Cortina – Milano 2026. Le olimpiadi degli sprechi. La pista di bob a Cortina

Luigi Casanova, protagonista storico delle battaglie di Mountain Wilderness, continua la sua ricerca attorno e dentro l’appuntamento olimpico invernale Milano – Cortina 2026.

Luigi Casanova

Mentre Cortina ritiene la pista di bob e skeleton una struttura necessaria per lo svolgimento delle Olimpiadi invernali del 2026 come vedremo i vertici del Comitato olimpico internazionale pensano l’opposto. I costi di costruzione sono elevatissimi, occupa spazi di territorio fragili, per la sua futura gestione i costi saranno insostenibili. Nel nostro Paese la federazione di questo sport è “forte” di 6 atleti maschi, 2 donne, 7 praticanti e qualche anziano, nostalgico dirigente.
Ai tempi della candidatura per le Olimpiadi e Paralimpiadi di Milano – Cortina la regione Piemonte si era offerta per ospitare le gare di bob e anche quelle di slittino. Con una spesa che si aggirava sulla decina di milioni di euro venivano recuperate le  strutture abbandonate, quelle utilizzate per le Olimpiadi del 2006, opere che hanno vissuto breve gloria: in quattro anni sono state ospitate 15 gare. Poi sono state abbandonate, il comune di Cesana e la Regione Piemonte non riuscivano più a coprire le ingenti spese di gestione, superiori al milione di euro annuali. Già a quei tempi si era partiti da un preventivo di spesa di 60 milioni di euro, alla fine il costo è lievitato a 110 milioni. Oggi i lavori di ripristino dell’area e demolizione costerebbero altri 15 milioni. Cortina, la nobile e decaduta Perla delle Dolomiti, rifiutò sdegnosamente l’offerta e propone la costruzione di una nuova pista sul posto della tecnicamente superata Eugenio Monti, chiusa definitivamente nel 2008. Va ricordato che la pista era nata nel 1923 e prima delle chiusura aveva subito quattro costose ristrutturazioni.

In queste situazioni l’ambientalismo l’ambientalismo alpino italiano propone una efficace alternativa maturata fin dai tempi della candidatura Milano – Cortina: utilizzare allo scopo le piste, perfettamente funzionali, di Innsbruck – Isgl, o quella in Baviera, a Schonau am Konigssee. Non se ne parla assolutamente – fanno capire gli organizzatori veneti dei giochi. Il CIO sta soffrendo questa decisione, chiede ancora con insistenza di evitare un impegno tanto gravoso: al di là dei temi ambientali come il consumo di suolo, energia e paesaggio, a spaventare è il costo dell’opera. I previsti 40 milioni sono già stati portati dalla Regione Veneto a 85 (62.000 euro al metro), oggi si parla di un costo di gestione minimale e oltremodo ottimistico annuale di 400 mila euro. Da dove attinge questi soldi la Regione? Dal suo capitolo di bilancio di previsione 2020 – 2022, Missione 06, intestato alle Politiche giovanili, sport e tempo libero. Scandalizzate dalla scelta alcune associazioni ambientaliste nazionali e locali hanno scritto al Presidente del Consiglio Draghi e ai Presidenti delle Province e Regioni interessate dai giochi olimpici esprimendo una netta contrarietà e chiedendo un immediato ripensamento delle scelte. Nessuno si è degnato di una risposta.

Le piste verrebbero costruite nella zona Nord – Est delle Tofane, territorio già offeso dalle piste dei mondiali di sci alpino. Quaranta ettari di spazio libero sono oggi alterati da scavi e cemento, se ne aggiungerebbero altri 20. Mentre ovunque si discute di ridurre le emissioni di CO2, di evitare ulteriore consumo di suolo, a Cortina si fa l’opposto. Si continua ad investire nella cultura delle opere faraoniche che diventeranno ingestibili.

La conca di Cortina devastata dagli scavi per le nuove piste dei mondiali di sci 2021

La pista sarà pronta in tempi utili?

