Ghiacciai Artificiali ?

(post pubblicato in inglese sul blog di glaciologia dell’European Geoscience Union, preparato con la collaborazione di Maria Scheel e Marie Cavitte: https://blogs.egu.eu/divisions/cr) di Giovanni Baccolo. https://storieminerali.it/

I ghiacciai possono essere classificati secondo diversi criteri. Possiamo guardare alla forma, alle dimensioni, al tipo di fronte che essi presentano e a molte altre caratteristiche. Un nuovo parametro che sta acquistando importanza in questi anni è l’artificialità. Esatto, oggi esistono alcuni ghiacciai artificiali. Sono ghiacciai il cui comportamento è direttamente influenzato da interventi umani al fine di migliorarne le condizioni e allungarne l’esistenza. È questa una pratica sostenibile o addirittura un modo che abbiamo di contrastare il cambiamento climatico? Decisamente no, scopriamo perché.

Figura 1. Il ghiacciaio del Presena nelle Alpi Centrali (Adamello-Presanella) è uno dei più famosi ghiacciai artificiali. Qui siamo a Settembre 2020 ed è possibile osservare un gatto delle nevi intento a rimuovere i teloni che coprono il ghiacciaio in estate, alcuni sono ancora visibili nella parte alta del ghiacciaio. Ghiacciaio o un cantiere? [foto Giovanni Baccolo]

Definizione

Si definisce ghiacciaio artificiale un ghiacciaio che dato il suo contesto geografico e climatico dovrebbe essere scomparso o notevolmente ridotto, ma sopravvive grazie ad interventi artificiali finalizzati alla sua conservazione. Un altro nome per questi ghiacciai può essere quello di ghiacciai economici perché gli sforzi portati avanti per rallentarne il ritiro sono dovuti alla protezione di un interesse economico, come la conservazione della neve per lo sci invernale o il mantenimento del turismo dei ghiacciai.

Una nuova categoria glaciale

Le tradizionali classificazioni sviluppate per distinguere i ghiacciai tra loro non accennano alla categoria dei ghiacciai artificiali, dal momento che quest’ultima ha assunto una certa importanza solamente negli ultimi anni. Tipicamente i ghiacciai sono raggruppati in base alla loro morfologia, alle dimensioni o alle dinamiche che ne governano il comportamento. Un elemento che era considerato scontato quando queste classificazioni sono state sviluppate è che i ghiacciai fossero espressione di processi esclusivamente naturali. Oggi non è più così.
Ora è diventato necessario distinguere tra ghiacciai naturali e artificiali, poiché il comportamento di alcuni ghiacciai è oggi direttamente influenzato da interventi umani. A ben vedere noi esseri umani stiamo già interferendo sui ghiacciai della Terra perché l’attuale clima “artificiale” ne sta pesantemente e negativamente influenzando il comportamento. Quando parlo di ghiacciai artificiali non mi riferisco però a questo tipo di interferenza. Sto parlando di interventi condotti su alcuni specifici ghiacciai al fine di allungarne l’esistenza, rallentandone il ritiro.

Come si trasforma un ghiacciaio in un ghiacciaio artificiale?

La vita di un ghiacciaio dipende essenzialmente da due cose: (1) l’accumulo di neve e (2) l’ablazione, vale a dire la perdita di neve e ghiaccio durante la stagione calda. In un ghiacciaio in salute e stabile i due processi sono in equilibrio. Quando l’accumulo prevale, il ghiacciaio si espande (una condizione sempre più rara), se invece a dominare è l’ablazione il ghiacciaio si contrae.
In un ghiacciaio artificiale accumulo e/o ablazione sono almeno parzialmente controllati attraverso interventi umani. Come è possibile? Dal momento che i processi che controllano il comportamento del ghiacciaio sono due, accumulo e ablazione (vedi la Figura 2), per allungarne l’esistenza è necessario intervenire su di essi. Abbiamo due possibilità: (1) possiamo aumentare l’accumulo di neve sul ghiacciaio, o (2) possiamo limitare la perdita di neve e ghiaccio durante l’estate.

