Vacanze nell’era Covid, la montagna soffocata dal turismo di massa
Due anni fa la Fondazione Dolomiti UNESCO aveva anticipato con un convegno tenutosi a Sesto Pusteria il tema degli accessi in aree turistiche di alto pregio. Da allora, nonostante la chiarezza delle esposizioni e dei numeri presentati è calato un silenzio incredibile: l’immobilismo totale della Fondazione Dolomiti UNESCO e delle istituzioni che la compongono. Addirittura l’unica sperimentazione in atto sulla limitazione agli accessi in quota, il blocco del traffico privato sui quattro passi dolomitici, è stato vergognosamente cassata.
La situazione di oggi, dopo l’esperienza COVID della primavera, è drammatica e visibile a tutti. La pandemia non ha insegnato nulla, né al mondo politico né ai cittadini, la montagna evidenzia i segnali dello sfinimento.
Da giorni si deve chiudere la strada che porta alle Tre Cime di Lavaredo fin dalle 8 di mattina. I laghi famosi, Braies, Tovel, Sorapis, Carezza, sono travolti dall’eccesso di persone e di auto. I crinali prativi di Seceda (BZ), causa un eccesso di calpestio, hanno perduto definitivamente la cotica erbosa innescando fin dall’alta quota processi erosivi dei pascoli inarrestabili. Code infinite di turisti, in salita e discesa, agli impianti di arroccamento: Pordoi (BL), Siusi (BZ), Belvedere e Col Rodella (TN). Per raggiungere Cortina dall’autostrada si impiegano anche 5 ore, i fondovalle delle valli ladine, tutte, sono impraticabili causa l’eccesso di traffico privato.
L’ambientalismo italiano denuncia questa situazione, questo divenire ora drammatico, fin dagli anni ’80 (documenti di SOS Dolomites, CIPRA Italia e non solo). L’assenza di visione delle pubbliche amministrazioni, l’aver sostenuto in modo indiscriminato ulteriore antropizzazione delle vallate fin alle quote più impensabili, ha fatto maturare una situazione oggi ingestibile. Proprio a causa di tanta miopia e supponenza è necessario intervenire con misure impositive. Togliere parcheggi sui passi, ridurre quelli esistenti in prossimità dei luoghi più frequentati, obbligare gli ospiti a fermare le loro auto presso le abitazioni o gli alberghi e servirsi negli spostamenti solo dei mezzi pubblici. E dove necessario, imporre finalmente il numero chiuso, ai laghi, ai passi, alle vette più famose, alle funivie e seggiovie. Come del resto avviene da tempo in tanti paesi civili: nei parchi americani e africani, a Disneyland, nelle città d’arte e altrove.
E’ triste constatare come la denuncia di tanti operatori turistici arrivi solo dopo l’evidenza del collasso ambientale delle nostre montagne. I segnali del superamento di ogni limite, i segnali del degrado paesaggistico delle Dolomiti, come del resto la perdita di biodiversità di tante situazioni di pregio in alta quota sono leggibili da decenni. Ora è auspicabile che con urgenza i responsabili delle istituzioni, i Comuni, le Regione e la Fondazione Dolomiti UNESCO superino i momenti accademici per arrivare a decisioni coraggiose. Una prima scelta è urgente e indifferibile. Basta consumo di suolo nelle vallate alpine. Da subito, anche con il blocco di progetti devastanti recentemente autorizzati: penso ai bacini di innevamento, ai previsti collegamenti sciistici, alle deroghe concesse nell’edilizia in alta quota e nei fondovalle.
La montagna ha reso evidente il valore del limite. Ora chi deve decidere si assuma responsabilità concrete e imponga decisioni coraggiose. Lo ripeto, da subito.
Luigi Casanova