Gli effetti collaterali dei grandi eventi. Come accaduto negli anni ’60 in Dolomiti ritorna il ballo del mattone. Grazie alle Olimpiadi

Si avvicina la marcia del 24 ottobre a Cortina e Luigi Casanova traccia un quadro desolante degli “effetti collaterali” che le Olimpiadi lasceranno dietro di sé.

Mountain Wilderness Italia è fra le associazioni promotrici della manifestazione contro la devastazione delle alte quote che si terrà a Cortina domenica 24 ottobre. Si vuole illustrare, per quanti vi parteciperanno, cosa sta accadendo. E’ quindi necessaria una adesione massiccia di associazioni e singole persone. Parleremo di Dolomiti, ma come leggerete più avanti nel tempo stiamo seguendo anche quanto accade in Valtellina e nella città di Milano, due aree che saranno sconvolte dall’eventi olimpico del 2026.

Va detto che Giovanni Malagò ha vinto su tutti i fronti. Non solo nel medagliere olimpico di Tokyo, ma anche sul fronte politico essendo riuscito ad isolare quanti volevano una riforma dello sport e del CONI. Ora si sente un intoccabile e agisce in modo sempre più sfrontato. Non solo ha già assunto 120 dipendenti nella Fondazione Milano – Cortina 2026 in assenza di un decreto del governo in tema di stanziamento dei fondi (si sommano gravi ritardi), ma organizza costosissime gite illustrative nelle diverse località che ospiteranno i prossimi giochi. Ovviamente il tutto a spese del contribuente: per ora le uscite sono pagate con linee creditizie delle banche, che ovviamente dovranno essere rimborsate.  Proprio in questi giorni a riguardo della pista di bob, nonostante dai sondaggi il 70% dei cortinesi sia contrario, Malagò si è schierato a favore umiliando chi ha avuto il coraggio di esprimere delle critiche, lo ricordiamo, oltre al danno ambientale 85 milioni di euro gettati al vento. Ma entriamo nel dettaglio delle opere che non interesseranno direttamente le Olimpiadi, quelle che vengono proposte e sostenute proprio grazie all’evento. Come leggerete opere di dimensioni e impatti spaventosi. Effetti collaterali vengono definiti, come avviene in tutte le guerre e qui di guerra si tratta, ben programmata, contro l’ambiente e il paesaggio. Ovviamente opere di privati che privatizzano gli utili socializzando le future perdite.

Giovanni Malagò

Mobilità

Negli anni ’80 i grandi imprenditori locali del turismo avevano pensato di bypassare i quattro passi con dei tunnel sotterranei sotto il gruppo del Sella. Una grande rotatoria nel ventre del gruppo montuoso avrebbe smistato il traffico automobilistico verso quattro direttrici che portano nel Fodom – Arabba, in Fassa- Canazei, Gardena – Selva di Gardena e Badia – Corvara. Il progetto oira è ritornato alla ribalta tanto che il presidente del Veneto Luca Zaia vi ha già stanziati 100 milioni di euro. Il costo previsto dell’opera si aggira sui 600 milioni. Rimangono spettatrici caute ma entusiaste le province di Trento e Bolzano. Gran parte dei soldi, per opere ossessivamente definite green e sostenibili, si troverebbero nell’inesauribile Recovery plan. Ma perché green? Perché, a detta dei proponenti, il traffico di transito da una valle all’altra non dovrebbe più salire sui passi e poi ridiscendere, si ridurrebbe non solo il consumo di carburante, ma si eliminerebbero dalle alte quote i rumori. Il fatto che i turisti vogliano invece godere del paesaggio proprio in cima ai passi sembra questione trascurabile. E sembrano anche trascurabili gli effetti di una montagna che sarebbe trasformata in groviera. Cosa accadrebbe, causa l’immenso scavo, alle falde idriche? Si è valutato come e dove si traferirebbero i milioni di metri cubi di risulta: smaltiti, recuperati, gettati dove? E si è pensato, in vallate ormai succubi della mobilità privata, soffocate dall’inquinamento, che ogni potenziamento della viabilità privata, sempre si traduce in ulteriore aumento del traffico? Sembrano domande inopportune perfino da porre.

L’altra follia basata su una presunta mobilità alternativa, a detta dei promotori sempre green e sostenibile, riguarda tre proposte di nuovi collegamenti sciistici. Cortina – Badia, Cortina – Arabba e Cortina – Alleghe Civetta. A livello propedeutico  si è già realizzato il collegamento Cortina – Son dei Prade – Bai de Donès  verso le 5 Torri. Uno scempio, si vedano le fotografie allegate. Doveva  essere terminato in occasione dei mondiali, ma a dimostrazione che queste opere non sono direttamente connesse ai bisogni dell’evento internazionale i lavori si stanno ultimando in queste settimane. Il collegamento che sale da Pecol sarà il trampolino di lancio verso Passo Falzarego e passo Giau per completare i collegamenti ritenuti strategici. Superski Dolomiti passerebbe dagli attuali 1100 Km di piste ai quasi 1300, il più intenso e vasto areale dello sci del mondo.

