Mondiali 2021 e Olimpiadi 2026: quali ripercussioni sul territorio?

Il 3 gennaio si è svolto a San Vito di Cadore un incontro organizzato dal Comitato locale No Variante Anas. Erano invitati cittadinanza e turisti per parlare del futuro del paese e del modello di sviluppo turistico. Tra gli ospiti Luigi Casanova, di seguito il suo intervento.

E’ passata l’idea che i grandi eventi sportivi portano sui territori interessati una ricaduta economica e sociale importante, e stabile.

Lo si legge nelle dichiarazioni di ampi settori politici, dell’associazionismo imprenditoriale e anche sindacale, negli studi, ben pagati, di alcune università. Lo si legge, con evidenza, nel dossier di candidatura di Milano e Cortina alle Olimpiadi invernali 2026: vi si afferma che si combatterà lo spopolamento della montagna, si lasceranno nuove opportunità di lavoro.

E’ proprio vero? Rispondiamo a due domande.  I Mondiali di sci alpino 2021 cosa hanno lasciato a Cortina?

E le prossime Olimpiadi cosa lasceranno al bellunese intero?

Le risposte. Per Cortina 2021 il rilancio del nome. Del marketing turistico di alta classe (obiettivo diverso dalla qualità). La montagna delle Tofane e della catena dell’Averau è stata squarciata. Strade, dovevano essere cantieri di lavoro e venire smantellate: sono rimaste, ampie, imponenti.

Per Cortina 2026 non lo si sa. Sicuramente ancora rilancio del marketing turistico. Si alimenterà la fuga dei residenti, specie i giovani causa affitti onerosi, impossibilità di acquisto di un minimo immobile. Sicuramente non ci sarà un potenziamento dei servizi: salute, scolarità, mobilità pubblica, assistenza, cura del territorio, innovazione.

Ci saranno strade. Tante. Si deve velocizzare l’arrivo (e quindi, ma non lo si dice, la partenza). Si aumenterà il traffico privato. Si sarà consumato suolo pregiato, e paesaggio, saranno aumentati i rischi idrogeologici della valle del Boite.

Dall’intero impianto olimpico nel bellunese arriveranno 1,5 miliardi di euro. Per le strutture sportive ne serviranno circa 215 (pista di bob, qualora la si imponga, villaggio olimpico, stadio del ghiaccio, area dei trampolini – medal-plaze, raccordi aree sciabili)

30 milioni andranno alla ridefinizione delle stazioni ferroviarie di Belluno, Ponte nelle Alpi e Longarone, sulla attuale linea. Un totale che non supera i 250 milioni, il 15% della spesa prevista. E’ evidente: le Olimpiadi non si fanno per decantare lo sport, ma per costruire opere altrimenti improponibili.

Tutto il resto sarà ingoiato in circonvallazioni, gallerie, parcheggi, centri vendita e immobili, anche nel cuore di Cortina. Sembra di leggere un programma di sviluppo datato anni ‘60 – 70. I giovani montanari, i ragazzi che hanno studiato grazie ai sacrifici dei genitori, saranno tutti destinati alla manutenzione di queste opere, o al lavoro negli alberghi e ristorazione? E’ questa la Legacy olimpica? In Italia sembra sia proprio così. Nel bellunese, in Sudtirol, in Valtellina, nella città di Milano è così. Si cacciano i residenti, i nostri giovani mangeranno cemento, i nuovi arrivati troveranno la montagna urbanizzata, anche culturalmente. Tutto è stato deciso in assenza di un confronto preventivo con  chi il territorio lo abita.

Tutto è stato deciso in assenza di un piano della mobilità: provinciale, regionale, internazionale. Un piano che l’ambientalismo bellunese chiede a forza da trent’anni.

Le opere vengono decise e gestite da commissari impedendo ai cittadini, alle associazioni, agli operatori economici di avere un tavolo dove discutere opportunità, come fare, perché fare e perché non fare o scegliere altro. Ad esempio la ferrovia delle Dolomiti. O perlomeno il collegamento Calalzo – Cortina e poi lo sbocco verso Dobbiaco.

Su tutta la montagna italiana si discute del futuro della montagna. Pensiamo al valore del Manifesto di Camaldoli. Laddove c’è pensiero progressista si discute delle filiere: del legno, del turismo, dell’agricoltura e della ristorazione, del trasporto misto pubblico privato, del settore energetico, della riconversione edilizia, del recupero identitario dei valori della montagna, di biodiversità e aree protette, cambiamenti climatici e collegamento culturale con le università italiane.

Ed invece a Cortina, nel Veneto, si è solo imposto. Senza confronto. Tutto è stato deciso a Venezia. Vincitrice assoluta risulterà essere la città di Milano. Altro che la montagna. La montagna ne esce umiliata e stracciata. Come sta accadendo a San Vito, come accadrà nel cuore di Cortina, come accadrà sulle alte quote: penso ai collegamenti sciistici Cortina – Badia, verso Arabba, verso Alleghe. Chi ha deciso tutto questo? La ristretta squadra di Confindustria e di chi dirige la Regione Veneto. Non un respiro è stato chiesto a voi. Non un alito di informazione. In Trentino, in Sudtirol, in Valtellina, a Milano come nel bellunese. Trattati da sudditi, tutti. Esclusi i vertici di Confindustria, categorie economiche e politiche.