Terre rare e progetti estrattivi, la Val Sabbiola rischia di essere la prima vittima
Testo e foto di Livia Olivelli
La Val Sabbiola è una laterale della Val Mastallone. La salita al Passo dei Rossi, che in un paesaggio di bassa e media montagna collega in 5 ore di svelto cammino la Valsesia con l’ossolana Valstrona, avviene percorrendo la bella mulattiera selciata di pietre e foderata d’erba che dal semidisabitato villaggio di Sabbia passa alta in mezzacosta sulla valle per raggiungere la piccola frazione di Montata. Da qui continua un ripido sentiero che costeggia l’Alpe Corti, solitario e silenzioso, l’Alpe Campo, su una terrazza dove gorgoglia la fontana, per poi raggiungere gli ampi pascoli dell’Alpe Laghetto alla base del Monte Capio e del Passo dei Rossi.
Quando vi arrivammo alcune estati fa vi pascolavano una sessantina di vacche ben tenute, appartenenti a varie razze, bruno alpine, pezzate rosse piemontesi e valdostane, alcune ruminavano adagiate nell’erba, il pastore stava scendendo alle casere, un cane abbaiava e un gallo cantò.
Passammo di fianco alle gallerie della vecchia miniera di nichelio, dove il pastore mette il formaggio a stagionare in uno degli imbocchi, mentre fra i ruderi delle costruzioni per la lavorazione dei minerali, che fra le due guerre era ancora attiva, ora si aggirano le capre.
È qui in corso una esplorazione elettromagnetica dell’area, successiva a una campagna di carotaggi e di campionamento, da parte di un’industria mineraria australiana alla ricerca di nickel, cobalto, rame (allegato documento ufficiale di inizio lavori).
Se il progetto andasse a buon fine questo angolo di paradiso, e probabilmente anche l’attività del pastore che inalpa l’Alpe Laghetto, verrebbero distrutti: enormi scavatrici e strade percorse da camion ribaltabili cambierebbero per sempre l’agreste Val Sabbiola.