Il Comelico si ribella a Mountain Wilderness?
In seguito al grido di allarme di Mountain Wilderness sui rischi ambientali e culturali di nuovi impianti nel Comelico, il giornalista Stefano Vietina ha raccolto e pubblicato gli sfoghi di alcuni degli abitanti del Comelico Superiore. (SCARICA L’ARTICOLO)
Gli stessi sfoghi, con lo stesso tono e con il mantra “padroni a casa nostra” avevano invaso la nostra Pagina Facebook.
Carlo Alberto Pinelli risponde a Stefano Vietina e, indirettamente, a tutti coloro che con grande superficialità calpestano l’articolo nove della Costituzione che tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione che, come tale, non può essere imprigionato nelle maglie degli interessi particolari e esclusivi di questa o quella comunità.
Gentile Direttore,
L’articolo di Stefano Vietina, apparso sulle recenti pagine del quotidiano Il Corriere delle Alpi con il titolo “ Il Comelico si ribella a MW” si schiera palesemente con le opinioni espresse da alcuni intervistati e non si preoccupa di offrire al lettore qualche minima informazione sui punti di vista, il profilo, la storia della controparte. Domina l’articolo una plateale ignoranza di chi sia e come operi in Italia, in Europa, in Asia, Africa e Sud America l’associazione internazionale “Mountain Wilderness- alpinisti di tutto il mondo in difesa della montagna”. Prima di diffondere inesattezze da matita blu sarebbe stato opportuno perdere cinque ( dico cinque!) minuti e entrare nei siti di MW Italia e di Mountain Wilderness International.
Se l’articolista e gli intervistati l’avessero fatto, probabilmente avrebbero evitato di esternare affermazioni che rasentano il ridicolo e che certamente non rivelano la volontà di dare vita a un dialogo pacato e costruttivo. Delegittimare l’avversario, a prescindere dalle sue ragioni
(chiaramente illustrate nel documento che allego in calce), sulla sola base di gelosie territoriali, non è proprio il massimo della democrazia. E’ vero: i soci e gli attivisti della nostra associazione sono trentini. Ma anche piemontesi, lombardi, veneti, emiliani, toscani, laziali, abruzzesi, sardi, siciliani. E allora? Basta questo per obbligarli a stare zitti?
Dirò di più, come negare ai nostri soci catalani, svizzeri, francesi, olandesi, pakistani, ecc, il diritto di esprimere preoccupazioni per gli effetti negativi che i progetti di collegamento sciistico tra il Comelico e la val Pusteria potrebbero avere sulla qualità e l’integrità degli spazi dolomitici, alcuni dei quali hanno ottenuto dall’UNESCO la qualifica di patrimonio mondiale?
(anche qui si abbia la bontà di rileggere il documento allegato). Il paesaggio naturale italiano non solo è tutelato dalla Costituzione ( articolo nove ) ma va considerato in tutti i sensi un bene comune che – proprio come tale – non può essere imprigionato nelle maglie degli interessi particolari e esclusivi di questa o quella comunità. In particolare quando gli stravolgimenti sono vietati da esplicite norme. Sempre secondo la Costituzione nessuno può pensare di essere il padrone assoluto di un bene. Di conseguenza i diritti di coloro ai quali è capitato in sorte il destino di nascere e vivere nel Comelico restano innegabili e devono essere tenuti in debito conto; ma vanno armonizzati con le convenienze materiali e culturali dell’intera collettività nazionale e con gli impegni assunti a livello regoliero, dell’UNESCO, dell’IUCN. La frase: “ A casa mia comando solo io!” è dunque legalmente ( e moralmente!) priva di fondamento. Aggrapparsi ad essa genera solo equivoci e non porta lontano. Questa è la realtà, piaccia o non piaccia a qualche albergatore. Mountain Wilderness sarà sempre felice di confrontarsi con le articolate espressioni territoriali del Comelico: ma solo quando la suddetta realtà verrà accettata in pieno, senza reticenze, come punto di avvio di approfondimenti costruttivi. Approfondimenti che potrebbero anche concludersi con la decisione di non portare avanti il progetto del collegamento sciistico tra il Comelico e l’Alto Adige.
Sia per non degradare la bellezza naturale dei luoghi ( in prospettiva, la vera gallina dalle uova d’oro!), sia per non gettare milioni di euro in un’ iniziativa speculativa che – spogliata dagli specchietti per le allodole del del vecchio consumismo e dei suoi logori miti – sembrerebbe destinata a non portare comunque solidi vantaggi per le comunità interessate.
Carlo Alberto Pinelli