Il paradosso dell’Alpe Devero (e il suicidio del PD)
di Toni Farina
L’Alpe Devero
Prendi un luogo splendido, simbolico, che non avrebbe bisogno d’altro che di proseguire sulla strada intrapresa. Prendi quel luogo e immagina invece un progetto contrario, che ne stravolge l’identità.
Identità che, si badi bene, ha pagato anche in termini economici.
Che dire? Un segno dei tempi? Un paradosso, comunque.
L’accordo di programma “Avvicinare le montagne” riguardante il collegamento Alpe Ciamporino-Alpe Devero, in Ossola, è davvero paradossale. A leggerlo pare uno scherzo.
Quarant’anni di natura protetta
Si appresta a celebrarli (se così si può dire) il Parco naturale dell’Alpe Veglia, poi ampliato con la gemella Alpe Devero. Accadrà a Villadossola sabato 20 ottobre. Un convegno dal titolo “I parchi naturali per una nuova etica della montagna”.
Titolo non casuale, che calza a pennello, ma (a parer mio) con un “nuova” di troppo. Etica e basta sarebbe stato più opportuno, considerati i quattro decenni di vita (e considerate le quasi 100 candeline del Gran Paradiso).
Ma soprattutto l’unica, un’altra etica non è data.
Parteciperà all’evento il più giovane Parco nazionale Val Grande, che spegnerà 25 candeline. L’unione fa la forza, che di questo tempi è davvero necessaria.
Quaranta anni dunque. Correva l’anno 1978 quando la Regione Piemonte si apprestava a dare corpo e sostanza al sistema dei parchi naturali con
l’istituzione delle prime 6 aree protette. Presidente Aldo Viglione, assessore
Luigi Rivalta. Storia, ormai.
Fra queste rientrava l’Alpe Veglia, “gemma verde” delle Alpi Lepontine.
Il “sistema Piemonte” delle aree naturali protette divenne un caso, un esempio, su scala nazionale e continentale. Storia, ormai.
Le eccellenze ambientali della regione messe in rete, senza fare distinzione fra eccellenze naturalistiche e storico – architettoniche. Una rete che avrebbe dovuto estendersi, e in parte accadde. In parte…
Quel processo però si arrestò. Ma soprattutto si arrestò il processo innovativo che vedeva i parchi quali laboratori di sostenibilità ambientale, luoghi non chiusi, ghettizzati, ma aperti per portare il loro verbo all’esterno, con il fine di creare davvero una rete ecologica e culturale.
Tale processo si è arrestato soprattutto nelle zone più integre sotto il profilo
ambientale: le montagne, l’arco alpino. Dove l’imaginario comune colloca in
genere i parchi naturali ma dove, a pensarci bene, tale processo, salvo
eccezioni, non è mai davvero iniziato.
Quel che accade in Ossola lo dimostra.
Il suicidio del PD
Il caso “Alpe Devero” sintetizza in modo perfetto la crisi di identità di questa forza politica a cui molti cittadini hanno affidato le speranze di un futuro all’insegna del progresso, civile e ambientale. Un futuro sostenibile, come si usa dire.
E invece questa forza politica va in direzione contraria. “Ostinata e contraria”.
Che il PD da tempo non dia segnali esaltanti in materia ambientale è lampante.
La linea è: contraddizioni a manetta. Nel caso “Devero” poi, la difficoltà ad assumere posizioni nette assume connotati appunto paradossali.
La paura di perdere voti (già persi) conduce il PD su una strada priva di sbocchi. In palese contraddizione da un lato con normative di fresca approvazione regionale, e dall’altro con gli strombazzati enunciati sulla sostenibilità dei modelli di futuro.
I modelli “smart”, la montagna 4.0, l’innovazione.
Già, l’innovazione. Dove sta l’innovazione nel futuro della montagna?
Nell’appendersi a favolistici progetti di demaine skiable fuori tempo massimo?
O piuttosto nel riprendere la strada interrotta, ben indicata nelle leggi istitutive nelle aree protette. Non c’è da inventare nulla, gli esempi non mancano.
Avvicinare le montagne con le funivie? Allontanare gli elettori dal PD…
Avvicinare le montagne…
… allontanare il progresso. Tornare indietro nel tempo.
Credo sia accaduto a molti. Ti affacci dalla Scatta Minoia e lo sguardo si allunga sulla Val Buscagna, il Grande Ovest di Devero. L’impressione netta è di spazio, di distanze, di lontananze. E non diversa è l’impressione dalla Scatta d’Orogna: lo sguardo corre libero a oriente su lariceti e pascoli, e la Scatta Minoia ti appare lontana, remota quasi.
Grande Est, Grande Ovest, le suggestioni di Devero. Lo spazio, inusuale per la montagna piemontese, è la dimensione di questa montagna. La lontananza ne rappresenta l’anima profonda.
Avvicinare le montagne? Di cosa stiamo parlando? L’esperto di marketing turistico che ha coniato lo slogan evidentemente non ha mai provato l’esaltante esperienza di collegare i due estremi affidandosi al mezzo di locomozione per eccellenza: le gambe. Dalla Scatta d’Orogna alla Scatta Minoia, e la piana in mezzo. Un comprensorio escursionistico fra i più interessanti delle Alpi, apprezzato da molti. Le oltre 68.000 mila firme raccolte finora dalla petizione “Salviamo l’Alpe Devero” ne sono limpida testimonianza.
Per dirla in “turistichese”, la distanza è il brand di Devero. Il progetto prospettato nell’accordo di programma fra la Società San Domenico e la Provincia del VCO rema contro. Avvicina le montagne, allontana i clienti. Uccide il mito.
Toni Farina