Soldi pubblici e neve che non c’è: la parabola lombarda dello sci d’alta quota.
In un’Italia che continua a rincorrere l’industria dello sci come se il cambiamento climatico fosse una suggestione da convegno, la Lombardia si conferma all’avanguardia nello sperpero di fondi pubblici. Mentre il clima muta rapidamente e le precipitazioni nevose si fanno sempre più incostanti, milioni di euro vengono ancora investiti in nuovi impianti di risalita, piste da sci e progetti di sviluppo turistico d’alta quota. È il caso della Valmalenco, dove il cosiddetto “Patto Territoriale per la Valorizzazione della Ski Area” promette sviluppo, ma rischia di lasciare dietro di sé solo seggiovie inutilizzabili e paesaggi sfigurati.

Nel 2022, Regione Lombardia ha destinato oltre 14 milioni di euro pubblici – che con i cofinanziamenti locali arrivano a 22 milioni – a un progetto che si presenta come riqualificazione ma che, alla prova dei fatti, tradisce il proprio stesso nome. La parte più problematica del piano è la nuova seggiovia quadriposto da Bocchel del Torno a Cima Sasso Nero, a 2900 metri di quota: un impianto destinato al freeride, cioè allo sci fuoripista su neve fresca, in un versante dove la neve fresca, semplicemente, non c’è. Non solo: anche in caso di innevamento artificiale, la pista prevista si trasformerebbe ogni sera in una lastra di ghiaccio, a causa dell’esposizione e della morfologia del terreno. È un progetto tecnicamente fragile, ambientalmente impattante e economicamente insostenibile.

Il paradosso è evidente: mentre i costi aumentano e il Comune di Chiesa in Valmalenco propone di rinunciare a un’opera per coprire le spese degli interventi più urgenti – come i parcheggi di servizio e il Centro Servizi di via Squadrani – Regione Lombardia impone il completamento della seggiovia al Sasso Nero, considerata “opera simbolo” del finanziamento. Si sacrifica il necessario per l’inutile, l’utile per il monumentale.
La contraddizione non è solo tecnica, ma culturale e politica. Il Patto stesso, nei suoi allegati, richiama espressamente la necessità di considerare gli effetti del cambiamento climatico e promuovere modelli di sviluppo sostenibili. Eppure, nelle scelte operative, questi principi vengono ignorati. Il Sasso Nero, belvedere naturale sul gruppo del Bernina, rischia di essere deturpato per una manciata di giorni di attività sciistica all’anno. In una stagione povera di neve come quella 2024-2025, la nuova seggiovia avrebbe funzionato solo per pochi giorni, molto lontano dalle 150 giornate previste dal progetto.

A fronte di tutto questo, le voci critiche crescono. Il Club Alpino Italiano – Sezione Valmalenco e Sezione Valtellinese – denuncia la miopia di queste scelte e chiede un’inversione di rotta: basta nuovi impianti, si investa nella manutenzione e riqualificazione di ciò che già esiste. Piste, rifugi, strutture sportive, sentieri, accessibilità, efficienza energetica: sono queste le priorità reali di una valle che ha molto da offrire anche senza l’assurda pretesa di trasformare ogni vetta in un carosello sciistico.
L’alternativa esiste e si chiama pianificazione intelligente, dialogo territoriale, valorizzazione dell’esistente. Lo ha dimostrato il workshop promosso da Unimont – Università degli Studi di Milano – a marzo 2025, in cui è emersa chiaramente l’esigenza di modernizzare senza cementificare, di gestire senza consumare. È tempo che le istituzioni ascoltino chi la montagna la vive davvero, fuori dalle stagioni promozionali.
Se davvero vogliamo che la montagna abbia un futuro, bisogna smettere di investirci come se fosse ancora il 1985.