La trasformazione del paesaggio tra armonia e degrado. A Cortina d’Ampezzo INSILVA riflette sui valori della bellezza. I sentieri del cambiamento

Suoni, foreste, valori, bellezza, il coltivare, la gestione delle alte quote nei tempi dei cambiamenti climatici. Di Luigi Casanova.

La Tofana di Rozes

Sempre più associazioni riflettono su come stiamo modificando i paesaggi delle montagne italiane. INSILVA è una delle protagoniste del tema, accompagnata da Mountain Wilderness. Il 20 settembre, in modo insolito, unendo arte, etica e scienza, INSILVA ha proposto diverse visioni dello stesso problema in una passeggiata nei boschi e pascoli ai piedi delle Tofane e della Croda da Lago. Negli intermezzi suoni, canti, poesie e racconti hanno allietato il cammino grazie a flautiste (Federica Lotti), al contrabasso di Nelso, alle innovative percussioni di Luca Nardon, alla melodica e decisa voce di Katty, alla lira greca suonata da Massimiliano e grazie ad un nuovo strumento a corde turco, ancora al flauto di Sandro Del Duca e ad attori come Sandro Buzzati.
Il professore Gianni Pavan ha introdotto i percorsi spiegando il valore del paesaggio sonoro nella natura. I suoni delle acque, del vento o delle saette, ma anche quelli emessi dagli animali, cervi, uccelli, i campanelli delle mucche al pascolo. Presenze che completano la lettura della bellezza. Infatti il senso del bello non è percezione solo umana, ma anche degli animali, della vita vegetale. Se siamo diventati disattenti verso i suoni naturali è accaduta la stessa cosa verso i rumori. Ci siamo abituati al rumore del traffico a motore, perché continuo. Eppure danneggia, a volte in modo irreversibile, la nostra salute con accumulo di stress. Il nostro cervello è infatti costretto, specie quando dormiamo, a cancellare quanto abbiamo assunto di negativo. Senza che se ne parli in Europa sono accertati 8 mila morti all’anno per rumore, oltre un milione all’anno sono le malattie inerenti questa patologia. La natura, anche noi umani che ne facciamo parte, ha bisogno degli intervalli di silenzio, per far emergere i suoi suoni, i suoi linguaggi, per comunicare. I rumori causati dall’uomo rappresentano uno stress anche per il mondo animale, lo si è visto in periodo Covid. Pochi giorni di silenzio imposto all’uomo hanno permesso agli animali di riprendersi spazi prima a loro preclusi. Il silenzio è quindi un valore da recuperare, specie in montagna. Un motivo in più per allontanare, ovunque, i motori ed i grandi eventi dalle alte quote.

Uno dei gruppi di Insilva

Il secondo tema affrontato ha portato attenzione ai boschi. Paola Favero, ufficiale dei carabinieri forestali in pensione e scrittrice, l’anima di INSILVA, ha affrontato il tema della nuova legge forestale. Una legge ritenuta pericolosa negli ambienti naturalistici in quanto identifica il bosco con il solo concetto di “legname”, cioè prodotto da vendere. Mentre l’insieme della ecosistematicità del sistema foresta viene utilizzato in premessa, ma non viene coltivato come un valore, un bene da implementare. Lo stesso principio economicista viene portato all’interno delle aree protette. Sembra che tale scelta legislativa sia stata imposta dalle imprese che investono negli impianti di teleriscaldamento a biomasse facendo credere ai cittadini che l’Italia ha troppo bosco (quasi 12 milioni di ettari). Ovviamente non si specifica come questa estensione forestale sia povera, di biodiversità, ma anche di biomassa. La media di massa legnosa per ettaro si aggira solo sui 150 mc., una foresta ben strutturata ed in equlibrio deve superare i 300 metri cubi/ettaro.

