Allarme: ulteriore prelievo di acque nel fiume Nera da parte della Regione Marche

Un contributo di Mountain Wilderness Umbria.

Il Nera è lungo 116 km e scorre per quasi tutto il suo corso in Umbria. E’ il principale affluente di sinistra del Tevere. Le sorgenti sono nelle Marche (Castelsantangelo sul Nera – Vallinfante) in Provincia di Macerata a 902 m s.l.m. all’interno del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Dopo soli 5 km, a Visso ulteriori copiose sorgenti si uniscono al ramo principale. Da qui il Nera entra in Umbria scorrendo nella valle che ne prende il nome (Valnerina), in alcuni tratti limpidissimo, e copioso d’acque in ogni stagione, nonostante le numerose captazioni idroelettriche civili ed industriali, ed i prelievi più o meno abusivi per usi irrigui e ‘turistici’.
Uno dei danni ecosistemici maggiori è stato fatto con gli allevamenti intensivi di trote che rilasciano nel fiume acque pesantemente contaminate dai mangimi chimici con cui vengono nutrite. Uno dei suoi maggiori affluenti, il Corno che giunge dal casciano, proprio per tali istallazioni è stato quasi completamente prosciugato.

Ma questi ‘segnali’ forti della natura non vengono colti e più a valle (a Terni) si parla e si sta per attuare (essendo stato purtroppo finanziato), nonostante la forte opposizione delle popolazioni della Valnerina che difendono il loro fiume, il cosiddetto ‘raddoppio’ dell’acquedotto di Terni. Quello che c’è è un colabrodo. Da anni persino la stampa nazionale lo segnala in pole position per le perdite che si attestano e superano il 40% già da molto tempo, ma piuttosto che riparare quello si preferisce cementificare e snaturare l’alveo fluviale e ridurne ulteriormente il deflusso.
Nei secoli purtroppo non è stato fatto altro che dirottare, infastidire, snaturare il drago che con le sue potenti inondazioni rendeva malariche alcune terre e ne alluvionava altre. Non gli hanno mai dato pace, ma l’attacco peggiore l’ha fatto l’industria dei primi decenni del ‘900.

La Valnerina e il suo fiume con la copiosità ed irruenza delle sue acque, la solidità delle sue rocce e l’ampiezza delle sue vallate sono diventati il sito ideale per lo sfruttamento idroelettrico ed industriale. In pochi decenni, nella zona della bassa Valnerina e della Conca Ternana, venne completamente distrutto e devastato il paesaggio che descrissero e cantarono Corot, Byron, i viaggiatori del Grand Tour. Venne imbrigliata la forza delle acque della turbinosa Cascata delle Marmore per l’effimero ‘sviluppo industriale’ che attrasse tanta manodopera dalle campagne e dalle terre alte, ma fece arricchire solo -naturalmente- gli industriali. Tramontato il sogno son restati solo i danni perenni sul territorio: discariche a cielo aperto, inquietanti simulacri di stabilimenti, popolazioni ‘di mezzo’ che stentano a ritrovare identità.

E…’in mezzo scorre il fiume’… e si prepara a subire nuovi, prepotenti e definitivi attacchi.

Questa volta è la Regione Marche che ci mette il carico. Nel Piano Acquedotti in via di approvazione, prevede un prelievo che da 150 l/s passa a 550 l/s con buona pace dei pareri discordanti e contrari che da anni, su base scientifica e tecnica, produce l’Ente Parco dei Monti Sibillini.
La ‘giustificazione’ addotta è che non verrebbe intaccato il deflusso minimo vitale (DMV), ma lo capirebbe anche un bambino che il Fiume non potrebbe farcela, che ormai è fragile, e va solo protetto e mantenuto. Lo sa chiunque cammini per quei meravigliosi magici monti che sovrastano Vallinfante, che non c’è più la neve di una volta a rimpinguare, stagione dopo stagione, le falde freatiche, così che lui possa alimentarsi da serbatoi naturali.

La Regione Marche con vistose contraddizioni e voli pindarici a giustificare (ma non hanno neppure bisogno di farlo, tanto sono coperti dall’arroganza della politica n.d.r.) questo ulteriore sfregio, afferma nel Piano già citato che la motivazione dell’aumento di prelievo sia proprio per salvaguardare le risorse idriche della zona (!!??!), e per garantire adeguata fornitura alle popolazioni dell’entroterra che non possono più attingere dalle fonti locali secondarie prosciugatesi per ‘fattori climatici’. E allora ci chiediamo: perché il fiume dovrebbe star meglio? Perché ‘le condizioni climatiche’ incidono solo su altre fonti e non su di lui? Ma tanto nessuno si preoccuperà di ascoltare le ragioni oggettive dei paranoici ed integralisti ambientalisti (non ascoltano manco quelle dell’Ente Parco…!!!), e se non interverrà pesantemente la Regione dell’Umbria e le Provincie ed i Comuni di Perugia e Terni (che non è che vogliono salvare il fiume, solo hanno paura di veder sfumare le proprie brame di captazione!), stavolta la devastazione sarà totale. Basti solo pensare alla pesantezza degli sterri per la nuova viabilità ‘ispettiva’, ai cantieri di stoccaggio, alle tonnellate di cemento da trasportare in loco e poi colare per creare le infrastrutture, ma non vale neppure la pena di descrivere in dettaglio effetti tanto catastrofici che fanno male al cuore e umiliano la ragione solo a raffigurarli.

