Perché l’Italia non è verde

Abbiamo un rapporto rapace e aggressivo verso la natura che, per quanto affascinante, continuiamo a considerare matrigna. Di Piero Ignazi. Copyright: La Repubblica, 29/5/2019.

La vera sorpresa di queste elezioni risiede nel voto ai partiti verdi. Quasi ovunque — con la vistosa eccezione dell’Italia — le liste ecologiste avanzano fino a ottenere risultati storici. Sopra ogni altro spicca il 20.5% dei Grünen tedeschi, balzati al secondo posto nelle elezioni di domenica: è la prima volta dal dopoguerra che uno dei due grandi partiti, Cdu e Spd, retrocede al terzo posto. Il fatto che ciò avvenga nel paese più importante d’Europa, in quello che ha visto l’affermazione del partito di riferimento del movimento verde in tutto il continente, indica che stanno saltando gli equilibri nell’area della sinistra europea e si sta affermando una nuova offerta politica. I verdi non sono — né sono mai stati in realtà — partiti monotematici, interessati solo ai problemi ambientali. Fin dai loro esordi, nei primi anni Ottanta, si sono presentati con una agenda “libertaria-ecologista”, dove i diritti civili, la parità di genere, la partecipazione diretta alle decisioni erano centrali tanto quanto l’opposizione al nucleare e la difesa ambientale. Per molto tempo verdi e socialisti sono stati in competizione, lungo il (falso) dilemma crescita contro sviluppo: la crescita economica, portatrice di occupazione e buoni salari secondo i socialisti, doveva prevalere sulla compatibilità ambientale e lo sviluppo sostenibile. Nel breve periodo sono stati i socialisti a vincere la sfida anche perché hanno accettato molte delle proposte degli ecologisti.

Poi, a partire dalla Grande Crisi la situazione è cambiata e sappiamo quanto i socialisti siano rimasti intrappolati nella loro soggezione culturale al modello neoliberista, incapaci a rappresentare con politiche adeguate la ragion d’essere di partiti di sinistra. La prima sfida nei loro confronti è venuta da destra, dagli estremisti populisti che ne hanno eroso la tradizionale base popolare. A questa sfida da destra ora se ne affianca una da sinistra che non punta a sottrarre i voti popolari, bensì quelli di una fascia acculturata e metropolitana, attenta alla qualità della vita più che “alla fine del mese”. Questa componente borghese si era indirizzata verso i socialisti grazie soprattutto all’adozione di una serie di misure inerenti i nuovi diritti civili, e grazie a questo nuovo apporto avevano in qualche misura retto all’urto dei populisti. Ma ora i partiti socialisti cedono anche sul fianco sinistro a fronte di attori politici più coerenti sulle tematiche post-materialiste e, soprattutto, con una credibilità ben maggiore per affrontare le sfide del cambiamento climatico. I verdi non solo hanno sfruttato il “momento Greta”, ma raccolgono il frutto di una coerenza di lungo periodo su un ventaglio di temi che spaziano dall’economia verde alla parità di genere.

Questo vale pressoché ovunque salvo in Italia, dove i verdi stagnano a cifre risibili. Vi sono ragioni culturali e politiche per questa marginalità. Sul primo versante, nella nostra cultura nazionale l’attenzione all’ambiente è incomparabilmente inferiore rispetto a quella nei paesi del nord. Abbiamo un rapporto rapace e aggressivo verso la natura che, per quanto affascinante, continuiamo a considerare matrigna. La devastazione del territorio attraverso un consumo insaziabile e una distruzione delle sue “regole” non ha mai inquietato nessuno. Salvo piangere a disastri avvenuti. Sul versante politico, da un lato grava la pessima prova che i verdi hanno fornito quando erano al governo sia a livello nazionale che locale (con la vistosa eccezione dell’amministrazione capitolina di Francesco Rutelli), dall’altro la concorrenza che è stata fatta loro, da più di un decennio dai grillini — e direttamente da Beppe Grillo attraverso il suo Blog — che hanno nel loro Dna una chiara componente ambientalista e che a livello locale si sono mobilitati su varie campagne, note ( Tav e Ilva) e meno note. Sia il mercato politico che il “sentiment” dell’opinione pubblica rendono impervia la strada di un partito verde.