Terminillo TSM2, si farà o no il mega ampliamento sciistico?
Giorni decisivi per il pronunciamento della Regione Lazio. Di Ines Millesimi
Giorni decisivi per l’approvazione
In pieno ritorno della pandemia Covid-19, questi sono i giorni decisivi per i tecnici della Regione Lazio ai quali è affidato lo spinoso compito di approvare o bocciare, oppure mediare con ennesima richiesta di modifiche, aggiustamenti o riduzioni, il progetto TSM2 sul Monte Terminillo. Non trapelano finora indiscrezioni. Al momento sono state recepite le controdeduzioni dei progettisti a seguito delle osservazioni critiche accolte dai tecnici della Regione Lazio e prodotte dalle Associazioni ambientaliste riunite sotto un solo cartello. Secondo queste ultime il TSM2 è un mega progetto di ampliamento sciistico sconsiderato, narrato come l’Eldorado del territorio post sisma; se da un lato sono in sofferenza i territori colpiti dal terremoto, i borghi pedemontani e le aree interne sempre più spopolati, se sono in crisi i centri più urbanizzati con perdita di posti di lavoro, il TSM2 pare assicurare già nel prossimo triennio la soluzione a tutti i mali, assicurandosi un ruolo di magico volano per l’economia locale e per l’indotto che ruota attorno allo sci e al turismo. Almeno così si prospetta.
Partiamo da dati oggettivi
Il Terminillo, la montagna più alta dei Monti Reatini, è un massiccio piccolo nel cuore dell’Appennino Centrale, abbastanza ben conservato nelle sue peculiarità paesaggistiche, naturalistiche e faunistiche, con un’area sciabile per ora circoscritta, creata nel secolo scorso e a basse quote. Le quote sono importanti per capire se vale la pena creare impianti di sci quando oggi nevica sempre meno. Con il TSM2 si aggiungerebbe, tra gli impianti nuovi o da rinnovare, 1 solo impianto a 1900 mt, a Sella di Leonessa, poiché gli altri si trovano tutti a quote più basse. Inoltre il Terminillo è interessato dai venti più caldi che vengono dal mare, mentre il Gran Sasso e i Monti dell’ Abbruzzo (a cui spesso il Terminillo viene paragonato) ricevono quelli freddi dei Balcani, con nevicate più copiose e clima più rigido. In breve, per la particolare condizione geografica, morfologica e climatica, sul Terminillo si sono registrate negli ultimi anni sempre meno precipitazioni nevose e la neve sciabile appare più ridotta nelle poche settimane considerabili di pieno inverno.
La mobilitazione delle Associazioni Ambientaliste
Ben 19 Associazioni, alcune di respiro regionale e nazionale, si sono mobilitate da anni e di recente si sono organizzate e opposte con maggior forza sui Social e sulla stampa portando argomenti incontrovertibili in merito a questo progetto e a questa visione vecchia di montagna, ancorata ad un modello ormai riconducibile agli anni ’60 e non in grado di gettare un ponte sul futuro. Si immagina ancora il Terminillo, alle porte della Capitale, come la montagna per lo sport legato alla neve e agli impianti a fune. Le Associazioni hanno lanciato una petizione su Change.org, dal titolo #NOTSM, raggiungendo in 1 mese oltre 16.000 firme, mobilitando l’attenzione della stampa nazionale, con le posizioni contrarie di noti alpinisti e scienziati che hanno creato grande attenzione presso l’opinione pubblica. Oltre sul piano della comunicazione, hanno prodotto sul piano strettamente tecnico numerose e articolate osservazioni critiche che hanno allungato l’iter amministrativo da parte della Regione Lazio e un approfondimento procedurale del progetto. Sono saltate fuori incongruenze, dati opinabili, lacune, impatti e incidenze ambientali, in parte accolte in parte respinte dai decisori; e soprattutto il cartello ambientalista ha denunciato pubblicamente la macroscopica fabbrica di debiti che produrrà TSM2 se approvato e se i Comuni davvero decidessero di aprire i cantieri dappertutto e in contemporanea, smangiando la montagna, erodendola e lasciando i progetti incompiuti sul nascere perché troppo costosi. Va da sé che la Regione dovrebbe poi ritrovare altri soldi per terminare i progetti. Il messianico progetto TSM2, spacciato come rilancio turistico ed economico dai proponenti, e fatto proprio dalla Provincia di Rieti e dai 5 Comuni (con alcuni silenziosi “distinguo” recenti) è invece un progetto fallimentare, nato male e ingarbugliato nei suoi continui aggiustamenti per far quadrare il cerchio. Tant’è che è stato bocciato in precedenza ed è alla seconda versione. Questa espansione sciistica sul Terminillo consistente nel collegamento delle Valli (Pian De Valli, Vallonina, Cantalice), in realtà è frutto di una reiterata prospettiva di sviluppo della montagna che viene ripresa a fasi alterne da più di trent’anni. Sul Terminillo convergono da tempo interessi di progettisti, imprese e politici che ripropongono in modo diverso nella forma, ma uguale nella sostanza sempre la stessa idea, con l’utilizzo di fondi pubblici. Stavolta i soldi ci sono, e sono stati accantonati dalla Regione Lazio anni fa grazie alle precedenti amministrazioni: 20 milioni di euro, di cui 9 già spesi nella progettazione e in rifacimenti di una parte degli impianti di sci, quelli sul versante Leonessano.