Danza e spiritualità

Il momento centrale dell’itinerario è stato coperto dal geobotanico Cesare Lasen (componente del Comitato scientifico di Mountain Wilderness). Con la sua solita graziosa franchezza ci ha lasciato messaggi importanti. E’ un nostro obbligo morale consegnare alle future generazioni un patrimonio di biodiversità più vario di quello trovato, perlomeno non possiamo più permetterci di impoverirlo. Riguardo le opere dei mondiali di sci nordico di Cortina ha riflettuto come l’entità dei lavori in corso, più che a un reale bisogno dello svolgimento delle gare, sembra rispondere ad uno sperpero indicibile di risorse economiche e ambientali. In modo particolare devono preoccupare tutti i futuri caroselli fatti passare come mobilità alternativa: Cortina verso Alleghe, Cortina verso Arabba, disegni speculativi che vanno fermati da subito. Nelle sue conclusioni Lasen ci ha ricordato come la montagna sia l’ultima barriera per la difesa della biodiversità. Un bene quindi intangibile, come sottolineato nel paragrafo 32 della Laudato Sì dove papa Francesco ci invita con termini inusuali per un pontefice a smettere nel depredare la natura e perpetrare nei suoi confronti abusi verso le risorse naturali e i beni comuni.

Cesare Lasen

Gianni Frigo, presidente del CAI del Veneto, ci ha portati a riflettere su come entrare nella natura alpina, sul ruolo formativo dell’accompagnatore di montagna e quindi delle guide alpine, su come addestrare la nostra capacità di osservazione e alimentare la dovuta curiosità verso la complessità della natura e dei paesaggi.

Armonie vocali

Nel percorso non poteva mancare una specifica attenzione sul come ci nutriamo e di cosa ci alimentiamo. L’ecoagronomo Luis Carlos Barbato ha ripercorso l’etimologia autentica del termine agricoltura. Semplificando, non troppo, ci porta al valore del coltivare, incidere (con precisione) il terreno per prepararlo alla semina e seguirlo fino al raccolto. La stessa semina è un gesto semplice, istintivo, a volte casuale ma essenziale per il nostro vivere. Nella sua riflessione Luis ha sottolineato come gli agricoltori abbiano perso il senso del tempo: non hanno più tempo per guardare, coltivare, si affidano alle grandi macchine. In pianura come in montagna. Oggi l’agricoltore, come conosciuto nel passato, il gestore del territorio, non esiste più, nemmeno in montagna. Sembra proprio che non solo le produzioni (foraggio, orzo, grano, latte) siano scivolate verso valle, ma anche le conoscenze. l’agricoltura di oggi, come la produzione di carni e prodotti vegetali, risponde solo a logiche intensive, di manipolazioni genetiche, di disprezzo verso il bene che si alleva. L’esempio più eclatante lo vediamo nella gestione della “vacca”. Poco tempo fa, tre decenni, produceva 7 – 9 litri al latte per 7 mesi all’anno, viveva circa 10 anni. Oggi ogni mucca vive al massimo tre anni, produce 60 litri di latte al giorno per 365 giorni l’anno: al massimo riesce a concepire due vitelli. Poi, al terzo anno di vita, è desinata al macello.

Luis Carlos

La giornata è terminata con una sintesi della situazione sugli effetti dei cambiamenti climatici portata dal direttore del parco delle Dolomiti d’Ampezzo, Michele Da Pozzo, un parco naturale regionale voluto 30 anni fa dalle Regole di Cortina per difendere il territorio (122 Kmq.) da loro amministrato dall’invasione speculativo dello stato. Esercitazioni militari che di fatto espropriavano la collettività dalle loro proprietà, la proposta della Autostrada Venezia – Monaco (A27), lo sbarramento idroelettrico voluto da ENEL sul torrente Boite. Tre obiettivi vinti grazie al parco.

I Cambiamenti climatici ci portano a rivedere la sentieristica. Lo scioglimento del permafrost dai 2300 ai 2700 metri di quota provoca smottamenti e situazioni di rischio non presenti fino a pochi anni fa. Si deve continuamente rivedere il tracciato di parecchi sentieri, alcuni, storici, sono oggi impercorribili (parete sud della Tofana).

I cambiamenti climatici ci portano a rivedere l’accessibilità alle alte quote. Le frane sulla rete stradale non sono più periodiche, distribuite su lunghi intervalli di tempo, ma sempre più ravvicinate nei tempi tanto da indurre il ripensamento della gestione del traffico privato verso rifugi o i passi.

Il terzo passaggio riguarda le centraline idroelettriche. Grazie al parco si è bloccata l’invasione delle richieste e solo oggi si comprende quanto siano belli, ricchi, vari i torrenti naturali, le acque libere. Sono riflessioni che dovrebbero venire riprese da tutte le amministrazioni pubbliche della montagna italiana, non solo da quelle più lungimiranti come nel caso dei gestori del Parco d’Ampezzo.

Il concerto finale

Luigi Casanova