Buchiamo il gruppo del Sella?

Di Luigi Casanova

Sono anni che una minoranza di imprenditori ladini, per lo più concentrati in Val Badia, propongono di “bucare il gruppo del Sella”. I loro obiettivi? Snellire il traffico nelle valli ieri e oggi quello di liberare i passi dall’ingombro delle auto. La proposta sembra semplice e di grande effetto: bucare il gruppo del Sella con un tunnel che colleghi le vallate dell’Alto Adige con il Veneto. Ovviamente non si può trascurare la terra “ladinia trentina”, cioè la valle di Fassa. Il tunnel collegherebbe quindi le valli Badia, Gardena, Arabba e Canazei con al centro della montagna una grande rotatoria direzionale. Un progetto osannato come “green” e come “sostenibile”, solo un attimino costoso. Se fino a qualche anno fa c’era poco da allarmarsi vista l’insostenibilità economica dell’opera e il suo impatto ambientale, oggi la proposta deve preoccupare. I promotori infatti fanno riferimento al Recovery Fund, vorrebbero attingere a parte dei 209 miliardi che l’Unione Europea ha destinato all’Italia per sostenere la rinascita economica del dopo Covid 19. E approfittare dell’appuntamento olimpico con un’opera, come si dice, che rimarrebbe al servizio delle popolazioni locali.

Luca Zaia, Presidente della Regione Veneto. (Foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)


Il governatore del Veneto, Luca Zaia, sempre impulsivo quando si tratta di sostenere nuova viabilità e cementificazione, si è detto favorevole ed ha incaricato con urgenza la sua Assessora regionale ai lavori pubblici Elisa De Berti di portare avanti la procedura burocratica. I governatori delle province autonome di Trento e Bolzano, più cauti e probabilmente astuti, mantengono un rigoroso riserbo, “seguono il tutto con partecipata attenzione”.
Una breve riflessione. Il problema del turismo in Dolomiti, sia invernale che estivo, è il traffico nei fondovalle. Vallate che diventano impraticabili, code dove si procede a passo d’uomo, quando va bene. Un simile potenziamento della mobilità privata impedirebbe qualunque azione tesa a convincere l’ospite a lasciare il mezzo privato in albergo e a utilizzare per gli spostamenti i mezzi pubblici o gli impianti di risalita esistenti. Si dice che una simile rotatoria sottoterra libererebbe i passi dalle auto. Altra scemenza. Chi sale sui passi lo farebbe ugualmente, sui 4000 passaggi estivi giornalieri il traffico di transito da una valle all’altra è minimale, 700- 800 automezzi. L’obiettivo del turista infatti è raggiungere con facilità e a basso costo le alte quote, avvicinare le cime per poter dire di essere stato in montagna.

Sassolungo. Foto: Sergio Ruzzenenti


Tralasciamo per carità di patria riflessioni più profonde: le conseguenze che un simile tunnel porterebbe sulle falde acquifere, la gestione dei materiali di scavo (in zone ormai urbanizzate, prive di spazi liberi sicuri), la gestione dell’aumento di traffico conseguente l’opera. Documenti strategici che dovrebbero portarci ad una inversione di tendenza nella pianificazione territoriale e della mobilità (Laudato Sì, l’Agenda 2030 dell’ONU, gli allarmi del mondo scientifico sulle conseguenze dei cambiamenti climatici in montagna) per questa misera classe di amministratori pubblici sono barzellette. Abbiamo ancora una classe amministrativa che tende a copiare la cultura dello sviluppo illimitato, propria degli anni ’60 – ’70. Il 76% dei veneti che ha ridato fiducia ad un governatore come Zaia forse comincerà a riflettere sulla sua limitata visione del futuro. Come pure gli abitanti della terra ladina dovrebbero riflettere sulla qualità del turismo sulla quale vogliono investire e su cosa significhi una gestione attenta e veramente sostenibile di quanto rimasto di intatto nelle Dolomiti.

Luigi Casanova