Diga sul Vanoi, il NO arriva dalla piazza e dalle genti di montagna.

L’acqua è un bene comune. Le genti di montagna ne sono i gestori primi perché capaci di risparmio e sobrietà. Di Luigi Casanova

Oltre 300 persone si sono radunate a Lamon (BL) per spiegare il deciso NO alla costruzione di una diga sul torrente Vanoi, in val Cortella (Trentino). Nella piazza centrale del paese si è assistito a un’esibizione corale, un coro diretto dall’attivista e scrittrice Sara Segantin che ha coordinato oltre 20 interventi, una sintonia di voci che hanno rappresentato le istituzioni locali, (comuni, provincie, regioni), associazioni (Mountain Wilderness, Italia Nostra, CAI), comitati locali, studenti, artisti. Tutte voci che con tonalità diverse hanno attaccato il Consorzio del Brenta, ente che sostiene la costruzione della grande diga. Senza coinvolgere i territori, provando a imporla solo per fare un “favore” alla ingorda e arrogante agricoltura del basso Brenta, e perché no, ai cementatori del territorio.
A questo coro si affiancano oltre 8.000 firme raccolte ai tavoli nei paesi, ordini del giorno di comuni trentini e bellunesi, il sostegno di diversi partiti e, ora, l’imbarazzo di quanti la diga l’hanno sostenuta nelle istituzioni, a partire dal Presidente del Veneto Luca Zaia Nel 2020 la giunta regionale dichiarava la diga strategica, nel 2022 lo ha fatto il Consiglio regionale del Veneto, ancora il 4 maggio 2023 Zaia dichiarava che la struttura era la prima priorità del Veneto, mentre gli amministratori della Provincia di Trento tenevano l’idea nascosta alle minoranze, ai sindaci, agli abitanti della montagna.

Oggi, grazie il movimento di massa tanto attivo anche Zaia prova la retromarcia, dapprima nell’affermare che la decisione spettava ai tecnici. Oggi si defila con un NO più determinato e il suo collega di partito che governa il Trentino promette scintille, anche giudiziarie, contro il progetto.
Come la piazza ha spiegato il No alla proposta?
Innanzi a tutto perché si tratterebbe di un’imposizione, una ulteriore rapina di suolo naturale e biodiversità. In secondo luogo perché il territorio interessato nella pianificazione della Provincia di Trento è definito a massimo rischio geologico, si rischia un altro Vajont. Ma anche perché l’acqua del torrente è insufficiente a soddisfare tutte le richieste del progetto, fra loro incoerenti e insostenibili (laminazione, idropotabile, riserva contro le siccità della pianura, idroelettrico, ricreazione). E tema principale: ci sono alternative, molto meno costose (da oltre 200 milioni a meno di 20) e addirittura rigenerative dei corsi d’acqua e degli ambiti naturali. I comitati locali hanno ribadito la richiesta dell’istituzione di un parco fluviale sul torrente. Mountain Wilderness ha invocato l’opzione zero, il ritiro di ogni progettazione, l’apertura di un tavolo di confronto che contempli sia le esigenze della pianura, ma anche i diritti alla qualità del vivere della popolazione di montagna.

Due passaggi dell’intervento dell’associazione. – “E’ vero, l’acqua non è nostra. Ma è anche vero che noi genti delle montagne ne siamo i primi custodi. Per questo motivo non possiamo permettere a chi si presenta come padrone, a chi si vorrebbe imporre con la forza delle istituzioni, di sottrarci una risorsa collettiva tanto importante”. – Concludendo – “Chi oggi consuma e spreca? In modo pesante la pianura! E allora è lì, in pianura che si deve cominciare a intervenire, cambiando l’agricoltura, le produzioni e i metodi di coltivare”. Altri, rispondendo a Zaia, hanno affermato che il problema non è tecnico, ma politico. E’ la politica che deve dire basta al consumo di suolo, è la politica, attraverso finanziamenti e ricerca, che deve sostenere le alternative a questi mostri di cemento, alla violenza imposta ai corsi d’acqua.

L’intervento di Luigi Casanova sul palco

E’ vero. L’acqua non è nostra. Ma è anche vero che noi genti delle montagne ne siamo i primi custodi. Per questo motivo non possiamo permettere a chi si presenta come PADRONE, a chi si vorrebbe imporre con la forza delle istituzioni, di sottrarci una risorsa collettiva tanto importante.

Non possiamo permettere a chi ci ha presentato una parvenza di studio di fattibilità di impadronirsi di un bene comune, per poi sprecarlo nell’uso.

Proprio perché noi genti delle montagne non ne siamo comunque padroni, ma gestori, capaci di risparmio, capaci di solidarietà, forti del senso del limite, sappiamo di dover far convivere esigenze diverse nell’uso della risorsa idrica, al Consorzio del Brenta diciamo:

Ritira la proposta. Apriamo un confronto serio, dove vi presenterete con umiltà, e assieme affrontiamo l’opzione zero alla diga, approfondiamo le tante alternative presenti: meno costose, meno impattanti, capaci di rigenerazione e non distruttive di ambienti naturali. I corsi d’acqua, tutti, hanno diritto di vita completa, di respiro, di dignità, di personalità. I corsi d’acqua sono sempre stati generosi, ci hanno offerto lavori artigianali, ci offrono energia, ricreazione. Se rispettati. Anche oggi i corsi d’acqua, dal Vanoi alla Brenta, ci possono offrire lavori nuovi e stabili. Le nostre proposte alimentano non solo naturalità, ma anche economia, perché tutte debbono essere gestite nel tempo, hanno bisogno di confronto continuo che coinvolga  una moltitudine di saperi e intelligenze diverse. Possono dare lavoro a noi in montagna i corsi d’acqua, ma anche a voi in pianura; possiamo, insieme costruire progettualità per la sicurezza di tutti”.

Chi oggi consuma? Chi spreca? In modo pesante la pianura!!! E allora è lì, in pianura che si deve cominciare a intervenire, cambiando l’agricoltura, le produzioni e i metodi di coltivare. Investendo nel risparmio e nella sobrietà. Come del resto dobbiamo fare in montagna.

I nostri progetti costruiscono “cittadinanza terrestre” (Andrea Bariselli), ci permettono di superare visioni particolaristiche, di evitare disarticolazione, conflitti, perché è con le nostre proposte che si costruisce comunità interattiva. Si lavora in una grande famiglia che unisce le esigenze di chi abita le montagne a quelle di chi abita le pianure e i fondovalle.

Perché questo disegno di armonia si consolidi è necessario un passaggio immediato: il ritiro del progetto della diga, sia questa grande o piccola.