Il Nera, il glorioso Nar protagonista di tante leggende, così irruento, spumeggiante, limpido, così ‘integrato’ e presente nella vita quotidiana delle popolazioni della Valnerina, secondo solo all’Adige per la costanza di portata d’acqua, non vedrà più camminare lungo le sue sponde pacifici ed innocui trekker, non ospiterà più canoisti, non sarà più la casa di gallinelle d’acqua, anatre, folaghe, aironi, trote e gamberi (per quel poco che sono sopravvissuti), ma diventerà un letto di cemento e sassi asciutti che non darà più alcun nutrimento né al corpo né all’anima di alcun essere vivente.

Note a margine dopo la lettura del Piano Acquedotti della Regione Marche.
Tanto per evidenziare alcune delle maggiori incongruenze e la pretestuosità del voler attingere acque dal nostro fiume, si riportano le argomentazioni (!?!?!) più ‘efficaci’ prodotte all’interno del Piano in questione.
Nelle prime pagine del documento si afferma che è già presente un’alterazione ecosistemica che compromette i prelievi a causa della presenza di alghe, ma allora perché non si accede ad altre fonti -già chiaramente indicate in numerosi studi prodotti negli anni dai tecnici del PNMS- molto più ‘ovvie, razionali, congrue e comode’ per dislocazione territoriale ricadente su corsi d’acqua che passano interamente in territorio marchigiano?
Si prosegue affermando che la stima del fabbisogno viene fatta sulla proiezione dell’aumento di popolazione fra il 2020 e il 2050, e poco più avanti nella lettura si scopre che le perdite di rete attuali sono di circa il 25% del prelievo…
Già nel ’90 la Regione Marche affidò a SNAM Progetti (!!!!) -azienda sicuramente ‘imparziale e ‘disinteressata’- il “Piano di risanamento delle acque”.
Le captazioni che si intendono fare sono riferite alle acque profonde.
L’ATO 3 (Marche Centro Macerata), afferma che l’acquedotto del Nera è da ‘completare con ulteriori allacciamenti dei comuni dell’entroterra le cui fonti non sono più sufficienti per variazioni climatiche… Ergo: si passerà dagli attuali 150 l/s di oggi ai 250 entro il 2025; agli ulteriori 150 entro il 2050. Da notare che già in precedenza fu ridotto il limite di captazione per il mantenimento del DMV da 800 a 550 l/s che, come si evince dal documento, oggi vengono reclamati a gran voce dalla Regione Marche. La località incriminata per l’allaccio è San Claudio.
A proposito del famigerato DMV (deflusso minimo vitale) si afferma che esso “potrà” essere garantito…
Nel documento si cita la famosa “acqua riservata” (cioè la portata massima di ogni singola derivazione in rapporto al valore massimo del prelievo autorizzato dalla concessione. Non si tiene conto però che tale portata massima ha solo un valore teorico che indica sommariamente una quantità che di fatto non dovrebbe mai essere utilizzata…
Ovviamente, come si legge a pagina 82 del Piano Acquedotti, il tutto è supportato dal fatto che trattasi di “Acque profonde di ottima qualità dell’appennino immesse in rete per caduta”. L’ATO 3, dunque, raggiungerebbe l’equilibrio con il potenziamento dell’acquedotto del Nera.
L’ATO 4, invece, pensa all’acquedotto Sibillini e Vettore…
L’opera di risanamento acquedotti è perciò “strategica e nevralgica” dal punto di vista socio-economico, il suo obiettivo è il contenimento delle perdite del 20%!!! (Allora perché un aumento di prelievo così sovradimensionato?).
Ma il disastro ambientale non sarebbe completo e compiuto se lungo le cosiddette ‘reti adduttrici’ non venissero installate centraline idroelettriche!!!
Ancora oltre nella lettura di questo strabiliante Piano, a pagina 89, apprendiamo che tutto ‘sto casino verrebbe fatto ‘per portarsi avanti’ (come si suol dire), nel senso che l’alimentazione verrebbe integrata ed attivata per sopperire ‘eventuali’ periodi di magra e/o di massimo consumo (cioè in estate quando la popolazione lievita a causa dell’afflusso turistico).
Il costo pubblico di questo giochetto al massacro del fiume e dei monti da cui si origina costerebbe all’ATO 3 (quindi alla comunità) 18 milioni di euro (ovviamente per opere di captazione…) tra il 2014 e il 2020, 12 ml di euro tra il 2021 e il 2025, più un totale di 125 milioni di euro a copertura dell’ultima trance nel 2026-2050.
Per fortuna che non ci sarà una lira e non lo ricorderemo, ci verrebbe da dire, ma di mazzette e di appalti in questi decenni possono girarne tante!!!
La cosa che susciterebbe il massimo dell’ilarità, se non fosse che la situazione è veramente grave e tragica, è che trattasi di Piani scritti ed approvati da amministrazioni pubbliche e tutto il disastro e lo scompenso ambientale prodotto viene giustificato con un paradosso: la sottrazione di acqua dal fiume, si evince dalle motivazioni riportate dagli estensori del documento, serve proprio a portare effetti benefici sulla tutela delle acque e del territorio!!! Non ci sono parole di commento da aggiungere.
D’altronde il disprezzo ambientale e l’incompetenza e superficialità di questi ‘signori’ si evince fin dalla VAS in cui nessun accenno, nella trattazione dell’argomento, viene fatto a flora e fauna endemiche presenti!
Non solo, ma ancor più grave per un legislatore ed un ente pubblico qual è la Regione Marche, nessun accenno al “principio di precauzionalità” (Direttiva 2011/92/UE) ed alla Convenzione di Aarhus (ratificata in Italia con la legge n. 108 del 16 marzo 2001) sui diritti delle popolazioni in materia ambientale e di modificazioni dei propri luoghi di vita!!!

Maria Cristina Garofalo
Rappresentante Mountain Wilderness Umbria

umbria@mountainwilderness.it