Lupo, la convivenza è possibile?
«La convivenza è possibile con l’impegno di tutti»
Intervista a Francesca Marucco, maggiore esperta italiana del grande predatore. «Anche gli allevatori devono fare la loro parte, con il supporto delle istituzioni». Dal Corriere delle Alpi del 12 dicembre 2017.
Di Alessia Forzin
Uomo e lupo. La convivenza è possibile. «Certo, non appena l’animale ricompare in un terri-torio è difficilissima, perché la presenza del lupo si fa sentire, ma con il tempo la convivenza è assolutamente possibile». Adottando sistemi di prevenzione, «che si sono dimostrati effica-
ci», modificando il modo di ge- stire le attività zootecniche.
Ci vuole tempo, ma la soluzione si può individuare, con l’impegno di tutti. Allevatori compresi.
Lo afferma la dottoressa Francesca Marucco, coordina- trice scientifica del progetto Life Wolfalps. Laureata con Luigi Boitani, il maggior esperto euro- peo del lupo, Francesca Maruc- co si occupa del grande predatore da vent’ anni. Insegna all’ Università di Torino e in quella americana del Montana.
Il lupo è ormai presente stabilmente nel Bellunese. C’è una coppia che in primavera ha avu- to sei cuccioli e di recente il branco si è spostato dal Visentin a valle, in cerca di cibo.
Pecore, ma anche asini, come testimonia l’ultima predazione.
Dottoressa, entriamo subito nel vivo della questione: la convivenza fra le attività uma-
ne e il lupo è possibile? «In un primo momento è sempre difficilissima, perché non si è abituati alla presenza del lupo. Questo animale non lascia mai nessuno indifferente, dagli allevatori che subiscono i danni a chi ne ha timore. Ma si arriva anche all’ estremo opposto, di chi invece ne è entu- siasta e sfrutta la presenza del lupo a livello turistico. Ma la convivenza è possibile».
Come?
«La convivenza implica modifiche nella gestione dell’allevamento. In primis bisogna cer-
care di usare al meglio i sistemi di prevenzione, garantire la presenza dell’allevatore con gli animali. È un onere in più e non è semplice, se per anni si è stati
abituati a lasciare le mandrie e le greggi allo stato brado. Modificare la gestione dell’alleva-
mento significa essere presenti in alpeggio, utilizzare le strategie antipredatorie, ad esempio tenere al riparo i piccoli, usare le reti elettrificate, i cani da guardiania di qualità, addestra-
ti per questo scopo. L’insieme di tutte queste misure ha fatto sì che nelle zone in cui il lupo è
tornato da ormai vent’ anni, la convivenza funzioni».
Alcuni allevatori sostengono che le reti elettrificate e i cani non siano sufficienti per tenere lontano il lupo
«È stato dimostrato che servono. Ma i sistemi di prevenzione devono essere valutati ad hoc, si deve elaborare un piano specifico per ogni singolo allevatore. È importante capire che le soluzioni ci sono, sempre.
Ma è anche importante sottolineare che queste misure comportano costi e sforzi per gli allevatori, che proprio per queste ragioni spesso tendono a non volerli adottare. Ecco perché è importante che chi pratica la zootecnia sia affiancato dalle istituzioni (Regioni, Province), al fine di rendere questo lavoro sostenibile».
Con le istituzioni si tocca un tasto dolente: la Regione Veneto ha votato di uscire dal progetto Life Wolfalps, ha chiesto all’Europa di modificare la direttiva Habitat, ritiene incompatibile la presenza del lupo con le attività agricole e zootecniche.
«Io sono un tecnico, non un politico. Dico solo che le soluzioni tecniche ci sono, per ogni situazione. Che gli allevatori cerchino di arrivare all’ abbattimento di qualche lupo è capibile, ma bisogna capire che il piano di azione non prevederà mai l’estinzione del lupo. Abbattere
qualche capo non è la soluzione. Ci deve essere un impegno, da parte degli allevatori, ad
adottare i sistemi di protezione, e da parte delle istituzione a supportarli».
Il ministero dell’Ambiente aveva elaborato un piano per la conservazione e la gestione del lupo, ma in conferenza Stato-Regioni il Veneto si è opposto. Era un piano ben costruito?
«Un piano di gestione è necessario. Quello proposto dal governo ha fatto molto discutere perché si è puntata l’attenzione solo sulle deroghe per gli abbattimenti, ma quel piano tocca la questione lupo a 360 gradi.
Ricordiamoci che il lupo è e rimane specie protetta in Europa, solo in casi eccezionali potranno essere previste deroghe.
Ma il piano è molto più di questo. Affronta il tema della gestione, oculata, in vari aspetti».
Non è possibile che alcune predazioni siano state fatte dagli ibridi, incroci fra lupi e cani selvatici
«Quello degli ibridi è un fenomeno che riguarda l’Appennino, sull’ arco alpino non sono stati documentati fino ad oggi casi certi di ibridazione. È fondamentale avere un monitoraggio puntualissimo su questo, in modo da poter intervenire non
appena si individua un esemplare ibrido. Teniamo alta l’attenzione».
Come si interviene in questi casi?
«Con la rimozione e la sterilizzazione. Non possono essere abbattuti, per legge. È necessario preservare la specie (lupo, ndr) proteggendola dalle ibridazioni».
Quanti lupi ci sono sull’ arco alpino?
«L’ultima stima è stata fatta nel 2015-2016, nell’ ambito di
un monitoraggio unico, coordinato e omogeneo in tutti i territori. Un lavoro che ha richiesto
uno sforzo enorme di preparazione, che è stato possibile grazie al progetto Life Wolfalps e
che è stato un successo. I numeri dicono che sull’arco alpino ci sono 31 branchi, 8 coppie e 5 individui solitari stabili. La stima minima è di 188 lupi, la maggior parte dei quali concentrata
in Piemonte».
Quanto numeroso può essere un branco?
«In media cinque esemplari. I cuccioli, che nascono in tarda
primavera, inizialmente stanno con i genitori. L’anno successivo, quando arriva la seconda
cucciolata, i giovani nati l’anno precedente vanno in dispersione e dunque il branco torna ad
essere, in media, di cinque elementi. I lupi possono allontanarsi anche di 1500 km dal luogo in cui hanno vissuto. E lo fanno perché cercano territori liberi. Chi sopravvive, perché la mortalità è altissima, mette su un nuovo branco. Ma la densità, in un territorio in cui è presente un branco, resta invariata: nell’ arco di 250 km quadrati possiamo trovare solo un branco di lupi, perché questi animali competono fra loro per il territorio, anche fino ad ammazzarsi».
Ci sono mai stati attacchi a esseri umani, da parte del lupo, oppure ad animali da compagnia?
«In tutta Italia ci sono 1500 lupi e gli incontri con l’uomo sono quasi quotidiani. Ma l’uomo
non viene visto come una preda, dunque non viene attaccato. Certo, il lupo è un animale
selvatico e come tale va trattato, ma se anche lo si incontra basta un urlo e il lupo scappa.
Ha paura dell’uomo. Diverso il discorso per i cani: è sempre bene tenerli al guinzaglio, quando si va per boschi, perché il lupo è un animale competitivo e se incontra un cane potrebbe vederlo come un rivale».
Alessia Forzin