Alpi Ribelli, Capitolo 7: Pour le Parc
Di Enrico Camanni
I disturbatori di Mountain Wilderness ritornano sul Monte Bianco il 16 agosto 1989. È passato un anno esatto dall’attacco alla funivia. Ora cercano l’azione simbolica. I militanti italiani e i francesi salgono in quota con le funivie di Punta Helbronner e dell’Aiguille du Midi, poi dalle due cime s’inoltrano a piedi sul ghiacciaio, camminando in direzioni opposte. Vogliono realizzare la liaison ecologica incontrandosi a metà percorso.
Le cordate chiedono a gran voce l’istituzione del parco internazionale del Monte Bianco, un progetto di cui tutti parlano da anni e anni, e di cui non importa niente a nessuno. Fare un parco della montagna più alta delle Alpi equivarrebbe a proteggerla e soprattutto a promuoverla a monumento internazionale, abbattendo le barriere che ancora separano Italia, Francia e Svizzera. Il luogo più rappresentativo sarebbe la cima del Mont Dolent dove s’incontrano le frontiere dei tre stati, ma le ragioni del buon senso consigliano un luogo più accessibile come la Vallée Blanche.
È di nuovo una bellissima giornata, anche se comincia con il nebbione. Alle nove del mattino sembra di essere in pieno autunno e serve un atto di fede per lasciare l’Helbronner e scendere nel calderone dantesco.
«I francesi hanno detto che di là fa bello.»
«I francesi sono dei burloni, si sa.»
«I francesi insistono: da loro c’è il sole.»
«Dannati sciovinisti! Da loro è sempre meglio.»
Invece avevano ragione. Ai piedi del Pic Adolphe Rey la nebbia si sfilaccia e sul Mont Blanc du Tacul brilla il sole dei giorni grandi. I pilastri di protogino tratteggiano strisce dorate nel cielo di ferragosto ed è emozionante andare incontro a chi arriva dall’altro versante, stringergli le mani, dividersi un biscotto, confondere i corpi in un solo abbraccio per disegnare tre parole sulla neve: «Pour le parc».
Dev’essere una scritta grandissima, ci diciamo da giorni, si deve vedere dalla funivia, dai satelliti del Tacul, dalla Midi, dal cielo, dappertutto.
Il riverbero comincia a far male. Ci s’incipria il naso di crema per non scottarsi. Sulla neve incontriamo dei volontari che gentilmente indirizzano gli alpinisti in una lettera o nell’altra. «Tu vai alla O di POUR, sembra ancora un po’ magrolina.» «Tu alla R di PARC, ci vuole più gente per la erre.» Serve l’occhio del regista per fare una scritta decente, senza errori d’ortografia, senza sbavature, bella da vedere e da fotografare. Una poesia di corpi colorati.
«Non lasciate gli zaini sulla neve, ci sporcano le lettere.»
«Possiamo mangiare un panino? Abbiamo tempo?»
«Si mangia dopo, prima la scritta e le fotografie.»
Siamo venuti per quelle, le fotografie, e speriamo che facciano il giro di tutte le redazioni. Che si parli del parco fino alla nausea. Le proteste hanno bisogno di foto sui giornali e riprese video in televisione. I fotografi e i cameramen hanno approfittato degli ovetti rossi della funivia per alzare il punto di vista. Dalla funivia si vede meglio, è come essere in volo. Ma si possono usare i mezzi del nemico? Oggi sì, oggi è un giorno ecumenico.
Dopo la manifestazione elitaria dell’anno scorso, dentro il movimento c’è stata una discussione. È emerso che bisognava allargare il giro dei partecipanti alle manifestazioni: altri amici, altri sognatori. Meno star e più gente comune. Non dovevano mai più scrivere che Mountain Wilderness era un gruppo di «ecologi d’alto rango».