Lì, proprio lì, c’erano le Alpi Apuane

Cosa si può scrivere ancora sulle Alpi Apuane che non sia già stato detto? Eppure la situazione continua a peggiorare e dunque dobbiamo ripeterci. Parlare però a persone già sensibilizzate su questo problema non sposta le dinamiche attuali, forse dobbiamo cambiare metodo ed obiettivi.
Abbiamo provato a scrivere anche al Presidente della Repubblica. Gli abbiamo scritto per ricordargli che il Parco, istituito nel gennaio 1985 attraverso un percorso partito molti anni prima con la raccolta di firme e la presentazione nel 1978 di una legge di iniziativa popolare, nel 1997 ha subito visto ridurre la propria superficie da circa 54.000 ettari agli attuali 20.598 ettari. In questo modo è stata salvaguardata la presenza delle cave marmifere, designate come “Aree Contigue di Cava (ACC)” con un equilibrismo lessicale poiché in realtà esse si trovano nel cuore del Parco, con danni irreversibili in termini di perdita di paesaggio, di biodiversità, di benessere economico e sociale che le Apuane pagano insieme alle comunità che ospitano.


Gli abbiamo scritto perché è vero che il marmo viene scavato in alcune zone delle Apuane da oltre 2000 anni e con il bianco statuario di Carrara sono state realizzate alcune tra le più grandi sculture ed opere che l’umanità annovera: il David e la Pietà di Michelangelo, le statue di Canova e di Bernini, l’arco di Costantino e il Foro Italico di Roma, la Grande Arche di Parigi. Ma mentre dall’antichità al 1990 si stima siano state scavate 500.000 tonnellate di marmo, dal 1990 ad oggi si parla di 30 milioni di tonnellate; in questi ultimi anni si è arrivati a 5 milioni di tonnellate l’anno e solo 50.000 sono di statuario. La gran parte del marmo scavato è destinato alla produzione di rivestimenti e pavimenti e di carbonato di calcio che finisce nei formaggi, nel pane, così come nella carta e nell’edilizia.

La cava delle Cervaiolei da Passo Croce. Il Picco Falcovaia non esiste più


Gli abbiamo scritto, ancora, per segnalargli che gli apuani sono i cittadini toscani con il reddito più basso, inferiore sia al dato medio regionale che a quello nazionale, con un elevato tasso di disoccupazione sia per i lavoratori impiegati nelle cave (grazie ai nuovi macchinari introdotti con il processo tecnologico) che nel settore della trasformazione; la ricchezza del marmo viene esportata lasciando sul luogo macerie e povertà. Nei mesi scorsi sono state raccolte oltre 5000 firme di cittadini che chiedono la trasformazione del parco regionale in parco nazionale, in quanto evidentemente la struttura regionale non riesce a garantire l’impegno di conservazione di un territorio che le cave “mangiano” giorno dopo giorno.
Da ultimo gli abbiamo scritto anche di noi, associazioni ambientaliste che faticosamente cercano a titolo di volontariato, a proprie spese e impegnando il proprio tempo, di tutelare l’ambiente e di difendere il territorio, ma che poi vengono condannate al pagamento delle spese legali. Tutto questo è certamente legale, ma non è giusto.
Abbiamo provato anche questa strada. E continueremo a provarne altre, almeno fino a quando, un giorno, saremo costretti a dire “vedete, lì un tempo c’erano le Alpi Apuane”

Fabio Valentini