Il collegamento tra Pian de Valli (Rieti) e Campo Stella (Leonessa)
Per collegare i due bacini di Pian de Valli (Rieti) e di Campo Stella (Leonessa) sono previsti per un percorso di andata e ritorno della durata di almeno 4 ore: 5 seggiovie quadriposto, 2 biposto e le relative 14stazioni di servizio, 2 nastri trasportatori con copertura in plexiglass, piste da sci della larghezza di 30 metri, una serie di skiweg che permetteranno di sciare su piste normali non più di 15 minuti in tutto (il resto saranno tutti trasporti su fune, stradine e nastri). Tutto ciò comporterà una ben scarsa soddisfazione per gli amanti di questo sport, costretti più tempo seduti sulla seggiovia che a sciare sulle piste, e non può essere considerabile una proposta in concorrenza con le vicine stazioni abruzzesi (Roccaraso, Ovindoli e Campo Felice), come si vorrebbe far credere. Si tratta di una devastazione, soprattutto nell’Alta Vallonina (Leonessa), dove, oltre al taglio di un polmone verde, cioè una faggeta in parte vetusta, esistono grossi problemi di messa in sicurezza del tracciato, soggetto a frane e valanghe in tempi di riscaldamento globale, crisi idrica e siccità. Tutto il progettorichiederebbe infatti l’abbattimento di circa 17 ettari di faggeta protetta dalla Comunità Europea, la costruzione di rifugi, parcheggi, piste di downhill, bacini di raccolta acqua per l’innevamento artificiale e opere varie (tubazioni, movimenti di terra per portare i mezzi, smaltimento dei tralicci dell’Enel e interramento dei nuovi cavi). Gli impianti di innevamento sono ritenuti risolutivi dai proponenti stessi del progetto per sopperire alla mancanza di precipitazioni nevose, ma per funzionare tali impianti necessitano comunque di temperature basse e gli inverni sono sempre più miti sulle montagne appenniniche, più a basse quote, come si è detto. Il costo di ogni singolo intervento di innevamento artificiale è esorbitante, stimato oltre 1,1 milione di euro per l’80% delle piste del progetto. Calcolando almeno 2 interventi al mese di innevamento artificiale per i 3 mesi necessari, si arriva alla stratosferica cifra di 6,6 milioni di euro (in linea con i costi sostenuti a metro cubo da località alpine). Il progetto, che si basa su un investimento iniziale di 20 milioni di soldi pubblici, avrebbe bisogno di almeno altri 30 da parte di privati che ancora non si sono palesati con manifestazioni pubbliche di interesse. Oppure necessita di prestiti da parte delle banche, che di questi tempi non hanno sufficienti garanzie per erogarli, essendo Comuni già esposti. Ma ecco la storytelling che i proponenti fanno per convincere la gente. A regime il TSM2 prevede l’assunzione di 17 dipendenti ( più 87 stagionali), e secondo le previsioni ogni nuovo posto di lavoro a tempo indeterminato creato assorbirebbe ben 2,9 milioni di euro, ben superiore ai valori medi nazionali riferiti a progetti co-finanziati (circa 56 mila €/per nuovo occupato). Parimenti “fantasiose” le proiezioni occupazionali indirette, attese dal progetto e dai Sindacati, che prevedono per ciascuno dei 17 occupati a tempo indeterminato (a cui si sommerebbero poi gli stagionali) la creazione di oltre 50 occupazioni collaterali. Non si dice però che per raggiungere gli impianti del Terminillo da Roma (oltre 100 km) la strada non è idonea e competitiva rispetto alle altre infrastrutture abruzzesi perché l’attuale Salaria, arteria principale che collega Rieti con la Capitale, è già totalmente inadeguata sia al traffico pendolare che commerciale.
Dalla Capitale il turista preferisce andare a fare la settimana bianca sulle Alpi e sulle Dolomiti, che in tema di offerte di servizi , di ambiente davvero alpino e di varietà delle attività, quindi in termini di qualità – prezzo, sono nel complesso molto più attraenti, sono mete sociali che crescono in appael anche perché molto pubblicizzate, e hanno caroselli sciistici molto grandi, spinti fino a quote oltre i 2000 mt.