituzioni (ridicolo l’aumento finanziario previsto), malgrado la loro riconosciuta rilevanza internazionale, e continuano altresì a essere soggette a una disciplina particolarmente confusa.

b) Non viene in alcun modo aggredita la vera causa della progressiva burocratizzazione dei parchi nazionali che è costituita dalla loro sottomissione al regime della legge 70 del 1975; con la conseguenza che gli enti parco, dotati di poche unità di personale, sono soggetti alla stessa normativa che si applica a enti con migliaia di dipendenti, come l’INPS, per quanto riguarda il lavoro dipendente, i controlli di bilancio, le norme di contabilità e di amministrazione, con conseguenze inevitabilmente paralizzanti.

c) Non vengono riconsiderati il ruolo e la composizione della Comunità del parco che comunque resta un organo fondamentale alla luce dei notevoli problemi emersi dalla prassi e di quelli che scaturiscono dalle rilevanti modifiche previste dalla riforma.

d) Viene completamente trascurata la questione della sorveglianza dei parchi nazionali apertasi a seguito dell’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri previsto dal d.lgs. 177 del 2016 (uno dei decreti “Madia”), il quale oltretutto sembra porre il personale di sorveglianza alla completa dipendenza dell’Arma annullando così quella “dipendenza funzionale” dall’Ente parco prevista prima del decreto.

e) Non si fa cenno al riconoscimento dei siti Natura 2000, cioè dei siti europei più importanti per la conservazione della natura, come aree protette ai sensi della legge italiana: un fatto che dimostra la distanza dei legislatori e di quanti sostengono la riforma dalla missione prioritaria della conservazione naturalistica che la legge 394 pone in primo piano.

f) E che dire del Delta del Po, una delle aree più importanti d’Europa per gli uccelli migratori e la biodiversità, che Governo e Parlamento non hanno avuto il coraggio di trasformare in parco nazionale?

Per quanto riguarda le norme estranee alla legge quadro:

a) Viene introdotta una norma sul riconoscimento ministeriale delle associazioni di protezione ambientale volta ad ampliarne la presenza sul territorio nazionale – da cinque regioni (come previsto attualmente dalla legge 394 del 1986 istitutiva del Ministero dell’ambiente) a dieci – con la conseguenza di negare o togliere il riconoscimento ad associazioni che operano in un territorio limitato anche se sono attive e ampiamente rappresentative.

b) Viene data rilevanza di legge al progetto “APE, Appennino parco d’Europa”, con riferimento alla Convenzione degli Appennini ancora da promuovere e senza specificare il ruolo delle aree protette, che, oltre tutto, crea una posizione di ingiustificato privilegio rispetto ad altri progetti, presenti o futuri, in particolare rispetto a quelli che attuano la Convenzione delle Alpi, ratificata dall’Italia nel 1999, che prevede uno specifico protocollo attuativo sulla protezione della natura e sulla tutela del paesaggio.

Questa riforma, risultato di un lungo e confuso iter parlamentare iniziato nel 2009, ha incontrato l’opposizione, forte, compatta e ragionata, delle associazioni ambientaliste, tra le quali Mountain Wilderness Italia che ha avuto un ruolo di primo piano nella elaborazione delle proposte alternative alle quali i parlamentari della maggioranza non hanno ritenuto opportuno prestare la minima attenzione. La riforma infatti è il segno inequivocabile di una visione delle aree protette in chiave meramente economicistica e localistica ( significativa l’esplicita e trionfalistica ammissione del relatore on. Borghi nel suo ultimo comunicato stampa! ) che tradisce il ruolo a esse affidato dalla legge quadro trasformandole di fatto in una sorta di super-pro loco ( nuova edizione delle Comunità montane?), interessate più alla sagra delle castagne che alla tutela della biodiversità. Le aree protette e in particolare i parchi – come sottolinea la Carta di Fontecchio approvata a Roma il 5 aprile 2016 da otto tra le più importanti associazioni ambientaliste italiane – sono invece chiamati a svolgere una duplice alta missione: conservare la biodiversità e tutelare il paesaggio nei suoi aspetti identitari e in quelli legati alla bellezza; promuovere una cultura e una prassi alternative a quelle dominanti che non sono né sostenibili né responsabili. I parchi potrebbero porsi come modelli virtuosi di uno sviluppo effettivamente sostenibile – non interpretabile in una chiave meramente mercantilistica o comunque di basso conio – che pone al centro il rapporto vitale tra la natura e la persona umana: modelli complessi fondati sulla partecipazione democratica e su metodologie che si basano sulla conoscenza scientifica dei problemi.