Figura 2. Una visione schematica che mostra il comportamento di un ghiacciaio e come possiamo intervenire per trasformarlo in un ghiacciaio artificiale per rallentarne il ritiro. (disegno Giovanni Baccolo)

La seconda opzione è sicuramente la più semplice da portare avanti, ma come fare? Per ridurre la perdita di neve e ghiaccio si potrebbe raffreddare l’aria intorno a un ghiacciaio, ma come capirete questa soluzione è oltremodo complicata e dispendiosa da realizzare. La copertura di un ghiacciaio con dei teli è sicuramente un metodo più semplice. I teli hanno la funzione di proteggere il ghiacciaio dalla luce solare e dal calore. Quando un ghiacciaio si ritira, sulla sua superficie si accumulano tutte le impurità un tempo intrappolate nel ghiaccio, andando a scurirne la superficie e aumentando la quantità di energia solare assorbita. Ciò accelera ulteriormente la fusione del ghiaccio in quello che è definito un ciclo di feedback positivo. Coprire un ghiacciaio con un telo bianco riduce l’energia solare assorbita dal ghiacciaio stesso e rallenta la fusione del ghiaccio. In termini tecnici si diche che i teloni bianchi aumentano l’albedo del ghiacciaio. Ciò significa che la quantità di energia solare riflessa indietro dal ghiacciaio aumenta e diminuisce invece quella assorbita a disposizione per la fusione. È stato stimato che l’applicazione delle coperture riduce la fusione di circa il 60 % (Huss et al., 2021).
La pratica della copertura dei ghiacciai è diffusa specialmente sulle Alpi, dove sono presenti diversi ghiacciai coinvolti in questi progetti da svariati anni. Giusto per citarne alcuni: il ghiacciaio del Presena (Figura 1 e 3), il ghiacciaio del Rodano, del Diavolezza, di Gurschen, del Corvatsch, ma ce ne sono altri disseminati tra Francia, Svizzera, Italia e Austria.
Il ghiacciaio del Morteratsch (Svizzera) è l’unico dove si sta pensando di adottare un approccio alternativo alla copertura. Invece che stendere le coperture in estate, su questo ghiacciaio è stato proposto di aumentare artificialmente la quantità di neve accumulata in inverno, attraverso un intenso programma di innevamento programmato (Oerlemans et al., 2017).

Ghiacciai artificiali, perché?

Ora che sappiamo come trasformare un ghiacciaio in ghiacciaio artificiale per rallentarne il declino, rimane una cosa da capire. Perché dovremmo farlo? Coprire un ghiacciaio con i teloni bianchi o installare un gigantesco complesso di cannoni spara-neve è estremamente dispendioso. Huss e colleghi (2021) hanno stimato che per salvare artificialmente un metro cubo di ghiaccio dalla fusione, è necessario spendere una cifra che oscilla tra 1 e 10 euro all’anno. Ovviamente preservare un singolo metro cubo sarebbe una pratica inutile e fine solo a sé stessa. Un ghiacciaio alpino di medie-grandi dimensioni ha un volume di circa un chilometro cubo di ghiaccio, vale a dire un miliardo di metri di cubi. Per osservare un effetto sulla scala di un intero ghiacciaio, servirebbe preservare decine di migliaia di metri cubi di ghiaccio, ogni anno per numerosi anni, con costi che sarebbero quindi dell’ordine delle centinaia di migliaia di euro all’anno per ciascun sito considerato. I ghiacciai artificiali sono costosi da mantenere e questo spiega perché solo pochissimi ghiacciai fino ad ora siano stati convertiti in artificiali.
L’unica ragione per cui qualcuno può accettare di spendere così tanti soldi è per avere un ritorno economico indietro. Nella maggior parte dei casi i ghiacciai artificiali sono mantenuti per risparmiare le risorse da destinare all’innevamento programmato. Mi spiego: molti ghiacciai artificiali ospitano piste da discesa per lo sci alpino. Se si riesce a preservare la neve e il ghiaccio presenti sul ghiacciaio, si risparmieranno soldi in inverno. Questo perché in inverno ci sarà un minor bisogno di neve artificiale durante la stagione dello sci, la cui produzione è anche più costosa rispetto alla copertura dei ghiacciai in estate. Non a caso queste operazioni sono portate avanti dalle compagnie che gestiscono piste e impianti di risalita.
Un altro motivo per rallentare il ritiro dei ghiacciai è perché spesso essi sono vere e proprie risorse turistiche. Quando ben visibili e facilmente accessibili, i ghiacciai delle Alpi attraggono turisti da tutto il mondo. Alcune località turistiche alpine sono preoccupate per l’impatto che la scomparsa dei ghiacciai potrà avere sulla locale economia turistica e per questo hanno chiesto che siano portati avanti progetti come quello che riguardano il ghiacciaio del Morteratsch. In quel caso coprire il ghiacciaio non va bene, perché è proprio in estate che il ghiacciaio deve mostrarsi in tutto il suo splendore e non essere intrappolato dai teli. Per questo l’approccio proposto per il ghiacciaio del Morteratsch è diverso e prevede di aumentare l’accumulo della neve in inverno invece che utilizzare le coperture estive.
In soldoni un ghiacciaio artificiale esiste solamente perché la sua esistenza fa risparmiare una quantità di denaro maggiore rispetto al costo da destinare al suo mantenimento. È per questo che li possiamo chiamare anche ghiacciai economici.