Anche l’Olympic Agenda 2020 del CIO, nel definire i criteri della sostenibilità per le Olimpiadi moderne, raccomanda di evitare la costruzione di nuove strutture che poi non sarebbero utilizzate, aprendo alla possibilità di rivolgersi in zone fuori area (raccomandazione n. 2.1-2). Forte delle esperienze del passato il CIO affermava e conferma anche recentemente che le strutture vanno costruite solo quando si dimostri una ricaduta positiva di lungo periodo per la loro utilizzazione e una sostenibilità economica nella gestione delle stesse. La vecchia pista di Cortina prima di venire chiusa, anche causa il ripetersi di incidenti mortali, costava alle casse del comune 330.000 euro annuali. Siamo in presenza di uno sport elitario, estremamente costoso. Laddove si costruisce la pista si deve portare attenzione anche alla visibilità, alle esigenze televisive, quindi ampi spazi naturali anche esterni la struttura verrebbero liberati dalla vegetazione d’alto fusto che nel frattempo si è insediata. Servono poi spazi adeguati per i parcheggi, la sicurezza, elisoccorso compreso: come conciliare tutto questo con l’espansione edilizia che è arrivata a ridosso dell’area di gara stessa? Accanto a questi problemi, non certo marginali, si dovrà affrontare una bonifica del territorio occupato dalla vecchia struttura: abbondanza di amianto, cablature varie e impianti di raffreddamento da smontare e smaltire (ammoniaca). Ad oggi non esiste una relazione tecnica pubblica sul tema, immaginiamoci un progetto: nonostante questo si ha il coraggio di affermare che il cantiere sarà aperto nella prossima estate. Il CIO, conscio della situazione di emergenza, già aveva ribadito perplessità nell’autunno 2020, nella primavera 2021 è ritornato a chiedere con fermezza soluzioni alternative. L’opposizione verso la pista di bob di Cortina sta assumendo contorni che dovrebbero preoccupare qualunque amministratore pubblico. Il CIO riconferma che non verserà un euro, la pista se la pagherà solo la Regione Veneto. Il presidente della Commissione di Vigilanza sulle Olimpiadi 2026, il finlandese Sari Essayah, ha definito il progetto, irridendolo, – “un parco intrattenimento” -: l’interesse del CIO è quindi nullo. Ora gli ambientalisti chiedono esplicitamente al CIO di estromettere questo sport dal programma olimpico, come già avvenne nel 1960 nei giochi di Squaw Valley (USA). Probabilmente sarebbe anche auspicabile un minimo di assunzione di coraggio e di tempestività negli interventi da parte del nascente Osservatorio ambientalista delle Olimpiadi. Certo è che nei dibattiti e nelle interviste degli amministratori, siano questi locali o nazionali, dei 5 Stelle o di Fratelli d’Italia, mai una volta si è rinvenuto un riferimento al dovere della sobrietà o ai cambiamenti climatici, quindi un impegno etico e morale per evitare, anche con queste inutili opere, l’aumento della diffusione della CO2 in atmosfera. Un panorama desolante.

Le Olimpiadi posticipate?

Al CIO, agli ambientalisti, ad un affermato sociologo e autonomista bellunese come Diego Cason, risponde sdegnato il Bob Club di Cortina: “- non si tratterà di una struttura utile solo all’avvenimento olimpico, ma sarà un valore aggiunto per la valle intera: infatti si aggiungeranno nella gestione offerte di taxi bob, monobob, parabob-”. Lasciamo al lettore ogni commento. Gli organizzatori veneti, dal sindaco di Cortina fino agli amministratori regionali, esprimono tutto il loro affanno con gli atti amministrativi e lanciano un fuoco di comunicati stampa e interviste per diffondere ottimismo; ovviamente sul loro volto abbonda sempre il solito sorriso di circostanza mentre provano ad accelerare una macchina in stallo. La Regione avvia per ora solo uno studio di fattibilità. Zaia, nelle conferenze stampa rituali, accompagnato dalla sua vicepresidente Elisa Berti, sottolinea evidenti, a loro dire ovvie ricadute positive dello sport sui giovani, una struttura che farà crescere talenti sottolineano, confermano il sostegno pieno a un investimento che a loro dire sarà un complemento ludico – turistico dell’offerta di Cortina. Ed ecco quindi che il commento di Sari Essayah esprime piena lucidità.

L’assessora Berti si impegna ad invocare un impegno morale nell’evitare gli errori del passato. Così, contraddicendosi, per recuperare tempi ormai difficili da rispettare chiede di andare in deroga agli strumenti urbanistici. Allo scopo i suoi pellegrinaggi a Roma sono frequenti, anche perché è cosciente di dover recuperare credibilità anche sulla fattibilità di varianti stradali ritenute indispensabili all’appuntamento olimpico, quella di Longarone e quella di Cortina che dovevano essere terminate nel 2020 e invece hanno appena aperto i cantieri. A Roma la Berti invoca il metodo Morandi e il commissariamento di ogni opera. Se si è arrivati a questo punto risulta evidente l’indiretta ammissione della sconfitta dell’amministrazione regionale e della politica locale. Ma la perla, comica e tragica al tempo stesso, ci viene offerta dall’assessore regionale bellunese Gianpaolo Bottacin (Lega): questi paventa la possibilità di chiedere al CIO il posticipo dell’appuntamento olimpico. Come tempistica teniamo presente che già nell’inverno 2024 – 25 si dovranno tenere le preolimpiadi e che tutte le strutture dovranno essere funzionali.

Nel consiglio regionale veneto siede, purtroppo isolato, un coraggioso politico, già europarlamentare del PD, Andrea Zanoni. Al presidente Zaia e agli assessori ricorda come la direttiva europea della VIA del 2014 non preveda alcuna deroga, nemmeno per progetti legati ai giochi olimpici. Anche nel caso che la vicepresidente Berti ottenga poteri speciali e una vagonata di commissari non potrà comunque evitare la procedura di legge: una VIA su un progetto tanto complesso, oggi ancora da depositare, impiega due anni di procedura. E’ quindi più che opportuno rivolgersi da subito, se non alla Baviera, alla vicina Innsbruck. Un soccorso transalpino è ormai più che logico, anche a costo, per gli amministratori della Regione e di Cortina, di perdervi la faccia.

Luigi Casanova