Nessun fondamentalismo ma coerenza con la nostra “mission”

Periodicamente Mountain Wilderness viene accusata di integralismo da chi confonde coerenza e onestà intellettuale per fondamentalismo.
Pubblichiamo di seguito un articolo di Carlo Alberto Pinelli del 2012 in risposta alle accuse di Reinhold Messner e Simone Moro. Sono le stesse accuse che, da anni, sentiamo ripetere come un disco rotto. Da parte nostra difendiamo la nostra posizione consapevoli che tenere la barra dritta costa fatica ed energia ma alla fine porta sempre risultati.

Carlo Alberto Pinelli

 

Fondamentalisti noi di MW? Pinelli respinge l’accusa

Sui compiti di Mountain Wilderness, nato come un movimento internazionale di alpinisti interessati alla coraggiosa difesa del patrimonio montano, fa chiarezza in questo documento (intitolato, appunto, “Facciamo chiarezza”) il presidente Carlo Alberto Pinelli.
Va molto di moda, in questi ultimi anni, bollare con l’accusa di fondamentalismo e integralismo tutti coloro che nutrono convinzioni diverse dalle proprie. E magari ( oh scandalo!) intendono comportarsi coerentemente con le implicazioni che da quelle convinzioni discendono. Credo che bisognerebbe cominciare a utilizzare tali termini con grande cautela, per evitare che si trasformino – come difatti sta già accadendo – nell’ultima e risibile arma di chi non ha niente di meglio da opporre alle ragioni degli avversari. Stupisce che siano stati vittime di questo trabocchetto due persone intelligenti come Simone Moro ( vedi il numero di dicembre 2012 della rivista OROBIE) e Reinhold Messner. Soprattutto Messner, il quale continua in ogni occasione ad accusare Mountain Wilderness di fondamentalismo e di estremismo di stile talebano. Questa pretesa involuzione integralista starebbe alla base del suo definitivo allontanamento dall’associazione. Diciamo subito che Mountain Wilderness deve molto a Reinhold Messner. Se nei primi anni di vita la nuova associazione degli alpinisti-ambientalisti acquistò un respiro interazionale e una indiscussa credibilità, molto dipese dall’attivo e entusiastico coinvolgimento del “re degli ottomila”. Poi, a poco a poco, le convinzioni di Messner presero una direzione sempre più divergente dalla “mission” sancita dal nostro statuto. Un percorso legittimo e rispettabile, pur nelle sue numerose e a volte vistose contraddizioni, dal quale tuttavia derivò la definitiva e dolorosa rottura. Ci auguravamo che Messner, seppure dall’esterno, avrebbe continuato a collaborare con noi riguardo a una serie di tematiche che ci trovavano oggettivamente ancora in sintonia.

1988.08 Entreves , Mountain Wilderness agosto 1988. Pinelli e Messner

Così purtroppo non è stato. Almeno fino ad ora. Dal momento in cui ha voltato le spalle a Mountain Wilderness, Messner ha evitato di aggiornarsi e di seguire le nostre attività. Con il risultato che le sue accuse non solo appaiono generiche e ingenerose, ma sono scarsamente sostenute dalla realtà dei fatti. E allora ci si permetta di riassumere in poche parole, a beneficio non solo di Reinhold Messner, cosa è oggi Mountain Wilderness.
Mountain Wilderness nasce come un movimento internazionale di alpinisti interessati alla coraggiosa difesa del patrimonio montano. Fin dagli inizi l’associazione ha sempre declinato in senso molto ampio il termine “alpinisti”, includendovi a pari diritto tanto gli alpinisti in senso tradizionale, quanto gli escursionisti e gli attivi amanti degli spazi montani, siano costoro abitanti nelle città, nelle pianure o nelle vallate alpestri. L’Associazione sostiene il proprio diritto di operare a tutti i livelli per la difesa dell’integrità delle montagne, sia in senso ecologico ( biodiversità, ecc,) sia in senso umanistico/spirituale. Attraverso azioni di alto contenuto emblematico, iniziative culturali e un attento lavoro sul territorio Mountain Wilderness si adopera affinché le esperienze esistenziali che gli esseri umani possono vivere negli ambienti montani incontaminati ( o modificati nel tempo da limitati interventi umani ), non vengano progressivamente inibite dall’invasione di ulteriori infrastrutture, da una smodata pressione antropica, da una riduzione esclusivamente ludico/consumistica della proposta turistica. In una parola Mountain Wilderness propaganda una cultura del rispetto e dell’attenzione.
L’Associazione è profondamente convinta che dalla efficace tutela del patrimonio montano traggono o trarranno nel medio periodo reali vantaggi ( sia economici, sia attinenti alla qualità della vita) anche le popolazioni che abitano, vivono e operano nelle vallate montane e di conseguenza non esita a porsi al loro fianco per individuare le più efficaci strategie operative volte a tal fine. Crediamo fermamente che un simile approccio dovrebbe essere sempre messo nel conto, quando se ne scorgano le possibilità. Avendo tuttavia chiara la consapevolezza di quali siano i compiti, la funzione e i limiti di una associazione ambientalista. Perché anche dietro a questo intendimento virtuoso si nasconde il rischio di un equivoco che è opportuno evitare. Noi, in quanto associazione, rappresentiamo gli interessi diffusi della intera comunità nazionale; anzi della sua parte culturalmente più avanzata. Apparteniamo a un’avanguardia che persegue precise scelte ideali. Se non viene gestita con particolare rigore metodologico l’ intensa frequentazione dialettica con gli esponenti delle convenienze locali può finire con lo spingerci, passetto dopo passetto, verso pericolosi compromessi, pur di raggiungere qualche risultato concreto. E’ la famosa scelta del male minore. Guai a dimenticare la frase di Hanna Arendt: “ Chi sceglie il male minore troppo presto si dimentica che è comunque un male”. Il cuore della “mission” di Mountain Wilderness sta nella testimonianza. Il raggiungimento di risultati concreti può esserne una conseguenza; non un metro di giudizio.