Verso Badia sembra per i proponenti risulti semplice ottenere le autorizzazioni tanto è debole in materia ambientale la provincia di Bolzano. Stracciare il Sas de Stria per arrivare ad Arabba sarà più arduo in quanto il comune di Livinallongo ha impostato una severa opposizione. L’idea della cordata di impiantisti era quella di sfondare le rocce della montagna, attraversare il Col de Lana, luogo che è stato teatro di cruente battaglie fra austriaci e italiani con migliaia di morti, per poi, attraverso Andraz, arrivare ad Arabba. Il collegamento attraverserebbe boschi già distrutti al 100% dalla tempesta Vaia, vi si imporrebbero opere paravalanghe di incredibile vastità, un intero paesaggio e un luogo sacro verrebbero sconvolti. E’ ovvio, per come operano gli impiantisti in Dolomiti, che qualora realizzato questo collegamento il passo successivo sarebbe un ulteriore assalto a Porta Vescovo per arrivare in vetta alla Marmolada.

Lavori alla pista 5 Torri

Il Dolomiti No Cars, così è stato denominato l’assalto al cuore delle Dolomiti, verrebbe completato con la costruzione del collegamento passo Giau – Selva di Cadore – area sciistica del Civetta. Per poi nel tempo, non proprio lontano, tentare nuovamente l’assalto al Monte Pelmo per scendere nella valle del Biois verso Cortina. Gli impiantisti sarebbero disposti, bontà loro, ad investire nelle operazioni 64 milioni. Ovviamente si attendono come ritorno dovuto un altrettanto cospicuo contributo dalla Regione Veneto, un po’ di spiccioli si raccoglierebbero dal Recovery fund, altri dai fondi dei comuni di confine. In fin dei conti, a loro dire, questa incredibile rete risolverebbe il problema della mobilità su gomma. Dicono Vascellari e amici che ci si trasferirà da un comprensorio sciistico all’altro rimanendo in quota e con gli sci ai piedi; finisce in Dolomiti, sempre a loro dire, l’epopea dell’auto (ricordate Val Jumela, Pinzolo Campiglio per rimanere in terra trentina?). Sul tutto invocano ragioni di urgenza per evitare le varie VAS e Vinca (si attraverserebbero zone di rete Natura 2000) e uno specifico interesse generale, quest’ultimo sempre utile per attingere a fondi pubblici a larghe mani, o meglio, a ruspe alzate.

Sulle Dolomiti il ballo del mattone

Accanto alle proposte di nuovi collegamenti  non potevano mancare gli investimenti nel mattone. A passo Giau una squadra di imprenditori russi (chissà attraverso quali vie arrivati in questo sperduto e fantastico angolo dolomitico) con la società Tsara Holding Limited e sede in un fantomatico palazzo di Cipro, ha proposto la ricostruzione di un edificio abbandonato da un decennio in un superalbergo a 5 Stelle. Si tratta del rifugio Enrosadira, passerebbe ad un volume di 40 mila metri cubi dei quali 24.500 fuori terra, 150 posti letto. Le dimensioni di oltre 100 appartamenti medi. Anche in questo caso si fa riferimento ai “Progetti turistici strategici di interesse regionale” per poter attingere a fondi pubblici. Si giustifica l’opera come rilancio di qualità di una zona che si sta spopolando, si offrono 100 posti di lavoro per dieci mesi l’anno; facciamo attenzione, Colle di Santa Lucia, il comune interessato, conta solo 357 abitanti. Il fatto che si sia in prossimità di un sito di Natura 2000, dell’area buffer di Dolomiti UNESCO, sembra non preoccupare né i proponenti né alcuni amministratori del Comune.

Passo Giau

Un altro grandioso progetto propone opportunità ricettive di lusso. In questo caso protagonista è la famiglia di albergatori meranesi Meister. A Cortina d’Ampezzo in una zona ad alta valenza turistica in quanto panoramica ed esposta al sole, al momento abbandonata e degradata, si vuole costruire un villaggio turistico “per coppie” su capanne, chalets e case sugli alberi (41 edifici) con appoggio in un grande centro ristoro, piscina e wellness. Si tratta dell’area Mietres- Guargne verso Col Tondo. Alcuni terreni strategici sono già stati acquistati, ma l’iniziativa è stata male accolta dalla popolazione. Un sondaggio svolto dal Comitato Civico di Cortina che ha interessato quasi 1300 abitanti ha evidenziato come l’86% dei cortinesi si dica contraria all’opera. In gran massa i residenti chiedono invece il recupero o la riconversione dei tanti alberghi, o abbandonati o in situazione di degrado. Sulla base di simili dati anche l’amministrazione comunale è rimasta perplessa, forse propensa per affermare un deciso diniego. Diniego motivato anche dal fatto che il recente PRG non preveda l’edificazione di simili residence.

