Biella: riscopriamo le carte dello storico convegno

Fondamentali furono in vista del simposio del 1987 le “premesse culturali e politiche per una effettiva salvaguardia del ‘valore’ del Monte Bianco”. Di Roberto Serafin

Il faldone è voluminoso, traboccante di fogli dattiloscritti, lettere, appunti. Alessandra Ravelli, direttrice della Biblioteca nazionale del CAI e rappresentante di una delle più illustri dinastie alpinistiche torinesi, lo individua a colpo sicuro nelle moderne scaffalature del Monte dei Cappuccini e ce lo offre in visione. Datato 1987, contrassegnato dal logo del Club Alpino Accademico Italiano, niente di meglio di questo dossier per ricostruire, trent’anni dopo, la storia del Convegno di Biella che chiamò a raccolta nella cittadina ai piedi delle Alpi il fior fiore degli alpinisti di tutto il mondo.

Pinelli e Tazieff copia

Fu un evento che spalancò le porte del moderno ambientalismo alle alte quote e una vera spallata alla deriva che stava prendendo il cattivo turismo in montagna. Giovanni Paolo II portava in quegli anni la sua bianca tunica sul Monte Bianco. Ed è dal Monte Bianco e dalla necessità di salvarne il valore che la storia di Mountain Wilderness comincia prima ancora di emettere i primi vagiti. Un’urgente salvaguardia è quanto si chiese un congruo numero di alpinisti nel 1986 in occasione del bicentenario della prima scalata. Lo si denota dal documento dell’8 agosto di quell’anno diramato dal Club Alpino Accademico Italiano e pubblicato sulla Rivista della Montagna. Un significativo preludio a quanto sarebbe avvenuto un anno dopo con il convegno di Biella e con le Tesi da cui viene fatta iniziare la storia di Mountain Wilderness.
Nel documento “Alpinisti per il Monte Bianco” si chiede alle amministrazioni locali che venga scoraggiata con ogni mezzo “la colonizzazione turistica dell’alta montagna”. Il bersaglio è la Funivia dei ghiacciai della Vallée Blanche “vero insulto all’alpinismo e al paesaggio” e i firmatari (Ives Ballu, Chris Bonington, Agostino Da Polenza, Alessandro Gogna, Silvia Metzeltin, Carlo Alberto Pinelli, Dug Scott fra i tanti) si spingono forse troppo in là sollecitando uno studio per smantellarla. Si è visto con quali risultati.

Mountain Wilderness, Punta Helbronner, 16 agosto 1988 – foto Archivio MW Italia

Perché come temevano questi padri dell’ambientalismo alpino, in questi trent’anni, la colonizzazione turistica ha completamente cambiato la faccia del Monte Bianco se solo si pensa che la funivia Skyway ha portato in due anni più di mezzo milione di turisti da Courmayeur alla Helbronner grazie alle ipertecnologiche cabine girevoli.
Complice l’Anno europeo dell’Ambiente dell’Ambiente, l’idea è quella di organizzare nel 1987 un “primo Convegno internazionale centrato sui temi e i problemi della difesa del ‘senso’ dell’esperienza in montagna; esperienza intesa come rapporto creativo con un ambiente eccezionale, vergine e selvaggio”.
L’atto che ufficialmente sancisce la nascita del Convegno di Biella porta la data
del 4 aprile 1987 e ha per oggetto le deliberazioni del Consiglio generale dell’Accademico riunitosi quel giorno. In particolare viene fissata la composizione del Comitato CAAI per l’organizzazione di cui fanno parte Lodovico Sella e il presidente generale Roberto Osio, quindi via via Guidobono, Rabbi, Rossi, Pinelli, Sicola, Furlani, Angelino, Ramella, Ghigo e Piazzo in veste di segretario.

A. Gogna, 14.09.1988, discesa del Canalone del Gigio, Marmolada Pulita 1988, Dolomiti.

Da New York fa sentire nel frattempo la sua voce l’accademico Mario Salvadori, illustre matematico inviso al fascismo, con una serie di riserve. E se l’iniziativa del convegno, si chiede Salvadori in un dattiloscritto, venisse interpretata come un tentativo anti-democratico di imporre a una vasta zona delle condizioni che ne possono escludere la maggioranza dei visitatori, a solo vantaggio degli alpinisti? E come pretendere di parlare e nome delle popolazioni locali imponendo loro dei sacrifici di carattere finanziario che ne impediscano il benessere materiale?

Mario Salvadori

“Allo scopo di evitare l’antagonismo delle amministrazioni e popolazioni locali”, raccomanda Salvadori, “è assolutamente necessario che, non appena l’iniziativa del CAAI sia stata approvata da tutti gli enti alpinistici invitati, si organizzino riunioni con enti amministrativi locali e nazionali e con rappresentanti delle popolazioni della zona allo scopo di raggiungere compromessi accettabili a tutti, senza i quali l’iniziativa fallirebbe”.
In realtà sulle popolazioni alpine il documento conclusivo si mostrò evasivo. Una pecca probabilmente nell’impianto complessivo delle Tesi di Biella. “Troppo complesso”, vi si legge, “sarebbe, in questa sede, trattare in modo credibile ed esauriente il problema dei rapporti tra l’alpinismo e le popolazioni delle montagne. Tale problema tuttavia esiste; la comunità degli alpinisti deve impegnarsi ad affrontarlo”.
Contrario a ogni compromesso si dichiara a sua volta in una lettera il francese Samivel, scrittore elegante e geniale illustratore di opere in stile alpino, raccomandando che venga ridotto al minimo l’impiego di mezzi meccanici e che, in particolar modo, venga assolutamente prescritto l’uso degli elicotteri a scopo turistico.

Negli atti ufficiali custoditi al Monte dei Cappuccini spicca il nome di Reinhold Messner che giusto nel 1986 entrò nella leggenda, primo uomo ad avere scalato tutti gli ottomila. Messner che parteciperà ad alcune delle prime eclatanti iniziative di Mountain Wilderness, salvo in seguito dissociarsene, a Biella risulta assente giustificato.
Ma a gettare nello sconforto gli organizzatori il 20 ottobre 1987, una decina di giorni
prima che s’inizino i lavori, è una lettera in cui anche Walter Bonatti annuncia il suo forfait. Non è sulle questioni di principio che Bonatti dissente.

Walter Bonatti. Foto: Wikipedia

Nel dattiloscritto riafferma, anzi, “la spontaneità e il calore” con cui fin dall’inizio ha accolto il progetto di questo convegno e il relativo invito a parteciparvi. Il motivo è da ricercare nella presenza, nella lista degli invitati, “di persone che io reputo trovarsi in netta contraddizione con il carattere idealistico e molto significativo della manifestazione”.
Roberto Serafin