La montagna ferita

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera che denuncia l’ennesima “indegna appropriazione” di una montagna , in questo caso il Monte Guglielmo nelle Prealpi Bresciane.

L’articolo del Giornale di Brescia pubblicato il 19 luglio 2021, a pagina 19, relativo al raduno sul Monte Guglielmo, mi stimola, ancora una volta, a commentare quanto dichiarato dall’associazione “culturale” Redentore.
Nell’articolo è espressa l’idea di formare un comitato al quale fare aderire le istituzioni locali quali Comuni, Comunità montane, Provincia, e gruppo di cittadini con l’obiettivo di coinvolgere la Regione Lombardia per un progetto di celebrazioni speciali, in vetta al monte, in occasione dei futuri raduni e altre circostanze ritenute importanti.


Queste iniziative riguarderebbero concerti serali, fiaccolate notturne e realizzazione di un campanile artistico con campana a fianco del rifugio alpino posto sottostante al monte.
Premetto di aver espresso contrarietà in passato e più volte circa le opere edificatorie e iniziative varie portate a compimento dopo la costruzione del monumento del Redentore: vedi mosaici, e altro ormai in quel luogo radicati.
Non disconosco il loro significato e fattura artistica magari pregevole.
Sono invece esacerbato da ciò che è avvenuto e da quanto è in progettazione.
Ritengo indegna l’appropriazione indebita di un luogo, vetta sommitale di un monte, per assoggettare e violentare la sua natura: l’uomo non ha diritti sovrannaturali su di essa.
Il Monte Guglielmo, la cosiddetta montagna dei bresciani, ma così tutte le montagne del mondo, devono essere spoglie da significati goliardici o folclorici scambiati sovente per eventi culturali.
Le sagre, i concerti diurni e notturni, le fiaccolate, ma soprattutto le edificazioni cementizie possono avere spazio in altri ambienti, più consoni e permissivi, certamente non in montagna.
Le montagne si contemplano in altro modo; non dovrebbero essere consacrate né dissacrate e neppure civilizzate.
L’approccio con esse dev’essere rigorosamente osservato con l’avanzare timido, silente e timoroso nel rispetto delle sue funzioni, non conclamate, non urlate, che disdegnano il rumore prodotto dai mezzi meccanici e veicoli a motore.
Devono essere rispettate nella loro selvaggia interezza, vanno celebrate per la loro naturale bellezza; non sporcate di artifizi che hanno l’unico scopo di rendere visibile la mania protagonista di coloro i quali attentano e distruggono l’armonia, la pace, per un briciolo di celebrità, peraltro frugale, iniqua, inconsistente.
La flora e la fauna in primis, vere proprietarie, gridano vendetta e si ribellano quando sono ferite, molestate o disturbate se ciò non è in sintonia con il loro habitat.


L’unica e forse valida variante consentita è l’attività contadina quando utile e necessaria.
Per le valutazioni sopra riportate mi appello a tutte le istituzioni a rivedere i progetti pensati e quelli sognati abbandonandone una volta per sempre la realizzazione.


Domenico ITALIANO