Catturato Papillon, l’orso “problematico”. In fuga da un anno, aveva irriso politici e tecnici, era appena ritornato nei suoi luoghi d’origine

Luigi Casanova, a caldo, racconta la tragedia dell’orso Pappillon catturato ieri sera.

Papillon, si, noi lo chiamiamo così, non con la “nazista” sigla M49 utilizzata dai dirigenti e politici del Trentino, è l’orso che la Provincia di Trento ha definito problematico, colpevole di comportarsi da orso, perché si è permesso di dimostrare intuito e intelligenza incredibili.
E’ proprio l’emblema della wilderness assoluta, anche in un territorio come quello della Provincia, esageratamente urbanizzato. Ora deve pagare un suo difetto: quando può si ciba di animali domestici, o perché lasciati liberi, o perché non adeguatamente seguiti o correttamente gestiti dai loro proprietari.
Dal politico questo comportamento è ritenuto colpa grave infatti: è condannato, senza processo, con una ordinanza dello scorso anno, all’ergastolo. Ora che è stato catturato almeno rendiamo omaggio alle sue doti sintetizzando la sua storia-avventura.

La storia di Pappillon, brutalmente detto M49

Nel luglio dello scorso anno, dopo innumerevoli tentativi falliti, venne catturato in un tubo-trappola. Venne portato nel recinto-galera di Casteller (TN) e in poche ore, non appena ripresosi dai sedativi, mentre era sorvegliato speciale, riesce ad evadere: superò una doppia barriera, elettrificata, reti altre oltre 4 metri studiate appositamente per impedire ogni fuga a qualsiasi orso, e scompare. Vaga per tutto l’estate sui monti della Vigolana, del Lagorai dove sverna in un ambiente a lui sconosciuto. Nella primavera, uscito dal letargo, si fa notare, o con leggere predazioni di alveari ma anche attraversando dei paesi in valle di Fiemme e a portarsi verso il Sudtirol. Intuisce che quel territorio è meglio evitarlo.


Alcuni comuni altotesini (con il benestare della Provincia di Bolzano) avevano votato l’indecenza, delibere che dichiaravano i loro comuni liberi da lupi e orsi: se si faceva vedere sicuramente veniva abbattuto. Ritorna quindi sui suoi passi, durante il mese di aprile, con grandi spostamenti, riattraversa Fiemme, il Lagorai, la Valsugana, finisce nel gruppo del Carega, in Lessinia nel Veneto, ed ancora sopra le montagne del lago di Garda verso Malcesine fino a ritornare in valle dell’Adige dove, questo è incredibile quanto la fuga, attraversa tre barriere fra loro parallele, ritenute insormontabili per un selvatico: ferrovia, fiume Adige, autostrada del Brennero. E dove arriva? Da dove era partito, dove aveva vissuto dalla nascita fino alla cattura, nelle Dolomiti di Brenta, in val di Breguzzo. Ha solo stupito esperti e suoi fans, tanti, ha dimostrato la capacità di ritrovare zone famigliari pur partendo da un ambiente sconosciuto, complesso, sia dal punto di vista morfologico che in termini di barriere-infrastrutture.

La cattura

E’ stato seguito e catturato dai segugi della Provincia, l’ordinanza della sua “rimozione” non era mai stata annullata. Inseguito anche perchè non appena arrivato nelle zone di sua conoscenza è ritornato a comportarsi da orso, cibandosi di animali domestici non sufficientemente controllati, ha forzato le porte di baite, di un rifugio. Confermando il giudizio emesso nel processo farsa dello scorso anno sia dai politici del centrosinistra prima e a seguire dalla destra che oggi governa il Trentino: un esemplare “problematico”.
Noi tutti non possiamo che rimanere stupiti dalla sua forza, dalle sue capacità. Queste sue avventure che lo hanno inserito in un’aurea di leggenda, sono comportamenti che confermano come noi umani dovremmo avere maggiore rispetto delle caratteristiche e dei comportamenti di questi animali.
La Provincia autonoma di Trento ancora una volta esce macchiata e perde credibilità. Già i suoi servizi hanno provocato la morte di due orse, ora la detenzione, assieme ad altri ritenuti problematici, di Papillon. Sono questi i comportamenti che costruiscono la credibilità politica e sociale di un ente. Non c’è dubbio alcuno, il Trentino, peggio ancora qualora possibile l’Alto Adige, nelle decisioni rivolte alla gestione della fauna selvatica continua a dimostrare una assenza di etica e di sensibilità difficilmente riscontrabile altrove.

Luigi Casanova