Figura 3. Il ghiacciaio del Presena visto dall’alto. Una scheggia di ghiaccio in un mare roccioso. [foto Giovanni Baccolo]


E riguardo alla sostenibilità?

Quando leggo le notizie che parlano dei ghiacciai artificiali, spesso trovo un passaggio che descrive gli impatti positivi che tali pratiche hanno sui ghiacciai, dal momento che allungano loro la vita limitandone il ritiro. In un certo senso i ghiacciai artificiali sono descritti come un rimedio agli effetti del cambiamento climatico. Sorrido sempre quando leggo questi passaggi. Creare un ghiacciaio artificiale è una pratica in fortissima contraddizione con il concetto di sostenibilità ambientale e non ha nulla a che vedere con la scienza del cambiamento climatico.
Sono stato una volta su un ghiacciaio artificiale mentre gli operai stavano rimuovendo i teloni bianchi alla fine dell’estate. Non è stata una bella visione e nemmeno una bella esperienza di sostenibilità! L’intero ghiacciaio era attraversato dai tubi per trasportare l’acqua di alimentazione per i cannoni sparaneve e dai cavi che servivano ai gatti delle nevi per muoversi sul ghiaccio ripido. Inoltre, dopo aver rimosso i teloni la superficie del ghiacciaio è rimasta piena di fibre rilasciate dai teli stessi. Esse hanno cominciato a intrappolare e accumulare lo sporco trasportato dall’acqua di fusione. Il ghiacciaio alla fine era ricoperto da una patina di sedimento artificiale composto dalle fibre e dai pezzi di plastica e metallo degli utensili usati per fissare i teloni al ghiaccio. Più che un ghiacciaio, sembrava il marciapiede sporco di una grande città.
Non dobbiamo poi dimenticare le emissioni prodotte per mantenere i ghiacciai artificiali. Non so esattamente quanto consumi un gatto delle nevi per sistemare e rimuovere i teloni, ma immagino non sia poco. Bruciare combustibili fossili per combattere un effetto della combustione degli stessi combustibili fossili. Cominciate a cogliere la natura paradossale di questi interventi? Inoltre, per stimare l’impatto totale di queste pratiche dobbiamo anche considerare la produzione e lo smaltimento dei teloni. Sono utilizzati per diverse stagioni, ma sono fatti di polimeri derivati dal petrolio (poliestere o polipropilene per lo più). La creazione di un ghiacciaio artificiale ha quindi notevoli e diversi impatti negativi sull’ambiente. Produce emissioni di carbonio in atmosfera, inquina i ghiacciai stessi e richiede una grande quantità di risorse non rinnovabili.
Il cambiamento climatico artificiale sta minacciando i ghiacciai della Terra. Come glaciologo trovo che tentare di salvare i ghiacciai producendo ulteriori emissioni in atmosfera e inquinamento non abbia senso da un punto di vista ambientale. Può essere temporaneamente e localmente utile da un punto di vista economico, ma non date credito a chi sostiene che coprire un ghiacciaio per salvarlo sia una pratica sostenibile o addirittura a favore dell’ambiente.

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