Rigopiano, la straordinaria dinamica della valanga

Dopo la scomparsa della neve, i servizi del TG3 nazionale e il TGR Abruzzo hanno ricostruito il cataclisma sulla scorta dei rilievi effettuati da Mountain Wilderness di Mario Marano Viola

La località montana del Gran Sasso d’Italia, diventata tristemente nota a livello internazionale per la valanga del 18 gennaio 2017 che ha distrutto a Rigopiano l’unico albergo costruito accanto a un vecchio rifugio causando la morte di 29 persone, non è ancora raggiungibile dopo cinque mesi dalla tragedia. Le tre strade provinciali che portano a Rigopiano da Farindola (PE), da Castelli (TE) e da Castel del Monte (AQ) sono ancora sbarrate per impedire lo sciacallaggio.
Il 12 giugno 2017 ho accompagnato la giornalista del TGR Roberta Mancinelli sul costone est del Monte Siella per mostrarle il percorso della valanga che ha seguito un itinerario alternativo rispetto alle valanghe più antiche transitate nell’alveo della Valletta Genzianella prima, della Valle Bruciata poi, fino alla conoide basale di Rigopiano. Ci siamo trovati di fronte a un percorso anomalo che ha prodotto una valanga di grandi dimensioni in larghezza e in altezza, che nella parte finale ha occupato un sito (quello dell’albergo e del rifugio) ritenuto sicuro fin dall’antichità per la presenza di un monastero benedettino dal IX sec. al XIX sec. d.C.
Ho scritto in precedenza che questo tipo di valanga non poteva essere previsto. A memoria d’uomo nessun montanaro dell’alta Valle del Tavo aveva tramandato ai posteri un evento disastroso di questa portata, sia per la quantità di neve pesante non saldata al cotico erboso ghiacciato sia per il forte terremoto che ha prodotto il fenomeno “nevemoto”. Da conoscitore di questa montagna mi sono interrogato all’indomani della tragedia sull’anomalia dell’evento che ho definito “libertino” per il suo andamento curvilineo.
Il versante adriatico del Gran Sasso tra il 6 e il 15 gennaio viene investito da correnti di aria fredda provenienti dai Balcani con temperature rigide e scarsa precipitazione nevosa sui rilievi. La cima del Monte Siella (m 2024) è appena imbiancata e i suoi costoni erbosi sono ghiacciati. Dal 15 al 18 gennaio le temperature risalgono notevolmente. Nell’arco di 96 ore la neve pesante cade ininterrottamente. Tutto il versante orientale dell’Appennino Centrale, dai Monti della Laga alla Majella, è isolato, con black out elettrico e impossibilità di comunicazione.
Nella fascia pedemontana, da 500 a 800 m, il 90% delle stalle crolla sotto il peso della neve e per le forti scosse di terremoto, causando gravi danni all’economia agricola. I paesi, le frazioni e le case sparse restano isolati per oltre una settimana. Nella mattinata del 18 gennaio la montagna viene svegliata da tre scosse sismiche. Nell’albergo di Rigopiano regna la paura. Tutti vogliono fuggire, ma la strada per Farindola è chiusa e la turbina non arriva. Nel pomeriggio, la quarta scossa sismica fa tremare nuovamente la montagna e l’albergo. Sul costone est del Siella inizia a staccarsi una muraglia di neve larga 300 m e alta 4 m, la quale scivola sul cotico erboso ghiacciato, seguendo il percorso delle slavine precedenti, dirigendosi verso destra. Dopo aver raggiunto il “sentiero dei mercanti”, nella parte più stretta della valletta larga appena 70 m, la massa nevosa si alza di volume, probabilmente fino a oltre 20 m. L’ala destra della valanga spezza i fusti dei faggi secolari di altitudine e si scontra con lo sperone roccioso in prossimità dei tornanti del sentiero e lo scavalca, precipitando su un dirupo molto scosceso.

L’impressionante traccia lasciata dalla valanga del 18 gennaio in questa foto di Marta Viola.

La parte centrale e l’ala sinistra della valanga si riversano nell’alveo basale della Genzianella. Il salto di 200 m circa dal sentiero dei mercanti alla base ovest del contrafforte del Monte Siella è da brivido, sia per il volume della massa nevosa in altezza sia per lo spostamento dell’aria. Il durissimo impatto della massa nevosa con le rocce spinge la valanga verso destra oltre l’alveo antico che, in leggera salita, forma un arco cancellando la foresta di alto fusto. La valanga, non potendo continuare a salire, vira a sinistra quasi ad angolo retto e penetra ortogonalmente sull’alveo della Valle Bruciata, scavalcandola. Non trovando la scarpata di sinistra dell’antico alveo, demolita durante i lavori di costruzione della strada Castelli-Rigopiano alla fine degli anni ’70, continua la sua corsa distruttiva contro il campeggio comunale, il parcheggio per autobus turistici e, infine, contro l’albergo e il vecchio rifugio.
I suddetti manufatti vengono distrutti dall’ala sinistra del fronte nevoso, largo 150 m e alto 30 m. Si tratta di un’apocalisse generata dalla combinazione di temperatura alta-bomba neve-neve pesante non saldata alla superficie della montagna-pendii ripidi-terremoto-nevemoto-velocità e potenza della massa nevosa. Il forte carico dal Monte Siella è scivolato dalle sue spalle e dai suoi fianchi a una velocità supersonica di fronte alla quale la foresta secolare non ha potuto opporre resistenza ed è stata abbattuta e spianata in pochi secondi.
Chi ha ricostruito il percorso della valanga dall’elicottero nel periodo in cui l’area era ricoperta di neve, non conoscendo la geomorfologia della montagna, ha reso un servizio non rispondente alla realtà. I responsabili della morte delle 29 persone per mancata prevenzione e soccorso sono noti a tutti. Gli Stati inquinatori della Terra che hanno alterato e dissestato il clima, sono responsabili anche di questo tragico evento. Una valanga normale avrebbe seguito l’antico percorso e si sarebbe fermata nella parte centrale della conoide di deiezione a 150-200 m dall’albergo.
I servizi del TG3 nazionale di sabato 17 giugno “Il settimanale estate”, del TGR Abruzzo delle 14 e delle 19, di RaiNews24 delle 17.30 e del TGR Abruzzo “Buongiorno Regione” di lunedì 19 giugno hanno stabilito questa chiara descrizione sulle cause che hanno prodotto la dinamica straordinaria. Le suddette emittenti televisive hanno riservato complessivamente 18 minuti per la divulgazione di questo contributo firmato Mountain Wilderness.
Mario Marano Viola