Marmolada: un rilancio basato sulla qualità e l’eccellenza della montagna
Documento programmatico per un futuro sostenibile per la Regina delle Dolomiti.
Un futuro oltre lo sci
Era il 1988 quando Mountain Wilderness proponeva alle Istituzioni il primo documento che chiedeva una serie di investimenti tesi a migliorare diversi ambiti paesaggistici della montagna e contemporaneamente avviare un turismo che andasse oltre lo sci.
Da allora la storia di Mountain Wilderness è legata a doppio filo al futuro della Regina delle Dolomiti.
Di seguito vi proponiamo un aggiornamento del documento programmatico è alla base delle azioni di Mountain Wilderness in Marmolada.
Il documento di Mountain Wilderness
Durante i mesi estivi e autunnali la Marmolada è ritornata alla attenzione della pubblica opinione grazie alla raccolta diffusione di una piattaforma – mozione che chiede agli enti pubblici interessati di intervenire nella pulizia del versante Nord dalla presenza dei plinti di strutture sciistiche dismesse o mai state operative e l’invito a mantenere l’intero versante libero da impianti di risalita. Una petizione che ha trovato consensi diffusi, non solo presso escursionisti o il mondo che vive profonde sensibilità naturalistiche, ma anche presso imprenditori locali. E’ una attenzione che non può andare perduta. Mountain Wilderness sostiene i contenuti della mozione – appello in quanto coerente con l’impegno che l’associazione ha svolto e continua a svolgere da tre decenni sulla montagna dolomitica.
Vogliamo cogliere l’occasione per riproporre agli enti territoriali interessati e alla Fondazione Dolomiti UNESCO riflessioni più complessive, articolate. Con questo siamo a ritornare ad offrire, come nel passato, la nostra ampia disponibilità alla collaborazione laddove sia ancorata a saldi principi conservativi e di riqualificazione dell’esistente.
Mountain Wilderness da oltre 30 anni è protagonista del confronto sulla Marmolada e l’approfondimento dei suoi valori. Dapprima grazie ai due campi organizzati nel 1988 e 1989 che hanno portato ala raccolta e allo smaltimento di tonnellate di rifiuti sotto la parete Sud e sul ghiacciaio nel versante Nord. Un recupero non ancora terminato in quanto dovrebbero essere gli enti pubblici che gestiscono il territorio i protagonisti di tale rimozione, vista anche la complessità dell’azione sotto il profilo della sicurezza.
In quegli anni, ancor prima grazie al sostegno di SOS Dolomites (1985 – 1990) Mountain Wilderness è stata protagonista nel bloccare i progetti di un previsto collegamento sciistico passo San pellegrino – Forca Rossa – Val di Franzedas.
A seguire la Marmolada è stata campo di azione nella lotta contro l’eliturismo (terminato nel dicembre 2012 grazie all’accordo con la società funiviaria), contro lo sci estivo (attività terminata causa i cambiamenti climatici in atto), contro la assurdità della gara di golf sul ghiacciaio (luglio 1997) e altre situazioni minori affrontate con continuità dal nostro sodalizio.
Fin dall’agosto 1998 Mountain Wilderness ha sostenuto la necessità di interventi sulla montagna tesi a riportarle la dignità che merita: dignità paesaggistica, naturalistica, ambientale, di riqualificazione e rilancio anche turistico. Non è stata casuale la nostra partecipazione a più percorsi che stimolavano tale indirizzo. Il primo è stato gestito nella primavera 2003: per la prima volta accanto ad una associazione ambientalista si sono confrontate le due amministrazioni Regione Veneto e la Provincia Autonoma di Trento, i Comuni di Canazei e Rocca Pietore alla ricerca del superamento di un conflitto sui confini che ha portato la Marmolada a risultare territorio abbandonato e oggetto di interventi non coerenti con l’ambiente e il paesaggio, con i suoi più forti valori. Tale tavolo veniva vanificato pochi mesi dopo con il rilascio della autorizzazione da parte della Provincia di Trento per il rifacimento del terzo tronco della funivia Malga Ciapèla – Punta Rocca. Causa questa decisione Mountain Wilderness toglieva la firma dall’accordo (luglio 2003).
Si è poi presentata una seconda occasione, purtroppo relegata al solo settore trentino, 2005 – 2007, quando, con la regia del MUSE, venivano messe in rilievo tutte le potenzialità di sviluppo, ma anche di conservazione, che il gruppo della Marmolada presentava. Anche questo progetto è stato poi accantonato in quanto gli attori istituzionali della valle di Fassa, e la stessa provincia autonoma di Trento, in realtà nascondevano un unico obiettivo: il solito collegamento funiviario Alba di Canazei – passo Fedaja – Pian dei Fiacchi nel cuore del ghiacciaio, verso Punta Rocca, con l’obiettivo di fare concorrenza alla funivia già presente in territorio veneto. Dopo una prima collaborazione Mountain Wilderness veniva lasciata ai margini del confronto e il tutto si è eclissato nel nulla e in centinaia di pagine di documentazione.