Green Days al Passo Sella

Una testimonianza chiara ed esemplare, ma allo stesso tempo non violenta, non arrogante, aperta a suggerimenti. Ripetiamolo per eccesso di chiarezza: Mountain Wilderness non esclude affatto dall’ orizzonte delle proprie priorità la tutela della montagna antropizzata, nella prospettiva della valorizzazione intelligente di un patrimonio culturale di cui riconosce il ruolo e il valore propositivo, al di là delle inevitabili trasformazioni dovute alle oggettive richieste della modernità. Il compito di Mountain Wilderness dovrebbe essere anche quello di collaborare con i montanari per aiutarli a non perdere il contatto con le loro radici. Si tratta di un impegno delicato, che richiede comprensione, disponibilità al dialogo e all’ascolto; e soprattutto umiltà. In questo campo, non ci sono difficoltà ad ammetterlo, abbiamo ancora molto da imparare. Imparare si, ma senza lasciarci intimidire, per conformismo demagogico, dalla pretesa degli abitanti locali di essere gli unici ad avere il diritto di decidere sul destino del territorio nel quale casualmente sono nati. Fin qui la teoria. Nella pratica Mountain Wilderness continua a operare in Asia e in Sud America per offrire alle popolazioni montanare più povere gli strumenti utili al miglioramento dei loro livelli di vita, nel rispetto dell’integrità naturale dei territori in cui vivono. Negli Appennini Mountain Wilderness sta mettendo a punto una interessante alleanza con il mondo dei pastori. Nelle Alpi favorisce incontri e dibattiti volti alla identificazione di percorsi che conducano ad un effettivo miglioramento della qualità della vita e ad uno sviluppo non schizofrenico, dannoso per il patrimonio naturale. Importanti e ripetute sono anche le iniziative della nostra associazione volte a ottenere un ridimensionamento della viabilità nelle Dolomiti, il bando generalizzato dell’eliski, il controllo dei fuori strada, delle motoslitte e dei quad. Senza dimenticare la difesa dei beni comuni fondamentali. Molte sono state le sconfitte, come era logico aspettarsi data la sproporzione tra le forze in campo. Ma importanti anche i successi. Siamo stati noi a mettere in moto il complesso meccanismo che ha portato a ottenere l’inserimento di molte vette dolomitiche nell’elenco dei Grandi Monumenti Naturali dell’UNESCO.

Rifiuti sulla Marmolada, Canale del Gigio, bonifica

Grazie a noi oggi sulla Marmolada non è più permessa la pratica dell’eliski. A noi si deve il blocco dei nuovi impianti sciistici sulla Palantina ( Cansiglio). A suo tempo fu grazie alla mobilitazione organizzata da Mountain Wilderness che i Monti della Laga vennero inclusi nei confini del Parco Nazionale del Gran Sasso. E l’elenco potrebbe continuare per un pezzo. Ma fermiamoci qui. In estrema sintesi Mountain Wilderness combatte ( senza fondamentalismi, mi spiace deludere i cultori di simili luoghi comuni!) contro chi considera le nostre montagne soltanto come un banale e pittoresco fondale, di fronte al quale è lecito compiere qualsiasi abuso. Vorremmo che le critiche di Reinhold Messner partissero da queste realtà.

Carlo Alberto Pinelli