Grandi panchine e grandi croci, nuove proposte per il turismo della montagna

Sono chiamate Big Bench e ormai sono un must, un brand, si trovano in molte location, tant’è che c’è pure un apposito tour. E, udite udite, c’è pure una Big Bench Community Project.

Toni Farina, nostro storico socio, con il suo consueto humor torinese, racconta un caso emblematico della deriva culturale verso cui sta andando una grande fetta del turismo alpino. Copyright: I Camosci Bianchi

Toni Farina

Mi scuso per il maccheronico uso dell’inglese, ma oggi va così, tanto vale farci il callo.

Un tour delle Big Bench dunque, alternativa alla ormai consunta Via Francigena. La prima Big Bench l’ho scoperta sulla collina astigiana, in quel di Vinchio, in località Monte del Mare, durante una pedalata autunnale. Salgo a piedi su un poggio per fare una foto e mi trovo quel “coso” enorme. Subito non ho capito e mi sono pure intimorito. Ma come, non avevamo deciso che “piccolo è bello”? E mi sono chiesto: ma non basta questo bel paesaggio collinare? Le geometrie di vigna, i paesi sui crinali, il profumo di barbera, le parole di Davide Lajolo, il Capitano Ulisse della Guerra di Liberazione: Vinchio è il mio nido, ci sono nato nel tempo del grano biondo.

Nel tempo del grano biondo quel coso enorme non c’era…

La seconda Big Bench l’ho trovata sopra Piamprato, in Valle Soana, poco discosta dal confine del Parco nazionale Gran Paradiso. Vedevo dal basso le persone che si assiepavano intorno a una “cosa” arancione che spiccava nell’intorno verde-prato. Incuriosito mi sono avvicinato e ho capito. Non era il paesaggio di fine primavera delle montagne del Gran Paradiso ad attirare quei visitatori intenti in selfie a raffica, ma la Grande Panchina.

Una Grande Panchina

I prati in fiore, i ruscelli, le cascate, il profumo della toma della Grangia Marmotta, che saranno mai. Cose già viste, ci vuole la grande panchina. E allora ho pensato alle parole di Nigra e Vaccarone: La Valle Soana […] è una valle […] di siti pittoreschi, di squisite trote, di tranquillità, per ascensionisti amanti delle rupi e dei ghiacci, delle balze e dei ripidi canaloni.

Restiamo nelle Alpi Graie. Potevano le Valli di Lanzo, le nostre amate valli, rimanere escluse da tale innovativa tendenza gigantista? Giammai! Ed ecco quindi che si progetta una Big Bench (come si traduce in dialetto locale?) nei pressi del Colle della Dieta, fra Viù e Mezzenile, colle servito da una fondamentale carrozzabile realizzata qualche anno fa. Tuttavia, siamo sempre una Paese cattolico, di radicata fede, e con la fede le Big Bench c’entrano poco. La fede è ben radicata nelle Tre Valli, ed è forse per riorientare in cristiana direzione questa voglia di gigantismo che si è pensato di abbinare la Big Bench alla Big Cross. La Grande Croce, 4 metri e mezzo di altezza sulla cima della Rocca Moross. Utile magari anche come ripetitore per il 5G.

Monte Bellavarda (2345 m) in Val Grande di Lanzo– foto camosci bianchi

Un ripetitore di fede, in quest’epoca di costumi fiacchi.

Rocca Moross, per via del colore rossiccio della roccia che spicca sul versante Viù, dove vivacizza l’accogliente paesaggio della Conca dei Tornetti. Una località, i Tornetti, antesignana del turismo nelle Valli di Lanzo (il primo albergo risale al 1840), ma che in un passato molto più recente si è distinta per scelte turistiche di esito non troppo felice. Ne è ingombrante testimonianza l’Ecomostro in località Alpe Bianca, noto e citato anche oltre confine per la sua intrinseca ed esclusiva fattezza.

Ma oggigiorno anche l’ecomostro è motivo di attrazione: “andiamo all’Alpe Bianca a vedere l’ecomostro”, vi assicuro che l’ho sentito dire più volte. Turismo un po’ macabro, ma l’importante è esserci. Farci un bel selfie.

Molti sostengono che l’ecomostro dei Tornetti vada abbattuto. Sono sempre stato perplesso (lasciamolo, serve come monito). Però ora, a pensarci bene, penso che abbattendolo ne sortirebbe una collinetta sulla quale piazzare una bella Big Bench con vista d’eccezione sulla Rocca Moross e la grande croce sulla sommità.

Due piccioni con una fava.

Va bene, fin qui l’ho messa sull’ironico, e forse – mi perdoneranno i credenti – sono stato anche un po’ blasfemo. Ma oggi, in quest’era detta Antropocene, sotto era del Covid, non dovremmo come comunità umana, in special modo abitante nei paesi tecnologicamente avanzati, fare un passo indietro? Oramai abbiamo messo piede ovunque, non c’è angolo del Pianeta che non porti le nostre impronte. Molte cime delle montagne recano segni della devozione. Appartengono a un tempo diverso, e oltre al valore devozionale hanno un valore storico, alcune anche artistico.

Ma ora i tempi sono altri, sono i tempi della Cura. I tempi di badare a quel che abbiamo. Ad esempio, per restare in ambito devozionale: perché in luogo della grande croce non si ridipinge qualche pilone votivo, ora triste e abbandonato al crocevia di un sentiero? Se ne potrebbe fare un bel progettino coinvolgendo qualche scuola d’arte.

Che i tempi siano altri ce lo ricordano tante cose, basta alzare gli occhi verso le alte montagne per vedere colate di detriti laddove fino a qualche decennio fa prevaleva il luccichio dei ghiacciai. Lo ha ricordato anche Papa Francesco nella sua Enciclica Laudato Si’. Evidentemente il suo richiamo alla saggezza, al rispetto del Creato non è stato abbastanza forte. C’è bisogno di un ripetitore sulle cime, a forma di croce.

Una Big Cross.

Con il turistichese ho iniziato e con il turistichese concludo. Ho appreso in qualche webinar che per essere vincenti sul mercato del turismo globale occorre un po’ distinguersi. E allora suggerisco agli strateghi di marketing turistico delle Valli di Lanzo di provare con uno slogan così: Lanzo Valleyno big benches here (Valli di Lanzo, niente grandi panchine qui, N.d.R.).

Funzionerebbe, ne sono convinto.

Toni Farina