Da allora l’intero gruppo della Marmolada ha subito solo attenzioni speculative, o pubbliche (Provincia di Trento e Comune di Canazei) o di singoli privati, concentratisi specialmente nelle valli di penetrazione, Contrin, Val san Nicolò, passo San Pellegrino. Una visione d’insieme del gruppo dolomitico non ha più preso corpo.
Con l’inserimento del gruppo della Marmolada fra i siti tutelati come patrimonio naturale dall’UNESCO si era riaccesa la speranza di un recupero della montagna attraverso il piano di gestione Dolomiti 2040, piano che ha visto l’impegno costruttivo della associazione: sulla Marmolada aveva portato proposte ben precise. Anche questo impegno è andato deluso causa l’immobilismo degli enti istituzionali che guidano la Fondazione Dolomiti UNESCO.
Oggi la Marmolada è ancora oggetto di attenzioni: alcune discutibili come il progetto di rifacimento della superata e oggi abbattuta storica bidonvia (non è accettabile il prolungamento del tragitto oltre il rifugio Pian dei Fiacconi), altre più leggere sulle quali siamo aperti al confronto.
A nostro avviso è comunque prioritaria una condizione: un quadro di lettura complessivo delle opportunità che la Marmolada offre, sia in termini di riqualificazione paesaggistica, di affermazione della storia con la Grande guerra e lo sviluppo delle attività sportive (sci e alpinismo, escursionismo), di cultura e identità della montagna. Nel concreto dobbiamo purtroppo recuperare quanto avevamo già anticipato fin dal 1998 e poi ribadito nello storico accordo con la società funiviaria Marmolada – Tofana Spa nel 2012 – 2013. Quanto proponiamo dovrebbe trovare forza e quindi azione diretta, senza più dilazioni temporali, dal fatto che Marmolada è uno dei 9 gruppi inseriti nella lista di monumenti naturali patrimonio dell’umanità. Illustriamo quindi i temi che dovrebbero risultare centrali in un progetto di rilancio del gruppo Marmolada, accennandoli in poche righe, poco più che dei titoli che meritano approfondimenti coinvolgendo più competenze, storiche, scientifiche, sportive, imprenditoriali e associative.
I punti programmatici
- Il confronto sulla Marmolada non può trovare sbocco in una visione parziale del suo territorio. Un confronto ridotto ad una unica specificità istituzionale del territorio non può che acuire il conflitto in atto sui confini. Un progetto di riqualificazione sociale, economica e ambientale della Marmolada lo si può attuare solo con una lettura complessiva dell’intero gruppo comprendendovi quanto per competenza diretta i comuni di Rocca Pietore, Falcade, Soraga, Moena, San Jean, Mazzin, Campitello e Canazei, quindi la Provincia autonoma di Trento e la Regione Veneto. La guerra dei confini andrebbe quindi abbandonata, prendendo atto fra le parti coinvolte, in modo sereno e responsabile, della situazione attuale confermata ormai da innumerevoli e sempre univoche sentenze.
- Accessibilità. In Marmolada, sul versante Nord, va garantita una accessibilità in sicurezza. Alcuni interventi anche recenti non hanno risolto i problemi.
- Mezzi a motore. Nelle valli laterali, di penetrazione verso la montagna, si devono adottare misure che limitino al massimo possibile la penetrazione del territorio con mezzi di trasporti a motore privati.
- La grande guerra. Il gruppo della Marmolada è stato scenario di aspri combattimenti fra il 1916 e il 1917. Gli austriaci erano arrivati a costruire quale loro difesa una città nel ghiacciaio. Una idea stupefacente per i tempi, realizzata. I segni della guerra sono ancora oggi leggibili, in tutto il gruppo. Non è casuale che vi si siano strutturati ben tre musei, privati: Punta Serauta, passo Fedaja e passo Selle. Uno possibile, in divenire, l’Ospizio di passo San Pellegrino. E’ una storia che lega le diverse vallate, che va letta nel suo insieme e va ripresentata all’interno di uno specifico progetto.
- Il paesaggio – parcheggi e impianti obsoleti. Marmolada è esempio di degrado, purtroppo diffuso. Dopo i periodi di gloria che arrivano fino agli anni ’70, un po’ causa la guerra dei confini, un po’ la sciatteria delle amministrazioni pubbliche e l’invadenza, non controllata, superficialmente gestita, della imprenditoria privata, specie il versante Nord della Marmolada ha vissuto un continuo degrado – abbandono. I temi strategici per riportare dignità all’insieme del gruppo a nostro avviso sono questi: i parcheggi a passo Fedaja, da ridimensionare e ordinare; la qualità dell’edificato con specifica attenzione al risparmio energetico; la pulizia del ghiacciaio e la rimozione dei manufatti dei diversi impianti oggi non utilizzati.
