Il dopo COVID 19. Necessaria una riconversione culturale e ambientale dell’intera umanità.

Editoriale di Luigi Casanova

Luigi Casanova

Giustamente, anche in piena emergenza, si sta pensando al dopo Covid 19. Ognuno di noi aspira, nei tempi più brevi possibili, a riacquisire le libertà alle quali abbiamo forzatamente rinunciato, compresa la libertà d’impresa. Senza alcun dubbio questa pandemia ha spezzato molte certezze, le persone o i gruppi più sensibili si ritrovano oggi ancora più umili verso la natura, altri guardano al dopo con paura avendo percepito la debolezza delle certezze in una società tanto complessa, che, strutturata sul massimo profitto e sul consumo scriteriato delle risorse naturali va ad infrangersi davanti a un virus invisibile, inodore, che ci viola senza preavvisi. Colpisce certo gli anziani, ma anche persone giovani e ritenute forti.
C’è anche una ben rappresentata parte di società, specialmente le grandi associazioni di categoria industriali e artigiane (al loro interno ci sono eccezioni virtuose) che ritornano a invocare le grandi opere. Chiedono allo stato una ulteriore semplificazione delle norme: se sono comprensibili quelle che ritardano appalti, risultano inaccettabili quelle che riguardano la trasparenza amministrativa, il rispetto dell’ambiente, la vergogna delle deroghe. Si vogliono, ancora, grandi strade, eventi sportivi internazionali, le Olimpiadi.

Una cospicua componente del mondo economico, oltremodo avida, reclama la validità dei sentieri del vecchio sviluppo. Quelli che ci hanno portato ad avere in Italia 58.000 morti all’anno per inquinamento, quelli che hanno favorito una produzione agricola di tipo intensivo, sostenuta dai pesticidi, monoculture agricole che hanno avvelenato suoli e falde acquifere. Chi investe in un turismo aggressivo, mai sazio, che qualunque cosa tocchi la distrugge, o ben che vada la banalizza. Nel Triveneto, sempre attingendo a soldi pubblici, si impongono nuovi collegamenti sciistici (Comelico, Cortina – Arabba – Civetta) mentre i cambiamenti climatici in atto richiederebbero riflessioni e scelte di riconversione dell’intera filiera del turismo, si invocano ulteriori sfruttamenti delle poche acque libere rimaste.

I boschi, nonostante Vaia, nonostante l’Europa devastata da oltre un centinaio di milioni di metri cubi di schianti da vento e da incendi (Francia, 2019)dovrebbero alimentare, invece che una ricca e sostenibile filiera del legno alpina, una miriade di impianti di teleriscaldamento a biomasse.
Parliamo di un’imprenditoria che vive di agevolazioni fiscali, che non condanna chi evade il fisco. In Italia l’evasione raggiunge cifre insostenibili, grazie a questa evasione vantiamo un debito pubblico inconcepibile che impedisce politiche di sviluppo e potenziamento del welfare. L’attuale crisi mondiale dovrebbe portare tutti noi cittadini a una decisa ribellione contro tutto quello che è stato il passato.
Vi sembra follia chiedere a chi evade le tasse di cominciare a versare il dovuto e che se evade finisca in carcere? Ancora oggi grandi e strategiche imprese italiane portano la loro sede sociale nei paradisi fiscali europei (Olanda, Liechtenstein).
E’ follia chiedere che invece di grandi, costosissime opere, alcune delle quali poi risulteranno ingestibili, (pensiamo alle Olimpiadi invernali, il MOSE, la Tav di Torino, autostrada Alemagna o Valdastico), chiedere investimenti diffusi nel recupero edilizio a consumo energetico quasi azzerato? Oppure recuperare il patrimonio edilizio delle scuole, delle strutture sanitarie, delle case degli anziani, avviare la riconversione di opere pubbliche obsolete e abbandonate riportandole a decenza e in sicurezza?
Vi sembra eresia chiedere di invertire la tendenza al ribasso dell’offerta sanitaria e ritornare ovunque, specie dopo Covid 19, partendo dalla Lombardia, a investire sempre più nel pubblico e riducendo il ruolo privato? E ancora nella sanità, perché non ritornare a superare la figura del primario medico manager e riportarlo nel suo ambito professionale, cioè quello di medico liberato dalla burocrazia e dai vincoli di bilancio? Tornare ad assumere nelle strutture sanitarie, incrementare i posti letto, reparti specialistici, investendo risorse e organizzazione nella medicina sul territorio?


O ancora, risulta impossibile nel paese della bellezza, investire nel recupero paesaggistico, nelle città d’arte, nella coerenza del recupero dei centri storici, nella difesa e potenziamento della biodiversità, ritornare ad investire nelle aree protette, a riportarle protagoniste del nostro sviluppo, non solo nel profilo scientifico, della conservazione, ma anche nel ritorno economico? E perché, accanto e dopo Covid 19, non affrontare, come paese pilota di profilo mondiale, una efficace risposta ai cambiamenti climatici in atto, riconvertendo tutto il sistema produttivo nazionale, da quello della mobilità fino al sistema produttivo agricolo, bloccare da subito l’avanzare del consumo di suolo?
E’ chiedere troppo alla nostra classe politica e all’imprenditoria di affrontare una totale riconversione, una vera e propria rivoluzione anche culturale, che ci porti in modo consapevole, responsabile, condiviso, ad avere rispetto di ogni essere vivente nel nostro pianeta? A leggere Confindustria, nel sentire i disegni di certe forze politiche, sembra proprio che un simile cambiamento non lo si voglia affrontare. Noi ambientalisti abbiamo sostenuto la filosofia di una decrescita felice. Siamo stati irrisi. Si è così preferito sprofondare in una decrescita infelice. Che non si chiama solo COVID 19, ma anche catastrofi ambientali, milioni di persone che fuggono dalla fame, dalle guerre, dalla desertificazione, un mondo in fuga, un universo di profughi, una cittadinanza planetaria disorientata. Partendo dalle associazioni imprenditoriali più lungimiranti, dalle forze politiche e con il sostegno di noi cittadini, riusciremo, mentre si costruisce una nuova resistenza, avviare una riconversione ambientale globale?

Luigi Casanova