Per tutti questi motivi – che annullano completamente gli aspetti positivi pur presenti – noi, componenti del comitato etico scientifico di Mountain Wilderness Italia, dichiariamo la nostra ferma contrarietà al testo votato frettolosamente dall’aula della Camera, e ci auguriamo che il nuovo passaggio al Senato possa portare a un salutare ripensamento. Nel contempo ci impegniamo pubblicamente a non lasciare nulla di intentato per arginare una così grave e irresponsabile deriva.

Per il comitato etico-scientifico di Mountain Wilderness Italia (in corsivo i garanti italiani di Mountain Wilderness International, membri di diritto del comitato)

Firmano:

Prof. Pietro Bellasi: già docente di Sociologia dell’Arte, Unversità di Bologna

Dr. Salvatore Bragantini: economista e editorialista del Corriere della Sera. Alpinista.

Prof. Luisa Bonesio: già prof. di Estetica e Geofilosofia del paesaggio, Università di Pavia

Prof. Duccio Canestrini: docente di Sociologia e Antropologia del Turismo, Università di Pisa e Lucca. Probiviro dell’associazione italiana Turismo Responsabile.

Dr. Alberto Cuppini: esperto in energie rinnovabili

Dr. Federica Corrado: presidente di CIPRA Italia. Ricercatrice in tecniche e pianificazione urbanistica, Politecnico di Torino

Enrico (Erri) De Luca: romanziere, poeta, traduttore, saggista. Alpinista.

Fausto De Stefani: Alpinista, garante di Mountain Wilderness International.

Kurt Diemberger: alpinista, scrittore, film maker. Presidente onorario e garante di Mountain Wilderness International.

Vittorio Emiliani, giornalista, saggista, presidente del Comitato italiano per la bellezza, medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte.

Dr. Massimo Frezzotti: dirigente ricerca ENEA, già responsabile dell’ unità tecnica Antartide. Presidente del comitato glaciologico italiano; Alpinista.

Prof. Carlo A. Graziani: ordinario di Istituzioni di Diritto Privato, Università di Siena. Già presidente del Parco Naz. dei Sibillini

Alessandro Gogna, alpinista, guida alpina, scrittore, giornalista. Garante di Mountain Wilderness International

Prof. Cesare Lasen: già presidente del Parco Naz. delle Dolomiti Bellunesi; botanico e protezionista

Prof. Sandro Lovari: ordinario di Scienze Ambientali e Fauna, Università di Siena

Prof. Paolo Maddalena : prof di Diritto per il patrimonio culturale e ambientale. Università della Tuscia; magistrato. Già Giudice Costituzionale.

Prof. Ugo Mattei: ordinario di Diritto Civile, Università di Torino. Competenze in giurisprudenza, beni comuni e ambiente montano

Franco Michieli, scrittore, pubblicista, alpinista. Garante di Mountain Wilderness International.

Prof. Carlo Alberto Pinelli, alpinista, regista, scrittore. Docente di Cinematografia Documentaria, Università Suor Orsola Benincasa, Napoli. Garante di Mountain Wilderness International

Dr. Stefano Sylos Labini: dirigente ENEA, geologo, esperto di energie rinnovabili e politiche economiche

Prof. Francesco Tomatis, alpinista; ordinario di Filosofia Teoretica, Università di Salerno. Garante di Mountain Wilderness International.

Dr. Stefano Unterthiner : firma del National Geographic. Zoologo e fotografo.

Si associano:

Prof. Franco Pedrotti

Prof. Pancho Pardi

Prof. Paolo Baldeschi e la Rete dei comitati per la difesa del territorio

Prof. Piero Craveri

Prof. Pia Guermandi

Prof. Tomaso Montanari

Prof Giorgio Daidola