- Il giro del lago. Il lago di Fedaja, seppur artificiale, è un valore della Marmolada. Oggi il giro del lago è privo di gestione, l’abbandono trionfa e lo si legge. La situazione la si può recuperare integralmente offrendo attenzione al tema sicurezza (idrogeologica – valanghiva), all’inserimento paesistico del circuito, alla doppia finalità pedonale – ciclabile. Un anello di alto valore turistico e sportivo. Sicuramente una delle potenziali offerte forti anche sul piano dello sviluppo.
- L’escursionismo. L’Alta via n° 2 e Alta via della Marmolada. La storia della Marmolada è innanzi a tutto escursionistica. Ancora oggi vi transitano percorsi storici: gli arroccamenti dai diversi fondovalle e l’Alta via delle Dolomiti n° 2, Bressanone – Feltre, un percorso sempre più trascurato. A questo si aggiungono sentieri in quota, impegnativi e semplici escursioni: senza molto impegno è possibile promuovere l’alta via della Marmolada, un collegamento fra i diversi rifugi veneti e trentini che attraversi le principali vallate di penetrazione del gruppo.
- Gli sport, sci e alpinismo. In Marmolada è nato lo sci delle Dolomiti. Il ghiacciaio permetteva l’agibilità fino a tutto l’estate. Si sono svolte gare di profilo internazionale, hanno gareggiato diversi campioni olimpici. Ancora oggi tutto il gruppo è interessato da una intensa attività scialpinistica. In estate si sono sviluppati percorsi di bike di grande interesse. Marmolada è stata soprattutto scuola di innovazione alpinistica grazie alle offerte della straordinaria parete Sud. L’intero gruppo è una grande e diffusa palestra sportiva naturale. Sono storie che vanno riprese, divulgate e sostenute, ovviamente inserite in un progetto logico e specialmente sostenibile.
- L’offerta gastronomica. Specialmente in questi ultimi anni la povera gastronomia delle montagne dolomitiche ha trovato espressioni di eccellenza anche nel gruppo della Marmolada. Se l’eccellenza non ha bisogno di promozione può invece diventare motore di elevazione qualitativa per tutti i punti ristoro che gravitano attorno al gruppo.
- I temi dell’energia idroelettrica. Marmolada fa parte della storia dello sviluppo dell’industria idroelettrica italiana: l’energia rinnovabile che dove ben gestita ha permesso lo sviluppo dirompente dell’Italia del dopoguerra. La tecnologia di questa forma di produzione di energia è poco conosciuta. Grazie alla collaborazione della società che gestisce la produzione energetica delle diga di Fedaja è possibile avviare un percorso di rivisitazione tecnologica, anche grazie alla formazione di specifico personale.
- La grande scienza fisica – glaciologica, geologica, naturalistica. Marmolada ha ricevuto attenzione anche dal mondo scientifico. Certo per motivi di esplorazione naturalistica, certo per approfondimenti geologici (l’unico gruppo inserito in dolomiti UNESCO formato da specifico calcare non dolomitico, intrusioni di rocce metamorfiche), certo per la presenza del ghiacciaio sul versante nord, ma anche perché negli anni ’30 aveva attratto passo Fedaja studiosi fisici di profilo nazionale. L’intero gruppo della Marmolada merita che tutti questi aspetti vengano ripresi e approfonditi, inseriti in un circuito informativo – formativo sviluppando interazioni con il mondo accademico. Gli stessi studi che interessano il ghiacciaio ormai da decenni meritano di essere collegati in un profilo di approfondimento internazionale (grazie al gruppo glaciologico della SAT, del CAI e di diverse università).
Abbiamo messo in rilievo gli aspetti più importanti che qualora inseriti in un progetto organico, di gruppo montuoso, sicuramente risolverebbero gran parte die problemi che la montagna italiana sta affrontando: sviluppo economico, attenzione all’ambiente, intervento nel sociale con la creazione di numerosi posti di lavoro, anche ad alta qualificazione professionale. Si tratta di un impegno che riporterebbe in Marmolada l’insieme delle identità che sono state la sua forza nei primi anni del turismo (anni 30 – 70 del secolo scorso), attenzione anche al tema dello spopolamento specie per quanto riguarda il territorio bellunese, attenzione rivota alla minoranza linguistica ladina che non si arena solo nella parte codificata a livello istituzionale ma affonda le radici anche in comuni confinanti della provincia di Belluno. Un progetto così articolato, che vede nella stesura la partecipazione e la condivisione in soggetti fra loro molto diversi, sicuramente riuscirebbe ad attingere idee che qui non sono state illustrate.
Sicuramente Mountain Wilderness Italia, collegandosi ai contenuti della recente petizione che ha visto la sottoscrizione di oltre 4.500 cittadini, ritiene prioritaria una partenza che abbia tre obiettivi di breve termine:
la pulizia del versante Nord dai residui di vecchi impianti;
la manutenzione qualitativa del ghiacciaio e il suo continuo monitoraggio;
evitare la costruzione dell’impianto che sostituirebbe la demolita bidonvia lasciando il versante Nord libero da infrastrutture di risalita meccanica.
Confidando nelle sensibilità presenti negli enti in indirizzo ci attendiamo una forte risposta propositiva a quanto da noi illustrato.