I beni comuni e la proposta di legge di iniziativa popolare

MW ha aderito al Comitato “Stefano Rodotà” che ha promosso la proposta di legge di iniziativa popolare sui beni comuni (sul Comitato, sulla proposta e sulla raccolta delle firme v. il sito www.benipubbliciecomuni.it). Di Carlo Alberto Graziani

Carlo Alberto Graziani


L’adesione è stata frutto di una scelta naturale: tra i beni comuni previsti dalla proposta rientrano beni la cui protezione attiene alle finalità statutarie della nostra associazione (zone montane di alta quota, ghiacciai e nevi perenni, boschi, parchi, fiumi e torrenti).

Pigne d’Arolla, Cervino e Dent d’Hernes. Foto: Sergio Ruzzenenti


I beni comuni sono presenti nei regolamenti di molti comuni e anche nel linguaggio quotidiano, ma il significato di essi appare spesso generico fino a diventare evanescente. La proposta di legge invece contiene una definizione precisa e nello stesso tempo fortemente innovativa: sono comuni quei beni “che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo della persona” e che “devono essere tutelati e salvaguardati dall’ordinamento giuridico anche a beneficio delle generazioni future” (art. 3).
Così i beni ora citati sono comuni perché soddisfano bisogni delle persone che corrispondono a diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione quali il diritto al paesaggio, alla salute, al libero sviluppo della persona; è altresì bene comune il verde pubblico in un centro abitato perché soddisfa quegli stessi bisogni; così pure sono beni comuni quei farmaci e quelle sementi brevettati che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti alla vita e alla salute.
Due importanti conseguenze derivano dalla natura di bene comune: chiunque ha diritto di godere delle utilità espresse dal bene, ha cioè libero accesso a tale godimento, e ha altresì diritto di agire in giudizio con l’azione inibitoria per impedire al proprietario del bene di violare quel diritto.
Tutto ciò ha un significato chiaro, ma nello stesso tempo tale da rivoluzionare il concetto stesso di proprietà: la proprietà non viene annullata, ma il bene comune ne segna il confine massimo oltre il quale il proprietario non può avventurarsi perché lì si apre il campo dei diritti fondamentali. Lo stesso vale per i brevetti: questi, che sono certamente utili per stimolare la ricerca, non vengono annullati, ma il bene comune ne segna il limite massimo oltre il quale il titolare del brevetto non può andare; in particolare non può escludere di fatto nessuno dall’accesso a quei beni perché questi non possono essere strumento di arricchimento per pochi e di esclusione per tanti.

Champorcher (AO). Foto: Sergio Ruzzenenti


Sono stati sollevati due ordini di critiche alla proposta di legge: perché prevede che titolari (proprietari) dei beni comuni possano essere anche i privati; e poi perché, ampliando a dismisura il campo dei beni comuni, rischia di arrestare qualsiasi processo di sviluppo. Sul primo punto i critici non si rendono conto che la proposta, fissando il confine massimo del diritto di proprietà o di brevetto, contiene un modello di bene comune in grado di salvare l’ambiente. Sulla seconda critica è facile rispondere che la proposta di legge amplia parallelamente anche la partecipazione delle persone alle scelte che riguardano i beni comuni in maniera tale da permettere che tali scelte siano il frutto di un’adeguata ed effettiva comparazione tra i diversi interessi comunque giuridicamente rilevanti.
In conclusione MW invita i suoi sostenitori e il lettori di questo Notiziario a sostenere la proposta di legge di iniziativa popolare sui beni comuni firmando presso il proprio Comune o presso i banchetti che si organizzano in tutta Italia.
Carlo Alberto Graziani

INFORMAZIONI:

Sul sito https://generazionifuture.org/index.php tutti gli approfondimenti sulla legge di iniziativa popolare. Nei comuni troverete i moduli per firmare e nei prossimi mesi i vari comitati locali organizzeranno raccolte firme nelle piazze delle città.