Diversa e più preoccupante è la situazione ad Auronzo, ai piedi del lago Misurina in zona Federavecchia. Qui la famiglia Meister ha fatto inserire analogo progetto in un masterplan regionale (in Regione vi sono 3 varianti di questo masterplan, nessuna delle quali resa pubblica o deliberata) con 38 fra chalets e case sugli alberi più il grande residence con servizi a fronte di un laghetto artificiale. Il governatore Zaia è sempre sensibile alle proposte di cementificazione degli spazi liberi, non solo nella “sua pianura”, ma anche sulle alte quote. Nonostante i cambiamenti climatici in atto identifica ovunque lo sviluppo con colate di cemento e asfalto. In questo caso il progetto è stato depositato in Comune il 20 agosto 2020, è sempre basato su un presunto Interesse regionale, ma incredibilmente il comune non ha mai dato risposta. In questo caso buona parte dell’amministrazione comunale, sia di maggioranza che di opposizione, sembra favorevole all’operazione. Una certa opposizione viene messa in campo, speriamo con incisività, dalle Regole di Villagrande. Il percorso amministrativo sarà comunque faticoso. E’ necessaria una variante urbanistica, l’imposizione di deroghe difficilmente sostenibili anche sotto il profilo tecnico e giuridico, una modifica sostanziale del piano d’area Auronzo – Misurina e del Piano territoriale di coordinamento provinciale. Ma qui i Meister vogliono combattere fino alla fine. Affermano di aver già acquistato terreni per un valore di oltre 3 milioni di euro, vorrebbero una nuova viabilità di accesso verso Col de Colauto partendo dall’abbandonato Hotel Cristallo (anche questo da loro acquisito nel 2019) dalla strada verso Misurina. Giustificano la ciclopica opera come progetto di Top quality, con l’assunzione di almeno 60 addetti con specifica formazione e lavoro esteso su dieci mesi l’anno. A loro dire l’opera va inserita nel PNRR regionale in quanto risponde ad  una vera rivoluzione verde, ad una effettiva transizione ecologica. Si investe nella digitalizzazione e nella innovazione. Si mitigano i rischi idrogeologici presenti sul territorio e si tratterebbe di reale “rigenerazione urbana”, contraddicendosi in quanto la zona è oggi libera da ogni insediamento, vi è uno stupendo bosco multispecifico e adulto, un’area a pascolo ricca. Come del resto è assente ogni riferimento alla rarissima ed estesa torbiera di alta quota, definita con incredibile sottovalutazione dei valori della biodiversità “una zona priva di alberi”. Ma a loro dire ben tre parametri del PNRR verrebbero corrisposti.

Rimane il fatto che ad oggi l’area interessata è priva di ogni servizio, dalla accessibilità ai bisogni essenziali, dagli acquedotti allo smaltimento dei reflui, dalla banda larga all’appoggio elettrico, fino ai parcheggi. La zona interessata è una vasta area umida, una rara torbiera di alta quota, affascinante nella sua semplicità e completezza, ampia oltre 20 ettari. E’ proprio questa la zona che permette una visione paesaggistica straordinaria: Verso le Tre Cime di Lavaredo, verso il Cristallo, il Sorapiss. Come scrivono affascinati i fratelli Meister: – “l sogno di ogni bambino è costruirsi una casa tutta sua sull’albero o una capanna nel bosco. Un sogno che non svanisce mai”-.

Sulle Dolomiti, grazie all’appuntamento olimpico, si aprono così una serie di “sogni” che sarà nostro impegno seguire nella loro evoluzione. Auspicando che questi spazi rimangano liberi, il regno di foreste ancora basate sull’impronta naturalistica, il regno di vegetazione e fauna rara tipiche delle zone umide, spazi ancora liberi da ogni ulteriore antropizzazione. Zone che devono permettere nel futuro a bambini e adulti di poter non solo sognare natura autentica, ma anche viverla.

Ferite nei boschi di Cortina

Rimangono aperti altri preoccupanti capitoli inerenti l’appuntamento olimpico. La antica stazione dei treni di Cortina verrebbe offerta alla speculazione immobiliare e commerciale. Si prevedono altri potenziamenti dell’area sciabile in Tofana, già sconvolta dai recenti mondiali di sci alpino. Sono in ballo traumatiche circonvallazioni, la più preoccupante e disinvolta dal punto di vista ambientale quella di San Vito di Cadore. E che dire di una Cortina che si presenta con una decina di alberghi storici fatiscenti, priva di aree posteggio, con un acquedotto che va ripreso, quindi rifatto, da cima a fondo, e un paesaggio sempre più impoverito (un vecchio progetto prevede almeno 48 milioni di auro di investimento)?

Luigi Casanova